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Come diventare newyorkesi è un´agile raccolta di brevi racconti di O.Henry (si tratta di uno pseudonimo), pubblicata da Mattioli 1885 nella preziosa e apposita collana "light". Nella prefazione, visti un certo tipo di afflato, di visione su miserie e nobilita delle genti newyorchesi, viene speso il nome di Fitzgerald, tuttavia mi pare che le uniche analogie siano alcune ambientazioni e una scrittura spesso rutilante, mentre diversi sono gli esisti, e, ammettiamolo, anche la statura. Henry emerge qui mi pare come un buonissimo mestierante e artigiano della scrittura, e si nota come questi racconti siano stati pensati per le riviste e per un pubblico diciamo ampio, generalista, lo rivelano la struttura a chiave (di solito legata a una sorpresina finale) e l´ampio spazio a dettagli di costume, spesso godibili. L´occhio di Henry è comunque acuto, l´osservazione dei tic - come si suol dire - e delle dinamiche sociali precisa, lo humor bonario, talvolta pungente, mai realmente cattivo (Henry pare non disprezzare nessuno dei suoi personaggi). Il tutto si rivolgeva, credo, a un pubblico medio di avvezzi alle lettere ma certamente non in vena di sperimentalismi o particolari scossoni emozionali. Ai nostri occhi di lettori moderni rimangono o pervengono un tono ilare e mai compiaciuto, come dicevo una notevole descrizione di ambienti, e alcuni gioiellini che uniscono in maniera davvero non banale ironia, realismo e una punta di amarezza nel tracciare quelle dinamiche sociali che si sarebbero risolte nel breve in un ulteriore rafforzamento del sogno americano, e poi nella sua prima consistente crisi. Ma di questo avrebbero parlato, con premesse e risultati diversi, altri scrittori.
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