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Descrizione


Il Café Julien (nella realtà il famoso Lafayette Hotel di Manhattan) è il centro di gravita di un gruppo disparato e vivace di clienti fissi, il luogo dove vanno per dimenticare gli amori falliti e trovarne di nuovi, per scroccare denaro, per rovinare la reputazione altrui, per ritirare messaggi, per vedere e farsi vedere. Rick Prescott è in cerca del suo amore perduto. Jerry Dulaine, arrampicatrice sociale, ed Elsie Hookley, matrona della buona società bostoniana, si uniscono in un'alleanza scellerata per infiltrarsi fra i ricchi newyorchesi. Dalzell Sloane e Ben Forrester sono una coppia di sconosciuti pittori che architettano un piano per far soldi sfruttando il nome del loro amico Marius, un artista i cui dipinti sono saliti alle stelle subito dopo la sua morte. Con il suo umorismo tagliente e spietato, mescolando a queste trame le lotte, gli intrighi e i desideri di una manciata di personaggi secondari, Dawn Powell prende di mira il mondo degli artisti e si fa beffe della vita bohémien di Manhattan. E la storia della New York degli anni Quaranta, di quel Greenwich Village che l'autrice ha conosciuto, amato e catturato meglio di qualsiasi altro scrittore americano, diventa un ritratto corale e ironico della società moderna, con tutte le sue contraddizioni, ipocrisie e assurdità.
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Dettagli

2007
20 settembre 2007
XVIII-340 p., Brossura
9788881128402

Voce della critica

Pubblicato nel 1954, Café Julien è il tredicesimo romanzo di Dawn Powell, grande scrittrice americana scomparsa nel 1965, ingiustamente dimenticata dal pubblico e dalla critica per oltre un ventennio e riscoperta soltanto alla fine degli anni ottanta da Gore Vidal, che le dedicò un lungo articolo sulla "New York Review of Books" in cui ne elogiava l'inimitabile umorismo, caratterizzato da una felice combinazione di arguzia e audacia, ironia e sarcasmo, celebrandola come "la migliore romanziera satirica statunitense".
Ambientato nella New York City del 1948, il romanzo è incentrato su un locale dello scintillante Greenwich Village, il Café Julien, versione letteraria del famoso Lafayette Hotel di Manhattan – "padiglione scostumato" evocato nell'eloquente titolo originale The Wicked Pavillion – in cui "tutti si divertono sino a mezzanotte passata, bevendo tanto da non riuscire ad alzarsi prima di mezzogiorno e, oltretutto, con il mal di testa". Al Café Julien approda una nutrita schiera di personaggi, molti dei quali originari della monotona provincia americana, in cerca di un'oasi di libertà da opprimenti costrizioni e convenzioni sociali, di un rifugio dove indugiare nell'attesa di nuove ed emozionanti esperienze, sognando incontri fortunati e risolutivi della propria esistenza. Grazie alla particolare prospettiva di osservazione dei nuovi arrivati, entusiasti della vorticosa e dissoluta vita cittadina ma non ancora coinvolti nelle sue dinamiche al punto da ignorarne le peculiarità, ormai divenute di routine agli occhi dei più, l'autrice dipinge il ritratto di una metropoli cinica e corrotta, interamente asservita alla logica del profitto.
L'imperante mercimonio materiale e spirituale e la disinibizione programmatica determinano la progressiva atrofia emozionale dei protagonisti, sempre più estranei al linguaggio dell'affettività, incapaci di provare e riconoscere sentimenti autentici, assecondare impulsi naturali e costruire rapporti solidi: i giovani innamorati Rick ed Ellenora inizialmente "piroettano con grazia sull'orlo dell'amore", per poi ritrarsi e lasciarsi, vinti dall'incapacità di contemplare "il volto accecante" del loro stesso sentire. Anche l'amicizia tra la ricca matrona bostoniana Elsie e la giovane e attraente Jerry, provinciale in cerca di fortuna a New York, assume l'aspetto di uno scellerato accordo d'affari animato da un comune bisogno di rivalsa verso il mondo e finalizzato a insinuare quest'ultima in ambienti altolocati attraverso la seduzione dello scapolo più ambito della città. Nella società descritta da Powell tutto si riduce a "bisogno, ricerca e avidità" di denaro, anche la morte: la prematura e misteriosa scomparsa di un giovane artista si tramuta infatti in un redditizio affare per due dei suoi amici, Dalzell Sloane e Ben Forrester, sconosciuti e squattrinati pittori che, pur di non tornare alla stagnante realtà del natio Midwest, non esitano a sfruttarne il successo postumo realizzando falsi dipinti nel suo stile e vendendoli a prezzi astronomici.
Un panorama desolante rappresentato da Dawn Powell con toni squisitamente satirici, con la ferocia della sincerità, dell'onestà intellettuale che fotografa fedelmente le abissali contraddizioni, ipocrisie e miserie della società moderna senza mai cedere alla tentazione di formulare giudizi morali, concedendosi soltanto qualche momento di nostalgia per ideali e valori autentici che sembrano ormai definitivamente perduti. Simona Porro

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Conosci l'autore

Dawn Powell

(1896-1965) È nata in una piccola cittadina dell’Ohio e si è trasferita a New York giovanissima. Riscoperta negli ultimi anni grazie a Edmund Wilson e Gore Vidal, è oggi considerata una delle maggiori scrittrici americane del Novecento. È stata accolta nella Library of America, insieme a Ralph Waldo Emerson e Edith Wharton, e nel giugno 2015 è entrata a far parte della New York State Writers Hall of Fame, al fianco di scrittori del calibro di Henry James e Herman Melville.

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