I cieli di Kabul. Interviste

Un equivoco. Il libro è una raccolta di interviste a Khaled Hosseini da parte di alcuni giornalisti, non esattamente una sua autobiografia, e lo stile ne risente. Tuttavia le note sulla sua vita a Kabul prima della guerra sono interessanti, anche se inevitabilmente in qualche caso ripetitive. Negli anni 70 Kabul era una città ricca di vita, in cui le donne portavano la minigonna, studiavano e lavoravano. Poi le successive occupazioni dei russi, dei mujaheddin e dei talebani la trasformarono in un cumulo di macerie in una spietata lotta di tutti contro tutti. Hosseini, figlio di un diplomatico e di una insegnante, fu sorpreso dalla guerra a Parigi dove il padre si trovava x lavoro, e si trasferì in seguito con i genitori negli Stati Uniti. I primi anni in America furono difficili, come x tutti gli emigranti: da una condizione agiata si trovò a vivere di sussidi governativi. Questo libro, come i molto più interessanti romanzi di Hosseini, ci insegna a guardare gli emigranti in fuga dalla guerra sotto una luce diversa e più comprensiva. Comune a tutti loro è la speranza di una vita migliore nel nuovo paese e il desiderio di tornare, anche solo come turisti, nella loro terra finalmente pacificata. Forse dovremmo dare ai rifugiati non solo una generica e pietistica solidarietà, ma un maggiore rispetto.