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Misha Borisovich Vainberg è un ragazzone ebreo di San Pietroburgo, unico rampollo del 1.238° uomo più ricco di Russia (cosa che gli dà accesso a un conto in banca pressoché illimitato), deformato dall'obesità (causata dall'insaziabile appetito per cibi unti e costosi e alcol) e sfregiato a seguito di una circoncisione tardiva e maldestra. Tornato a San Pietroburgo dopo aver trascorso nove anni negli Stati Uniti si trova intrappolato in Russia, e poi nella piccola ex repubblica sovietica dell'Absurdsvani. Un Gargantua postmoderno, incarnazione del capitalismo sfrenato, becero e rampante in salsa Putin, apparentemente insopportabile ma anche incredibilmente umano, tenero e divertente, che fa smascherare al lettore le profonde contraddizioni nate in seno allo sfascio dell'ex Unione Sovietica, i conflitti etnici, l'avida corsa al petrolio e i lucrosi traffici nascosti sotto l'etichetta – o meglio il "cerotto" – del multiculturalismo. Un romanzo tesissimo, in cui tutto è esagerato, dai personaggi grotteschi alle situazioni in cui si trovano, e la cui vis satirica non risparmia niente e nessuno, nemmeno l'autore stesso (che "anagramma" il proprio nome sotto quello del viscido scrittore russo-statunitense Jerry Shteynfarb, che irretisce, con le sue malìe da intellettuale, la fidanzata del protagonista). Grandissima traduzione di Katia Bagnoli.
denso, estremamente ironico, ritmato, originale e coinvolgente. Al di là della grottesca storia, tratta argomenti di grande attualità come le losche storie della halliburton e delle nuove repubbliche ex sovietiche. Uno dei più piacevoli libri mai letti.
Ricco, denso, divertente, originale, strampalato pastrocchio. Politicamente scorretto e, quindi, corretto-intelligenza come un caffè corretto-grappa. Ogni tanto un po' di déja vu, e qualche passaggino a vuoto. Ma è confortante che ci sia qualcuno nel mondo di oggi capace di scrivere così bene. Per chi pensa che leggere possa e debba essere un Piacere. E che per brillare uno scrittore debba essere, per l'appunto, Brillante. Il mio voto è però abbassato dal finale stracco e semiabortito, mentre i troppi ringraziamenti che seguono fanno nascere qualche sospettuccio: in campo artistico è sempre deludente quando al posto di una Regina trovi un laborioso alveare, al posto di un Dostoevskij una smaliziata equipe di redazione, al posto di un Van Gogh una cooperativa di (pur eccellenti) imbianchini. Nessuno nega la necessità e l'importanza di un buon editing, ma voglio sperare che questo autore sia davvero un Autore, e non l'ennesimo bluff della letteratura contemporanea.
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