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Già dalla prima pagina, il libro di Maria Galella mi ha concertato: partendo dall’unica sensazione possibile in mio possesso, cioè l’immagine serena e colorata della copertina, non mi aspettavo di trovarmi a leggere una raccolta di racconti sinistri. Ma la sensazione di smarrimento è durata poco. Il tempo di immergermi nelle scene raccontate magistralmente dall’autrice, che utilizza un registro insolito per lo svolgimento: nessun dialogo interferisce nella narrazione. Che, nonostante questo, appare fluida e non forzata. Al punto che, per accorgersi dello studio e del lavoro che sicuramente c’è stato nella stesura dei racconti, bisogna arrivare alla fine della raccolta. Magistrale davvero. Il tema che fa da colonna sonora all’intero libro è insolita e non di facile trattazione, in testi di narrativa breve: storie di fughe, di angosce, illusioni, di sinistre apparizioni. Un viaggio all’interno di quanto si può nascondere dietro a cose e situazioni di apparente serena quotidianità. Questo libro all’inizio l’ho quasi allontanato. Poi è entrato in me. E l’ho vissuto. E amato. Sono molti i racconti che vorrei segnalare, ma il mio preferito è Mia Sorella. L’ho trovato essere una vera perla nera, un gioiellino di rara bellezza per le emozioni che ha saputo infondermi e per i luoghi impensabili in cui ha condotto la mia mente. Faccio i miei complimenti all’autrice per questa raccolta di racconti brevi, con la speranza che una sua opera più articolata possa ben presto arrivare.
E' una raccolta di racconti dark, surreali ed oscuri che rappresentano l'orrore in molte sue sfaccettature; quella dell'orrore quotidiano, della periferia urbana o degli immensi spazi aperti. L'orrore claustrofobico, palpabile tra gli anfratti di grotte o nell'intimità di una stanza. L'orrore della perdita, o della consapevolezza. Sono racconti incastonati in una struttura a mio parere costruita a regola d'arte, nella quale ogni storia è a sé, ma che insieme a tutte le altre creano l'atmosfera per un coinvolgemento emotivo del lettore. La struttura narrativa non mostra alcuna lacuna, ma anzi, certe costruzioni come l'uso della prima persona, di contrapposizioni in certi contesti danno alla trama una marcia in più, una dimensione tridimensionale, credibile. Le descrizioni degli ambienti, prima fra tutte quella del racconto "I corvi e i campi di grano" che dà il titolo alla raccolta, sono precise ma non eccessive. Disegnano nella mente una chiara immagine delle scene. I personaggi sono molteplici, e assai diversi tra loro per genere, età e per il contesto della storia in cui sono inseriti. Attraverso l'uso di pochi aggettivi, pochi dialoghi, ne viene delineata un'analisi psicologica profonda che scaturisce nei loro silenzi e in quel velo di mistero che pare essere il filo conduttore del libro. Potrei esprimere un giudizio per ogni singolo racconto, rischiando però di rovinare la lettura di coloro che non hanno ancora avuto modo di leggerlo. Ci sono stati quelli che mi sono piaciuti di più, primo fra tutti "Riflessi sulla lama" in cui con grande maestria, a mio modesto parere, sono state descritte le sensazioni tattili di un oggetto freddo come può essere la lama di un coltello. Un altro piccolo asterisco per "Pietre" in un contesto moderno, con la presenza prepotente di una fotocamera a sottolineare l'attualità, i timori più ancestrali, di cui si è letto magari in racconti antichi e claustrofobici, prendono forma. E anche qui l'ambivalenza tra antico e moderno convivono un gran bene insieme.
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