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Dettagli

1989
21 marzo 1989
394 p.
9788833904863

Voce della critica


recensione di Burstin, H., L'Indice 1990, n. 1

Diversi sono gli aspetti per cui si rivela preziosa questa raccolta degli scrittori di Ernest Labrousse sulla rivoluzione francese. Innanzitutto sono presentati al lettore italiano alcuni testi fondamentali di uno storico fino ad ora molto trascurato nelle traduzioni; e questo, in un clima editoriale sempre più riluttante all'impegno per la pubblicazione dei grandi classici della storiografia rivoluzionaria, a beneficio di materiali più agili, ma anche più effimeri.
Ecco quindi finalmente raccolti alcuni contributi che si sono imposti come chiave di volta nella storiografia francese sul Settecento, sia per quanto riguarda il contenuto che per il metodo. Si tratta di una ricca selezione di saggi e estratti molto significativi che invoglieranno senza dubbio il lettore a rivolgersi all'opera integrale, anche se - e questo è un altro motivo di interesse - in lingua originale non tutta la produzione di Labrousse è di facile reperimento. Se l'"Esquisse" è stato ripubblicato in Francia alcuni anni orsono (Paris, Edition des Archives Contemporaines, 1984), per la "Crise" bisogna rifarsi all'edizione del 1944, mentre gli altri saggi si trovano dispersi in pubblicazioni miscellanee o atti di convegni. Ci si potrà quindi avvicinare ad alcune celebri tesi di Labrousse, ormai da decenni incorporate come riferimento essenziale in molte opere di sintesi, affrontandole di prima mano per voce stessa del loro autore, scoprendo, tra l'altro, una prosa potente ed incisiva, riflesso di quell'eloquenza rimasta famosa nelle aule universitarie.
Il senso specifico però che assume la scelta antologica è di ricostruire quel filo rosso presente nella vita e nelle opere di Labrousse, che testimonia un interesse fortissimo e mai spento nei confronti della rivoluzione francese. È noto infatti che Labrousse non ha dedicato nessuna delle sue opere maggiori direttamente al fenomeno rivoluzionario, e probabilmente non a caso; anche se negli ambienti a lui vicini si mormorava di un progetto in tal senso, a coronamento della sua lunga e feconda attività di storico, Labrousse si è spento nel 1988 senza che questo progetto abbia visto la luce. Lascia quindi qualche dubbio la scelta dell'editore di presentare in copertina un titolo "ricostruito" che potrebbe trarre in inganno il lettore. Certo è che la rivoluzione attraversa, più o meno direttamente, non solo tutta la produzione, ma la vita stessa di Labrousse e questo emerge sia dall'intelligente selezione dei testi che dall'ampia e ragionata introduzione della Cedronio; grazie a quest'ultima siamo pilotati lungo un tracciato che rende esplicito il cammino dell'autore, così come i suoi complessi rapporti con l'ambiente culturale e politico del proprio tempo. Un capitolo quindi anche di storia del nostro secolo e di storia della storiografia in cui intervengono i molti interlocutori di Labrousse, da FranÌois Simiand a Albert Aftalion, da Philippe Sagnac a Marcel Marion, da Henri Sée a Levasseur, per arrivare agli esponenti maggiori della storiografia rivoluzionaria: Aulard, Mathiez, Lefebvre.
Il rapporto di Labrousse con la rivoluzione francese risale agli anni di liceo e prosegue ininterrotto con la tesi di laurea diretta proprio da Alphonse Aulard, né si eclissa con la prima grande tesi di dottorato in economia politica del 1933 - l'"Esquisse du mouvement des prix et des revenus en France au XVIII siècle" di cui l'antologia ripropone l'ultimo celebre capitolo di sintesi - anche se l'osservazione si rivolge qui ai tempi lunghi del movimento secolare dei prezzi e dell'economia francese. È però tra gli anni quaranta e gli anni cinquanta che si definisce il pensiero di Labrousse sulla rivoluzione, come si potrà cogliere dall'importante introduzione a "La crise de l'economie franÌaise à la fin de l'Ancien Régime et au début de la Rivolution*, seconda tesi di dottorato, questa volta in storia, del 1943; per arrivare poi ad alcuni magistrali contributi, tra cui spicca l'intervento al congresso per il primo centenario della rivoluzione del 1848, il cui tema - "Come nascono le rivoluzioni" - dà il titolo all'antologia stessa.
I motivi di continuità appaiono non solo nelle linee di interesse sviluppate dallo studioso o in alcuni punti di riferimento ricorrenti, come il richiamo a Jaurès che Labrousse considererà uno dei suoi maestri indiscussi, ma nell'attiva e ininterrotta vicinanza che sempre egli dimostrò nei confronti dell'area di studi relativi alla rivoluzione francese: legato a Georges Lefebvre - "il vero fondatore della nostra scuola di storia sociale moderna", come egli dichiara in un bilancio critico sull'attività di questo storico - Labrousse presiederà dal 1959 la Société des Etudes Robespierristes e, ancora al momento della sua morte, sarà alla testa della commissione di ricerca incaricata di preparare le celebrazioni del bicentenario.
