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Le coefore
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Descrizione


Matricidio. Nella catena dei delitti che trascinano nel sangue la famiglia degli Atridi, è questo il nodo cruciale, davanti al quale l'antica giustizia familiare è costretta ad arrestarsi. Agamennone sacrifica la figlia Ifigenia, Clitennestra uccide Agamennone; a Oreste, figlio di Agamennone, spetta il compito di vendicare il padre uccidendo Clitennestra. Ma Clitennestra è sua madre. La necessità della vendetta e l'empietà del delitto, i diritti del padre e la pietà per la madre, stringono il figlio di Agamennone e di Clitennestra in una morsa da cui né la coscienza, né gli dei potranno liberarlo. La speranza, con cui si chiude la tragedia, è in un assoluzione affidata alla giustizia umana, che segnerà l'avvento di una nuova era.
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Dettagli

1995
1 settembre 1995
184 p.
9788831761697

Voce della critica

ESCHILO, Coefore

ARISTOFANE, Nuvole
recensione di Andrisano, A., L'Indice 1996, n. 3

I due classici, tra gli ultimi proposti con testo a fronte e ricco apparato di note nella preziosa collana del "Convivio", non necessitano di dettagliate presentazioni: è nota, infatti, l'appartenenza delle "Coefore" all'unica trilogia eschilea superstite che propone il drammatico ritorno di Agamennone da Troia, la sua uccisione da parte di Clitennestra ed Egisto e la successiva vendetta a opera di Oreste, conseguentemente perseguitato dalle Erinni. Ed è altrettanto nota la vicenda messa in scena da Aristofane nelle "Nuvole", una commedia la cui straordinaria audacia consiste nella centralità del personaggio di Socrate, rappresentato quale furfantesco gestore di una "scuola", i cui insegnamenti appaiono pericolosamente "moderni".
La catena di delitti che insanguina la casa degli Atridi, la contraddizione della vendetta perpetrata sulla madre da parte di Oreste, costituiscono un nodo tragico che solo l'intervento divino sarà in grado di sciogliere e assegnano la tragedia a un'esperienza drammaturgica piena e matura. La materia mitica è infatti organizzata in una struttura, che, come nota opportunamente Roberta Sevieri, prevede il rovesciamento dell'azione (praxis) di Oreste in un successivo pathos, cui si accompagna funzionalmente un parallelo mutamento dello spazio scenico. La stessa conclusione della tragedia "con un'azione che ripete in modo speculare quella con cui si era aperta" (Oreste esce di scena da sinistra, da dove era entrato, di nuovo esule dalla sua terra) sancisce il dominio sul plot da parte di un grandissimo drammaturgo.
Così la pensava anche Aristofane, che compiutamente nelle Rane, ma già nelle "Nuvole", comunicava al suo pubblico, secondo le proprie modalità ironicamente paradossali e intenzionalmente visionarie, il proprio giudizio sulla grandezza di Eschilo, esponente di una solida tradizione inevitabilmente in declino, minacciata dalla nuova cultura di cui Socrate appariva esponente pericoloso, quella stessa cultura dalla quale emergeva il "moderno" Euripide. Con sapiente scansione le pagine introduttive affrontano da un lato la ricostruzione del contesto entro cui operava Aristofane, dall'altro la storia della controversa interpretazione di questa commedia, per giungere all'analisi delle possibili chiavi interpretative del personaggio Socrate, da maestro della parola, signore dei due discorsi (Migliore e Peggiore), professionista di ogni sofisma, a maestro di meteorologia ed empietà.
Ma non mancano i riferimenti al giudizio aristofaneo sulla poetica eschilea, nel commento al passo in cui il vecchio Strepsiade si mostra indignato di fronte al rifiuto del figlio di recitare Eschilo. "Non lo batte nessuno... quanto a incoerenza, enfasi, abissi di parole" - sostiene il giovane e sofisticato Fidippide, reduce dalle lezioni del Pensatoio. Ma il padre, inguaribile tradizionalista, reagisce polemicamente chiedendogli di recitare una "robina moderna".
La rhesis di un "fratello... che si sbatte la sorella uterina" porta all'aggressione fisica tra padre e figlio, buffonesca traduzione scenica di due culture in aspro conflitto, con l'inevitabile vittoria di quella che ha prodotto Euripide. Eschilo, il creatore di "parole alte come dirupi" è irrimediabilmente lontano e sono irrimediabilmente improponibili i suoi eroi troppo grandi per una società che si avvia a emarginare la vecchia cultura aristocratica e a sposare pragmaticamente quella piccolo-borghese della democrazia radicale.

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Conosci l'autore

Eschilo

(Eleusi 525/24 - Gela 456/55 a.C.) tragediografo greco.La vita e le opere Nato da ricca famiglia a Eleusi, lo si volle per questo adepto dei misteri eleusini, tanto più che pare fosse processato e assolto per averne violato inconsapevolmente il segreto; ma gli elementi eleusini non hanno peso nella sua opera. Fu attore e musicista, oltre che poeta. Di capitale importanza la sua partecipazione diretta alle guerre persiane, che contribuì a definire la sua visione della storia e del ruolo di Atene. Fu in Sicilia alla corte di Ierone di Siracusa, dove entrò in contatto con i circoli pitagorici e ritornò anche dopo il successo ottenuto con l’Orestea (458 a.C.).Su 73 titoli tramandatici (ma non si può accettare questa cifra, se non come indicazione della fecondità artistica del tragediografo) sono...

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