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Serio, serissimo. Leggero, acuto, vero, tutto ciò che avete pensato della lettura (soprattutto i bulimici come me) e non avete avuto il coraggio di confessarlo. Arriva poi l'età in cui non ha molto senso esibire le letture, ma si cerca incessantemente il piacere della parola scritta anche nelle quarte di copertina oppure nello sfogliare le pagine e si scoprono pensieri preziosi. un po' come questo godibilissimo libro.
Senza cattiveria o volontà polemica,un libro che dice tanta verità sul mondo degli intellettuali. Improvvisamente ci si sente più normali rispetto a chi vanta o esibisce letture sterminate...e si fa la pace con limiti che non sono solo nostri.
Recensioni
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Il pamphlet di Pierre Bayard, psicoanalista e insegnate di letteratura a Parigi, ha fatto già il giro del mondo, grazie soprattutto al suo titolo geniale, Comment parler de livres que l'on n'a pas lus?, che quasi sembra uno scioglilingua, una specie di gioco infantile per mettere a dura prova anche chi conosca il francese. L'idea è provocatoria: l'autore sostiene infatti che è legittimo, e creativo, parlare in diverse occasioni di libri che non si sono mai letti. In questo è ben lontano dal paternalismo di Daniel Pennac, in quanto sostiene che ognuno di noi, per ragioni antropologiche, psicologiche, ereditarie, ha in sé la propria biblioteca interiore che entra in conflitto con i libri veri, con la materialità di quelli con cui dobbiamo fare i conti nella vita. E allora ben venga la non-lettura, ovvero quell'operazione discorsiva che pretende di partire da una constatazione di non-verità. Ciò è possibile perché ogni singolo libro richiama un sistema di altri libri, per cui è sempre possibile rintracciare fili e corrispondenze che illuminino su quello che non conosciamo nello specifico.
In verità, Bayard non vuole proporci un manuale su che cosa fare per diventare dei lettori senza esserlo, ma piuttosto infrangere un grande tabù, quello della lettura a tutti i costi. Da lettore accanito, ci vuole suggerire quanto valga anche la mistificazione della lettura perché ci rende funambolici, seduttivi, capaci di usare le nostre qualità fantasmatiche applicandole anche a questi oggetti che rischiano, a volte, di fare paura. Bayard riporta esempi di grandi non lettori; Paul Valéry, ad esempio, che scrisse il suo celebre omaggio a Marcel Proust sulla "Nouvelle Revue Française" nel gennaio 1923, poco dopo la sua morte, dichiarando apertamente di aver letto della Recherche "un solo tomo"; Oscar Wilde, che non ebbe mai dubbi sulla necessità di liberarsi dalle costrizioni della lettura e che stigmatizzò questo atteggiamento in un articolo scritto per la "Pall Mall Gazette" dal titolo, appunto, To read, or not to read; e poi ancora Robert Musil, fino a Umberto Eco e a David Lodge, che sul tema ha costruito quasi uno stile di pensiero.
Insomma, questa riflessione, leggerissima, abbordabile, non inutilmente aneddotica, ci aiuta a non vergognarci davanti a un pubblico scelto di addetti ai lavori, o davanti a uno scrittore con cui ci capiti di dover parlare del suo ultimo capolavoro, o anche in un'aula di scuola, di aver perso un titolo, di non aver avuto voglia o tempo di leggere anche certi must, come l'Ulisse di James Joyce. Molto riuscito il capitolo intitolato Con chi si ama, in cui Bayard rilegge il film Ricomincio da capo, nel quale l'antipaticissimo e indifferente Bill Murray, grazie a una misteriosa magia per cui lo stesso giorno si ripete ossessivamente uguale a se stesso, riesce a conquistare Andie McDowell proprio recitandole il testo del Rigoletto che, in una delle innumerevoli ripetizioni di quell'unico giorno, lei gli aveva confessato di amare. E con questo precipitiamo nella grande illusione di pensare che due esseri siano tanto vicini "da far coincidere, almeno una volta, i loro libri interiori".
Camilla Valletti
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