Inutile riassumere qui le coordinate già molto note dell'indagine di Labrousse, che il lettore troverà d'altronde riassunte nell'introduzione e che potrà seguire sui testi raccolti, con l'ausilio inoltre di un accurato indice tematico. Più opportuno è invece insistere sul fondamentale apporto metodologico dell'opera, dove lo sforzo di comprendere scientificamente la rivoluzione nella sua genesi ha dato origine a quel felice incontro tra tempi lunghi della storia sociale e tempi corti del decennio rivoluzionario; senza nulla sacrificare al rigore di un'indagine rivolta al movimento secolare, viene messa in pieno risalto la complessità della crisi dell'89 e il suo specifico innestarsi nelle fluttuazioni cicliche di lungo periodo; ne esce un'immagine della rivoluzione che rende conto di tutta l'ampiezza dello sconvolgimento sociale, all'incrocio tra miseria contadina e prosperità borghese, dove torna a riecheggiare tanto la voce di Michelet che di Jaurès. Non dunque una spiegazione monocausale del fenomeno, ma l'individuazione di quel "miscuglio esplosivo" a più componenti che rende una situazione effettivamente rivoluzionaria. È nota la predilezione di Labrousse per la storia economica e sociale, di cui egli si è affermato in Francia come autentico capo scuola, senza però che mai le tecniche di questa disciplina siano state intese fini a se stesse: anche la statistica si piega così all'esigenza complessiva di far emergere l'uomo e di non insabbiare la storia in un'arida sequenza seriale; così pure il suo rifiuto nei confronti di un primato assoluto della politica, non ha mai escluso il ruolo decisivo proprio di fattori di tipo politico in combinazione con elementi d'ordine economico e sociale; ciò apparirà chiaramente dal saggio "Come nascono le rivoluzioni" che, in questo senso, ha guidato l'approccio alla rivoluzione di una generazione di storici. Ci troviamo quindi di fronte a uno sforzo in direzione di una storia concepita "nella sua interezza" e quindi di una storia globale "che deve essere completa per essere vera".
Come questa aspirazione non abbia escluso l'approccio monografico, anzi lo abbia esaltato al più alto livello, si comprende dall'ineguagliabile ruolo di direttore di ricerca svolto per decenni da Labrousse, pilotando decine di giovani studiosi che si sono lanciati con entusiasmo sulle piste aperte o individuate dal maestro. Un compendio delle fonti segnalate alla ricerca e poi effettivamente esplorate dai suoi allievi lo si troverà nel celebre rapporto "Per una nuova storia della borghesia occidentale nei secoli XVIII e XIX", presentato al X Congresso internazionale di scienze storiche del 1955; archivi elettorali, fiscali, notarili, demografici, statistici: "un autentico Eldorado di cantieri nuovi e di terre vergini da scoprire", come ha ricordato di recente Michel Vovelle.
C'è però un ulteriore ed importante piano di riflessione stimolato da questa antologia e dalla scelta stessa di riproporre al pubblico Ernest Labrousse in un clima storiografico oggi profondamente modificato; si tratta di considerazioni che sconfinano nel campo della più recente storia della storiografia e cui rimanda l'acuta ed incisiva prefazione al volume di Pierre Vilar, erede di quella cattedra di storia economica e sociale già occupata da Labrousse alla Sorbonne. Assistiamo infatti in questi anni, soprattutto in Francia, alla sua discreta, ma progressiva liquidazione. Allontanatosi nella sua lunga vecchiaia dalla ribalta dei riconoscimenti pubblici e delle sacralizzazioni di cui hanno goduto altri storici della sua generazione e della sua levatura, la sua morte è passata quasi inavvertita al grande pubblico. Già dalla fine degli anni sessanta era iniziata quella diaspora di molti dei suoi allievi che, pur mantenendo stretti legami con il maestro, si erano orientati verso altri nuovi terreni di ricerca. Più di recente, con il declino dell'astro della storia sociale, assistiamo a una sorta di rimozione di uno dei suoi principali esponenti; si tratta forse di tacita insofferenza nei confronti di un personaggio che, per il suo stesso vigore intellettuale, aveva dominato la scena storiografica nel corso di alcuni decenni, e la cui opera, come esempio di rigore, è in grado ancor oggi di sottolineare implicitamente le debolezze di alcuni indirizzi di ricerca attualmente di grande successo.
Rileggendo queste pagine labroussiane sulla rivoluzione francese non sfuggirà al lettore la straordinaria capacità di cogliere e comprendere i problemi, così come la sorprendente attualità di alcune sue intuizioni e sistematizzazioni; non resta quindi che salutare questa felice iniziativa editoriale come un contributo alla piena valorizzazione di uno dei più significativi storici del nostro secolo.

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