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“Presentare al lettore una visione chiara ed equilibrata dei tanti controversi aspetti relativi alla questione di Giza”. Questo è l’ambizioso obiettivo che gli autori esplicitano nella prefazione. Sebbene tale risultato è stato almeno per alcuni aspetti raggiunto, nel complesso il testo non ci ha convinto per le seguenti ragioni. 1) Le varie teorie sulle piramidi sono divise in due filoni: quelle ortodosse e quelle non. Mentre le prime vengono passate in rassegna frettolosamente e talvolta poco chiaramente (evidente la mancanza di tavole illustrative come ad esempio sui metodi di costruzione) le seconde sono raccontate in modo particolareggiato, quasi morboso, per essere poi tutte, inevitabilmente e decisamente stroncate. 2) Alcune parti del libro sono dei veri e propri riassunti di altri testi. Un chiaro esempio è il capitolo sulle prime esplorazioni: in 46 pagine ci sono ben 22 note a piè di pagine oltre agli innumerevoli richiami relativamente al libro di R. H. Vyse “Operations carried out on the Pyramids of Gizeh”. 3) In molte parti del libro abbiamo avuto la netta sensazione che agli autori premesse più dimostrare che tutto ciò che avevano scritto fosse ben documentato piuttosto che esprimere più chiaramente possibile ciò che avevano in mente: se infatti vengono addirittura riportati gli estremi delle email ricevute da cui gli autori hanno estratto qualcosa, ci sono argomenti tecnicamente complessi (monitoraggi sismici, magnitudo visiva, angolature stellari), che vengono trattati in modo assolutamente superficiale, rimanendo, almeno ai non addetti ai lavori, in buona parte incomprensibili. 4) Il libro assomiglia molto più ad una tesi di laurea che non ad un libro a carattere divulgativo. “Il. Codice di Giza” è stato probabilmente un modo per far arricchire qualcuno con un nuovo lavoro sulle piramidi ma certamente anche una occasione persa per fare finalmente un libro completo e chiaro sull’argomento.
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