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La conquista del Cervino. Storia della prima ascensione
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1990
1 gennaio 1990
256 p., Rilegato
9788885115088

Voce della critica

WHYMPER, EDWARD, La conquista del Cervino

SIMLER, IOSIA, De Alpibus. Commentario delle Alpi

BREVCORT COOLIDGE, WILLIAM AUGUSTUS, Josias Simler et les origines de l'alpinisme jusqu'en 1600
recensione di Crivellaro, P., L'Indice 1990, n.10

Sono tornati in libreria i due titoli più importanti dell'intera letteratura dell'alpinismo, ma, a dispetto dell'importanza, mi pare che siano stati in pochi ad accorgersene. Del resto non è una colpa per nessuno non drizzare gli orecchi all'uscita di "De Alpibus. Commentario delle Alpi" di Iosia Simler, pubblicato da Giunti nella traduzione - unica in italiano - di Carlo Carena: un'opera rara ed erudita che dal 1574 ha conosciuto pochissime edizioni e traduzioni.
E nemmeno getterei la croce su chi oggi casca dalle nuvole di fronte al classico "La conquista del Cervino" di Edward Whymper pubblicato da Armando Dadò di Locarno nella nuova traduzione di Carlo Caruso per il 125| della grande impresa, distribuito da qualche giorno anche in Italia da Distributori Regionali Riuniti. La tolleranza non disgiunta da rassegnazione verso i beati ignari di Whymper è consigliata da un calcolo elementare: è tuttora disponibile nel glorioso catalogo dell'editore Viglongo di Torino la ristampa del libro di Whymper uscita per il centenario della scalata. Significa che nel giro di venticinque anni non se ne sono vendute nemmeno tremila copie, a fronte - solo per dare un ordine di grandezza - del numero dei soci del Club Alpino Italiano che superano i duecentocinquantamila.
Ma allora come fanno a essere casi importanti due titoli che per una ragione o per l'altra sono in realtà letti da pochi iniziati? Per tentare delle risposte è necessario completare il quadro delle novità segnalando anche la recentissime riedizione in Francia della monumentale e fondamentale opera "Josias Simler et les origines de l'alpinisme jusqu 'en* 1600 del reverendo William Augustus Brevcort Coolidge, sommo alpinista e studioso dell'alpinismo a cavallo del secolo.
L'ha riproposta, non senza coraggio, per lo scorso Natale, Glénat di Grenoble, addirittura per inaugurare l'ambiziosa collana "Archives des Alpes". Ora è disponibile perfino in alcune librerie italiane, specialiste di montagna, a Torino, Trento, Bologna e Roma.
Dopodiché, suona ancor più misteriosa l'onesta confessione del professor Carena, che nella sua puntigliosa nota al testo addita il libro di Coolidge come unica traduzione del "De Alpibus" (prima della sua}dandolo tranquillamente per irreperibile. Non è ahimè vera la prima affermazione, né giustificata la seconda. Simler era già stato tradotto anche in tedesco nel 1931 nel volume "Die Alpen*, adorno di molte illustrazioni, pubblicato a Monaco dalla Gesellschaft Alpiner Bucherfreunde, con introduzione, traduzione e note di Alired Steinitzer. È stato ristampato da Bruckmann nel 1985, come primo titolo della collana "Alpine Klassiker" in squillante sovracoperta verde. Quanto all'irreperibilità, è doveroso dire che il "De Alpibus" di Giunti ripropone la traduzione di Carena pubblicata in prima edizione numerata dalla Stamperia Tallone di Alpignano (non Olpignano come appare nel colophon!) nell'autunno 1988. Un anno dopo (e un anno prima dell'edizione Giunti) esce in francese da Glénat quel Coolidge dato per irreperibile, che comprende il "De Alpibus": cosi ci troviamo di fronte alla traduzione di un insigne latinista che affronta di petto l'editto princeps del 1574 ignorando il confronto con altre traduzioni. L'opera è presentata come un trattato di ambito umanistico, tra la storia naturale e la geografia, senza alcun cenno al suo significato alpinistico.
Che il trattatello di Simler sia tanto importante per la storia e la letteratura dell'alpinismo non è più un'opinione fin da quando il citato Coolidge gli dedicò la sua opera dichiarando di aver lavorato trent'anni per le ricerche storiche e la stesura, con lo scrupolo se non della completezza certo della veridicità.
