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Una storia delicata e mai banale, con un respiro lento e ampio, come un vero classico. Elegante, piacevole. Una bella sorpresa.
Già dalle prime parole di "Contra mundum" ci troviamo immersi in un'atmosfera che sa di sofferenza e di fatica (le valigie piene di libri da trascinare su per le scale del sanatorio, stazione d'arrivo della vita di Fabienne, la protagonista), ma non si pensi a un romanzo dominato dall'angoscia: il testo è anzi rischiarato da lampi improvvisi di ironia. La scrittura a volte si inarca in architetture complesse, per descrivere sentimenti e pensieri, propositi, abbattimenti dell'animo: altre volte, dove ci aspetteremmo - a sancire situazioni altamente drammatiche - il periodare solenne, arriva la secca paratassi, la frase breve ad effetto, la battuta riposante. "Contra mundum": per il vero è il mondo che, da sempre, è stato contro Fabienne, l'ha molestata col vilipendio. Ma Fabienne non ha atteggiamenti da vittima: "Non abbiamo già avuto, mille e mille volte, l'amara conferma che tutto ciò che piace al mondo è breve illusione; sogni e nient'altro?" Conoscere questa verità ha un costo altissimo, come conoscere se stessi. "Conosci te stesso, diceva l'oracolo delfico. Si dimenticava di aggiungere: se vuoi morire di dolore". Uno dei momenti di massima originalità di quest'opera è il cap. XVI, che nello spazio di una sola una pagina racchiude, con esemplare procedimento di sintesi e di ellissi narrativa, lo svolgersi della relazione amorosa fra Fabienne e Constance: un vero e proprio intermezzo lirico-descrittivo, per certi versi assimilabile, nella sua funzione di racconto e commento, a quello del coro della tragedia. Contra mundum è un romanzo appassionante e raffinato, dove però il bagaglio della letteratura non appesantisce la scrittura, semmai le dà le ali per volare: le dà respiro e leggerezza.
Fabienne ci pone dinnanzi alla solitudine della sue e quindi della nostra esistenza, e alla diversità che sfocia nell'esclusione sociale. Queste si intrecciano inesorabilmente alla possibilità di una condivisione vera con qualcuno, alla costruzione di un rapporto sincero, bello, di chi sa godere della felicità e della spensieratezza di momenti condivisi, ma sa affrontare anche la malattia e la separazione. Accanto alla riflessione sulla pesantezza di un'esistenza, si vede nascere un amore vero, nel senso di un amore che, come dice Fabienne, è un po' come camminare su un filo: "chi sta sul filo deve esserci sempre, e deve calibrare il peso di ogni passo, d'ogni colpo di reni, di ogni respiro". Con questi temi affatto banali e con un lessico spesso ricercato, ma senza mai appesantire la narrazione, Annalisa ci regala una lettura che scorre piacevolmente.
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