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scheda di Guastella, G., L'Indice 1994, n. 5
Se il teatro di Plauto, sotto la varietà sgargiante delle sue trovate linguistiche, nasconde un universo sostanzialmente statico, fatto di ruoli fissi che ripropongono un numero limitato di situazioni ricorrenti (padri ingannati da figli e servi furbi, ruffiani giocati da ragazzi innamorati, ecc.), Terenzio ci offre un quadro più sfumato dell'umanità che la commedia romana metteva solitamente in scena di fronte al proprio pubblico. Più volte i personaggi terenziani arrivano persino a interrogarsi sulla natura dei loro ruoli e sulla proprietà dei loro atteggiamenti. In queste pagine si possono trovare, così, padri che rinunciano apertamente al modulo di severità tipico della loro funzione, una suocera capace di una delicatezza di sentimenti decisamente fuori cliché e un servo che, coi suoi tentativi di aiutare il padrone, riesce solo a ingarbugliare le cose. Più ancora che una comicità di situazioni, Terenzio sembra prediligere la rappresentazione netta dei nodi drammatici più comuni negli intrecci della commedia del suo tempo: di fronte a questi insoliti intoppi dell'esistenza, i vari personaggi sono mostrati anche nell'atto di esitare e riflettere (alcune di queste riflessioni sono pure diventate celebri sentenze), soffrire e pentirsi. Questo volume, come gli altri della collana, presenta una ricca bibliografia e una lunga nota critica, dedicata ai luoghi controversi del testo latino, mentre l'introduzione passa rapidamente in rassegna temi vecchi e nuovi della critica terenziana. Infine, Terenzio - un poeta che in alcuni momenti sa anche essere piuttosto elegante - avrebbe forse meritato una traduzione stilisticamente un po' più sorvegliata.
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