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Le Corbusier, biografia di un architetto
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Dettagli

1987
224 p.
9788808040961

Voce della critica

LE CORBUSIER, Voyage d'Orient - Carnets, Electa, 1987

GAUTHIER, MAXIMILIEN, Le Corbusier. Biografia di un architetto, Zanichelli, 1987

BOESIGER, WILLY (A CURA DI) / GIRSBERGER, HANS, Le Corbusier 1910-65, Zanichelli, 1987
recensione di Colli, M.L., L'Indice 1988, n. 6

Nel marzo scorso l'assessore alla cultura del comune di Roma ha frettolosamente aggiunto una coda all'anno lecorbusiano appena concluso: si è trattato di un insolito convegno di studi, occasione per condurre nella medesima sala, tra politici ed amministratori, un testimone storico di Le Corbusier quale è Claudius Petit, e un architetto non meno celebre per la sua opera che per le polemiche accese dalla sua presenza tra noi, il giapponese Kenzo Tange. Le ragioni dell'iniziativa resterebbero oscure, se non si sapesse che essa si inserisce nel progetto socialista di affidare a Tange la consulenza per il Sistema Direzionale Orientale di Roma. Le Corbusier era solo un pretesto; l'idea era di servirsi della rievocazione dei rapporti che egli ebbe nel dopoguerra con Petit, allora ministro della Ricostruzione Nazionale, per dar lustro alla nuova auspicata alleanza tra politica e cultura, questa volta siglata da Signorello e da Tange. Naturalmente i nostri architetti hanno protestato vivacemente, ritenendo che la loro esclusione offendesse tutta la tradizione e la cultura architettonica italiana. Ma la strumentalizzazione che è stata fatta subire a Petit e alla stessa figura storica di Le Corbusier è passata abbastanza in sordina: sembra infatti che siano sempre di meno coloro che sono disposti a scontri o a polemiche per simili motivi.
Il centenario di Le Corbusier si è concluso. Per qualcuno di noi, che dell'architetto ci eravamo occupati da tempo e lontani da riflettori e da ribalte, il gioco degli interessi politici, delle ambizioni personali e delle strategie editoriali ha lasciato una traccia non meno profonda di quella costituita dai numerosi contributi e dalle mostre scientifiche dell'anno. Per ora è d'altronde difficile giudicare se la conoscenza e l'interesse per l'opera lecorbusiana siano veramente cresciuti se si siano approfonditi nel corso di questo centenario. È però un fatto indubbio che l'accoglienza e l'interesse dei giovani architetti sono stati scarsi un po' ovunque. A Marsiglia, durante il convegno intitolato "Le Corbusier et la Méditerran‚e" (che si svolgeva accanto alla bella mostra sul medesimo tema) qualche studente algerino della Ecole d'Architecture de Provence si è affacciato per mezzora il primo giorno: per il resto, i congressisti si sono dovuti rassegnare a parlare a se stessi.
Lo scarso interesse dei giovani ha d'altronde delle ragioni profonde, che vanno molto al di là del campo specifico dell'architettura: la "crisi del moderno" di cui scrivevano Habermas e Lyotard, significa anche che attualmente il "moderno" appare lontano ed estraneo. La nuova architettura continua ancora ad oscillare tra i poli sottilmente affini del convenzionalismo (quello che un tempo si qualificava come "piccolo borghese") e del post-modern; rispetto alla storia, i montaggi e le bizzarrie dell'eclettismo ottocentesco e i postiches del restauro ricostruttivo del primo novecento esercitano suggestioni più forti di quanto non riescano fare il rigore e la essenziale emozionalità della villa Savoye o di Ronchamp. Neppure la mole di contributi per il centenario ha cercato realmente di colmare questa distanza, poiché in genere sono mancati seri confronti tra la realtà di oggi e l'eredità culturale e progettuale del maestro svizzero. Bisogna però dire che non sempre la responsabilità è stata degli studiosi, e per lo meno in un caso essa è stata chiaramente dei politici e degli amministratori. Si tratta del progetto di una mostra e di un convegno intitolati "Le Corbusier e L'Italia", progetto di cui anni fa il comune di Roma dette incarico ad un comitato scientifico che vi lavorò con impegno. Il lavoro fu infatti praticamente completato, con una impostazione sicuramente più utile di tanti minuziosi contributi biografici: si trattava di esaminare entrambi i binari della relazione tra l'architetto e l'Italia, non solo ciò che egli vide, studiò, propose e cercò qui da noi, ma anche ciò che noi abbiamo visto, compreso, accolto e sviluppato dal suo insegnamento. Evidentemente l'idea non piacque alla nuova giunta romana, e il lavoro compiuto andò perduto insieme al denaro pubblico investito nel progetto. Si preferì appoggiare piccole iniziative di minore rilievo, che non prendessero posizione sui problemi aperti dell'architettura italiana. Le perplessità sul bilancio dell'anno lecorbusiano si confermano all'esame delle recenti iniziative editoriali. Per gli amatori, Electa ha pubblicato in fac-simile