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Descrizione


A 19 anni era già tra i più ricchi e famosi autori americani di battute e sceneggiature. Da allora quasi ogni anno ha girato un film dopo l'altro, costruendo nella nostra memoria una indimenticabile galleria di ritratti, gag, situazioni e atmosfere. Ogni anno, per dieci anni, durante la sua vacanza parigina di Natale, Woody Allen ha incontrato Jean-Michel Frodon e dalle loro lunghe chiacchierate è nato questo libro. Un dialogo ironico, appassionato, dove il regista parla del suo modo di lavorare, del suo rapporto con gli attori, delle sue scelte musicali, del ruolo di Manhattan nella sua opera, dell'umorismo ebraico, dei suoi maestri.
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Dettagli

2001
2 ottobre 2001
XIII-135 p.
9788806159078

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Fabien Rochat
Recensioni: 4/5

Un ottimo libro per chi conosce poco sull'universo Alleniano.Chiaro,essenziale ma che s'immerge in molte sue tematiche.

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richie
Recensioni: 3/5

é un collage di interviste raccolte sull'arco di alcuni anni; percio' appaiono slegate, non appare un filo continuo tra intervistato e intervistatore. Discreto comunque per una rinfrescata sul personaggio e sulle opere di Allen. Molto più interessante e completa é l'intervista rilasciata al critico svedese Stig Björkman in "Woody Allen su Woody Allen" (Laterza 1997)

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Voce della critica

Jean-Michel Frodon

CONVERSAZIONE CON WOODY ALLEN

ed. orig. 2000, trad. dal francese di Elda Volterrani,

pp. 136, Euro 8,26,

Einaudi, Torino 2002

Ogni anno, da più di un decennio, Woody Allen si reca a Parigi durante le vacanze di Natale, in occasione dell'uscita francese del suo ultimo film. Se nel passato, in particolare negli anni ottanta, era davvero raro che il regista rilasciasse interviste, in tempi più recenti, durante la sua ciclica tappa europea, Allen si concede con generosità alla stampa e ai media, ricambiando così le attenzioni e l'amore con cui i suoi film sono stati sempre accolti nel nostro continente. Dagli inizi degli anni novanta, poi, Allen ha inaugurato la consuetudine di conversare a tutto campo, una volta l'anno, con Jean-Michel Frodon, responsabile della rubrica "Cinéma" di "Le Monde". Immancabilmente sprofondato in una comoda poltrona del Ritz, dove soggiorna di prassi quando fa tappa nella capitale francese, il comico americano si è raccontato a tutto tondo all'intervistatore nell'arco di una decina di anni. Ed è proprio da queste conversazioni che è partito Frodon, riorganizzando e rimontando la materia secondo un percorso che tocca i seguenti argomenti: come nasce un film di Woody, ovvero le fasi della sceneggiatura, della produzione, della regia, i temi ricorrenti, la scelta degli attori, l'ambientazione newyorkese, il ruolo fondamentale della musica, la sperimentazione costante nei confronti dei generi cinematografici, i rapporti con Hollywood.

La lettura del testo è molto piacevole, grazie all'arte affabulatoria del cineasta e al giusto tempismo dell'intervistatore, per nulla invadente. Molto spazio è dedicato alla genesi delle diverse opere, agli spunti su cui sono costruite, alla ricerca di variazioni sempre nuove nell'articolazione dei racconti, tranne un punto fermo che quasi mai viene modificato: la presenza di un eroe maschile che tende a somigliarsi e quindi a somigliare a Allen, da un film all'altro. Un argomento su cui il regista torna con insistenza è la libertà che contraddistingue il sistema di produzione delle sue opere, caratterizzate da investimenti abbastanza modesti, dalla sostanziale celerità nei tempi di lavorazione, dall'indipendenza rispetto alle pretese coercitive dello star-system. L'autore confessa, ad esempio, di non aver avuto mai la pazienza di attendere che un attore si liberasse per il suo film, rimandandone le riprese: "Ai miei occhi, nessuno è indispensabile quanto il film stesso, nemmeno l'attore più geniale. Se si aspetta, si perde ritmo e slancio, e spesso si perdono semplicemente le giuste condizioni meteorologiche". Il modo di girare di Woody, che si permette di rifare, anche a distanza di tempo, alcune scene non riuscite, non facilita il rapporto con le grandi star che impongono regole ben precise. Il cineasta, sottolinea Frodon nella sua introduzione, è un uomo ben diverso dal personaggio interpretato sullo schermo, "che non avrebbe mai avuto la minima opportunità di mettere in piedi e consolidare lo stupefacente Stato libero in seno al cinema mondiale di cui Allen è al tempo stesso fondatore, animatore, unica risorsa, principale beneficiario e proprietario". Insomma, conclude Frodon, il vero Allen ha senza dubbio qualche punto in comune con quello che vediamo sugli schermi, ma è una somiglianza parziale e in certa misura ingannevole.

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