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Descrizione


I classici sono i nostri "contemporanei del futuro". Seguendo il noto aforisma per cui classico è il libro che non smette di dire ciò che ha da dire, Pontiggia "legge" 99 classici, scelti tra opere notissime, meno note e libri dimenticati e riscoperti. Tra presenze prevedibili, descritte però con taglio sempre anticonformista, e scoperte sorprendenti, la cui importanza viene tuttavia sempre dimostrata con chiarezza, Pontiggia ricostruisce un affresco ricco, leggibile e brillante della storia delle letterature e delle civiltà.
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Dettagli

1998
1 gennaio 1998
9788804453130

Voce della critica


recensioni di Fornaro, P. L'Indice del 1999, n. 02

Dai classici nessuno ci libererà; è già stato detto.Chiederci perché vale come esercizio di convivenza e di persuasione: la battaglia sarebbe di quelle che convien perdere subito.Il titolo è già buon motto definitorio da accostare ad altro recente e famoso di Calvino secondo cui i classici starebbero "nelle pieghe della memoria".Il libro di Pontiggia dimostra bene che non c'è contraddizione e che le pieghe della memoria, collettiva e però fatta personale ricordo, sono matrice unica - e qui sarebbe da citare Ortega y Gasset - di ogni immaginabile futuro.

Nella prima parte l'autore scorcia il catalogo dei significati possibili di una parola illustrandone l'origine in Gellio (VI, 13,1): i classici vengono così riconosciuti attraverso "una metafora sociale e militare".La civitas litterarum è fondata su ordines come le classi censitarie della Roma repubblicana; ma il diritto di piena cittadinanza è estensibile a molti, anche se agli adsidui, a quelli che sostengono con continuità maggiori oneri civili e militari, vengono riservati i maggiori onori.E però - almeno nella città letteraria - non è pretesa che si possa avanzare in proprio. Ci vuole tempo e consenso diffuso anche fra le altre classi; una vera lotta sociale non si dà mai. I classici possono far classe a sé e questa è, per presupposto, elitaria ma lascia liberalmente campo a chi voglia, col tempo, assimilarsi, clientes e proletari compresi. L'assiologia della memoria non è oppressiva come sembra; ogni adsiduus finisce col mostrare quarti, ottavi e sedicesimi (si tratta di libri infatti) di personale nobiltà. Si può talora chiedere (ad esempio per Goldsmith) se "esistono classici falliti", ma la risposta non è mai definitiva e non si emettono decreti d'espulsione.Non ci sono caste e le classi hanno continuità e mescolanze impensate, il meticcio non diviene mai paria.L'adsiduitas, che è legge fondamentale, esclude soltanto l'effimero, il soggiorno temporaneo e non abbastanza motivato. Questo certamente fa sì che gli ordines producano ordine e poi, ma non necessariamente, ornatus. I dati espressivi formali di un classico son sempre conseguenti a dati espressivi interni.

Pontiggia, nella seconda parte del libro, viaggia appunto nei classici, non fra i classici. Rivede a campione la lista, non fa un'antologia. Motiva una larga e intelligente riconferma. Son novanta-
nove miniature d'elzeviro (eran prima articoli del "Corriere della Sera" e di "Panorama") a dar rappresentanza di altrettanti libri e altrettanti auctores maggiori, minori - come le arti dell'immaginaria città tutta operante in lettere - e anche minimi. C'è Lucrezio, ma ci sono anche le anonime e oscure Argonautiche orfiche. Ovidio compare opportunamente due volte (per i Tristia e per le Metamorfosi) ma una volta sta tra Machiavelli e Dickens, un'altra fra Samuel Johnson e Tomaso Garzoni.

La galleria-scaffale di Pontiggia ha qualche discreta traccia di gusto innovativo, ma l'autore sa selezionare e dare ragioni in breve. Cellini, ad esempio, esibisce con la sua autobiografia "il trionfo dell'iperbole eroica" per la quale non manca l'autorevole conferma di Burckhardt che si tratta di "uomo destinato ad interessare gli uomini per tutti i tempi avvenire". Nell'humanitas passato e futuro sono immaginazione similare, e c'è da credere che uomini che di sé presumano, a torto o a ragione, eroico valore non ci faranno mai sentire la loro mancanza. Meglio però trovarli sulla carta che sulla strada. Nei classici abbiamo più probabilità di riconoscere i nostri simili, di accettarli e di amarli (di accettarci e amarci perciò) nonostante tutto. Classici sono i libri che sappiano rivelare una sufficiente affinità elettiva per chieder loro vicinanza discreta e perenne. Son quegli amici che possiamo abbandonare ma che non ci abbandonano e anzi, per dire con Cicerone, nobiscum rusticantur, con noi vengono anche in campagna. Si impara con loro a giudicare e sentire come loro. Se Pontiggia fosse già un classico o lo diventasse si potrebbe aggiungere facilmente la centesima miniatura d'autore. Parafrasando Feuerbach, si può dire che l'uomo è ciò che legge? Leggendo questo libro si sospetta di sì e vien da dire con Brodskij che "al momento della lettura voi diventate ciò che leggete (...) la sua epifania o rivelazione vi appartiene, è vostra". Ma da cordiale e fuggente genio epifanico Pontiggia è assistito anche al momento della scrittura.

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Conosci l'autore

Giuseppe Pontiggia

1934, Como

Giuseppe Pontiggia è stato uno dei maggiori scrittori e critici del secondo Novecento italiano. Dal padre bibliofilo eredita la passione per i libri, diventandone grande conoscitore e collezionista. La sua famiglia è agiata e ben voluta: suo padre lavora in banca, sua madre è casalinga, i suoi fratelli leggono tutti, sono appassionati dei libri della grande biblioteca di casa. Poi succede che il padre viene ucciso perché funzionario fascista – o forse no, le ragioni non erano chiare, così come gli assalitori –, e questo trauma per primo lo spingerà a scrivere.Si laurea nel 1959 all'Università Cattolica di Milano con una tesi sulla tecnica narrativa di Italo Svevo.Per aiutare la famiglia comincia a lavorare in banca, ma grazie...

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