i famosi carnets di viaggio riempiti da un Le Corbusier giovanissimo (aveva 23 anni) tra il giugno e l'ottobre del 1911, durante il "voyage d'Orient". Sono sei quadernetti con la copertina nera e fogli di carta bianca o a quadretti vergati frettolosamente a matita, talvolta a penna, talvolta con qualche tocco di pastelli a colori. Questi preziosi fac-simile raccolti in un cofanetto sono un vero capolavoro delle tecniche riproduttive, e il loro prezzo è inevitabilmente adeguato (300.000 lire). L'illusione è perfetta: i sei quaderni sembrano gli stessi che Le Corbusier comperò dal suo cartolaio più di mezzo secolo fa, le loro paginette restituiscono tutta la morbidezza degli schizzi veloci a matita, l'acquosità degli inchiostri, la casualità delle macchie e delle correzioni. Con la loro pubblicazione il collezionista di rarità e di cimeli potrà degnamente adeguarsi all' "epoca della riproducibilità tecnica", mentre lo studioso avrà una ragione di meno per trascorrere giornate ed ore al tavolo della villa la Roche, dove sono custoditi gli archivi di Le Corbusier.
Eppure le iniziative editoriali di questo genere lasciano un senso di sorpresa: credevamo che a studiare Le Corbusier fossero soprattutto degli storici, e storici dell'architettura moderna ed ecco che essi sembrano pronti a trasformarsi in biografi e in romanzieri, in cultori di reliquie e in narratori di moderne agiografie laiche. Infatti si ha l'impressione che su questi nostri storici siano proprio le lettere inedite, i progetti minori, i progetti abbandonati, i libri non scritti di Le Corbusier ciò che ancora esercita fascino e che suscita interesse: un fascino e un interesse anche superiori a quelli che oggi riescono ad esercitare le battaglie culturali di Le Corbusier, i suoi principi costruttivi, i suoi appelli sociali, i fondamenti teorici del suo razionalismo. In un crescendo di gusto antiquariato e documentario Zanichelli ripubblica la prima biografia scritta nel '44 da M. Gauthier e supervisionata con cura da Le Corbusier stesso, e traduce l'abstract della "Oeuvre complete, Le Corbusier 1910-1965", reperibilissimo da sempre in qualunque biblioteca. Si traducono e si ristampano anche i libri di Le Corbusier, scrittore e saggista tra i più vivaci del secolo, mentre è già annunciata la monumentale pubblicazione franco-americana degli Archives. Intanto Parigi ha intitolato il volume uscito per la retrospettiva del centro Pompidou: "Le Corbusier. Une encyclopédie". Si può scrivere un'intera enciclopedia su un uomo solo? Neppure Napoleone ne ebbe mai una, e non credo che Le Corbusier sarebbe lusingato del dubbio privilegio accordatogli.
Ma tra le migliaia di pagine pubblicate in questo ultimo anno, solo una minima parte può aiutare a riflettere sui ruoli che l'opera lecorbusiana ha avuto nel codeterminare la fisionomia culturale ed architettonica della realtà urbana di oggi. Perciò chi conservi una attenzione storica nei confronti di questo maestro trarrà probabilmente maggiore interesse dalla lettura di saggi n‚ monografici n‚ celebrativi come la "Storia delle teorie architettoniche dall'Ottocento ad oggi" di Kruft (Laterza 1987), o "L'architettura del protorazionalismo" di D'Amato (Laterza 1987). Quanto alle esposizioni e ai loro cataloghi, l'Italia non ha dato dei contributi rilevanti, anche se per molte persone i documenti del viaggio in Oriente presentati da Gresleri sono stati una interessante scoperta. Forse le mostre migliori sono state quella di Londra o quella organizzata da Von Moos a Zurigo, e dedicata all'Esprit Nouveau e ai rapporti con gli industriali.
Nel gennaio dell'87 "Casabella" aveva aperto l'anno lecorbusiano con un numero monografico in cui erano stati intenzionalmente raccolti non già i risultati maturi dell'indagine storica, ma i frammenti e le primizie dei nuovi orientamenti di ricerca. Si voleva evitare il carattere conclusivo e solenne delle commemorazioni: ma non si riuscì a farlo, perché Le Corbusier è troppo giovane per appartenere con sicurezza alla Storia, e troppo vecchio per appartenere al presente. Poco dopo, nel settembre di quell'anno, Architecture d'Aujourd'hui pubblicava un intervento intitolandolo "Corbu encore. A quoi sert-il?" Temo che per il momento sia difficile o imbarazzante rispondere. Ci penseranno i nostri nipoti, che forse proveranno più di noi il desiderio di andare a visitare e a studiare da vicino le sue architetture. E se a qualcuno venisse voglia di farlo già adesso, sarà certo lieto di sapere che l'anno scorso un editore di Londra ha avuto l'idea di stampare un volumetto utile proprio a questo scopo, "The Le Corbusier Guide". È un invito ad andarsi a guardare l'opera di Le Corbusier con i propri occhi: e per molti studenti di architettura, indotti dai loro professori a diventare dei divoratori di riviste e dei viaggiatori da tavolino, potrebbe essere una felice occasione.

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