Nel suo librone la traduzione in francese del "De Alpibus" con testo latino a fronte non è che il nucleo centrale. È preceduta da una sintesi storica dell'alpinismo prima del 1600 (ascensioni, passaggi di colli e ghiacciai, conoscenze tecniche e pratiche come l'uso della corda, dei ramponi, degli sci!), da una biografia di Simler, e dalle fonti, un'infinità di autori greci e latini, più i medioevali e i contemporanei di Simler, come Sebastian Munster; Aegidius Tschudi, Johannes Stumpf, Konrad Gesner. Il testo di Simler è seguito da un ricco apparato di note e da una straordinaria appendice che riporta le relazioni delle ascensioni storiche, da quella di Filippo il Macedone al Monte Emo (181 a.C.), alla salita del Petrarca al Mont Ventoux (1336), a quella del Rocciamelone di Bonifacio Lotario d'Asti (1358), all'incredibile scalata del Monte Aiguille nel Delfinato (nel 1492, l'anno della scoperta dell'America), con tanto di rogito del notaio trascinato in vetta per testimoniare ai posteri. Si potrà discutere l'entusiasmo di Coolidge che arruola Simler tra gli alpinisti prima che nasca l'alpinismo ("senza essere scalatore più dei suoi contemporanei, si eleva al di sopra di tutti loro compilando un'Enciclopedia Alpina e meritando così per primo il titolo di 'alpinista'"), ma è fuori discussione la sua importanza come precursore e antenato dell'alpinismo
Colpisce in pieno la questione della nascita dell'alpinismo la seconda novità segnalata, la nuova traduzione in italiano di Whymper, che per l'esattezza riprende la riduzione corrente di "Scrambles amongst the Alps in the years 1860-1869" (Murray, London 1871), curata dallo stesso Whymper nel 1880 col titolo "The Ascent of the Matterborn*, che viene regolarmente ristampato in lingua inglese. Se si può accettare come data d'inizio dell'alpinismo moderno quella del 1786 per la conquista del Monte Bianco ad opera del medici, Michel Gabriel Paccard, accompagnato dal cercatore di cristalli Jacques Balmat, precursore delle guide alpine, l'alpinismo sportivo diventa esplicito solo a metà Ottocento, quando la corsa alle prime cime mai toccate da piede umano è ben avviata.
Mentre si vanno riducendo le possibilità di prime alle vette, si fa strada il concetto di difficoltà, come logica via d'uscita per dare spazio all'aumento dei pretendenti: tra le vette restano da domare gli ossi più duri, oppure ci si può cimentare su nuove vie che possono rivendicare prestigio nei confronti della prima assoluta solo grazie al "valore aggiunto" della maggiore difficoltà.
È solo in questa fase che risulta evidente che salire le montagne non è più un attività qualunque, un'esplorazione di naturalisti o artisti ma una cosa fuori dell'ordinario, una cosa da pazzi. Bisogna arrampicarsi con le mani e con i piedi su pareti verticali, un'attività che non può improvvisare chiunque e che comporta enormi rischi. I montanari che fanno le guide assecondano le richieste della clientela che aspira ad obiettivi sempre più impegnativi e temerari.
Nell'estate del 1865, tra il 14 e il 15 luglio, vengono compiute due imprese che ancora oggi fanno impressione e restano alla portata di alpinisti esperti: lo Sperone della Brenva al Monte Bianco e la duplice conquista del Cervino. La Brenva venne salita con attrezzature arcaiche, intagliando migliaia di gradini nel ghiaccio ripido, dalla cordata dell'inglese Moore, con tre connazionali, guidati da Jakob e Melchior Anderegg, svizzeri di Meiringen, ma la storia circolò solo sui bollettini dei club alpini. Quella del Cervino invece, grazie ai quattro morti della cordata vittoriosa di Whymper dalla cresta svizzera dell'Hornli, finì sui giornali di tutto il mondo e scatenò un dibattito sulla liceità del nuovo sport che toccò anche la regina Vittoria.
Il libro di Whymper è forse il più bello e il più importante della storia dell'alpinismo perché è una sintesi esemplare di azione alpinistica senza precedenti, narrazione avvincente, magnifiche illustrazioni, opera dello stesso autore, che era approdato nelle Alpi a vent'anni nel 1860 per realizzare illustrazioni di montagna dal vero per l'editore Longman. La storia della sfida al Cervino con i diversi tentativi con la testarda guida di Valtournanche Jean Antoine Carrel, la vittoria con la guida di Chamonix Michel Croz (che cadrà in discesa), l'immediata replica sulla Cresta del Leone degli italiani spronati da Quintino Sella, i quattro morti di Whymper, la corda spezzata, il processo, il dibattito che ne segui sono il vero atto di nascita dell'alpinismo. Con Whymper sono già definiti i principali nodi ideologici e tecnici: la competizione per il primato, l'elevata difficoltà tecnica, il rischio di morte, l'impiego di tecniche e attrezzature per agevolare la scalata e l'assicurazione (corda, piccozza, ramponi, ganci e anelli metallici).
Oggi che l'alpinismo classico è in brusco declino, mentre si stanno giocando i tempi supplementari di una partita già segnata, si vanno creando le condizioni per rileggere e dare qualche spiegazione all'insensata pratica sportiva e culturale di scalare le montagne, ma dubito che ciò procurerà vantaggi agli editori che se ne occupano: Simler resta sconosciuto e anche Whymper non se la passerà meglio che in passato. Vorrei sbagliarmi.

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