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Un Pansa ringalluzzito dal sostegno ricevuto per "Il sangue dei vinti" continua nella sua opera di ricerca della verità storica. Chi continua a denigrare il giornalista intende "sdoganare" crimini raccapriccianti: ma un omicidio non è sempre tale? e il male non va sempre condannato?
Un libro ricco e documentato che ha probabilmente richiesto un notevole e paziente lavoro di ricostruzione storica per squarciare un velo su tanti episodi mai rivelati o poco noti della Resistenza e del periodo immediatamente successivo: orrori, vendette, omicidi, esecuzioni sommarie eseguite senza una ragione apparente. Su tutti la storiografia successiva (e i vincitori!) ha alzato una ferrea cortina del silenzio. Un buon libro che aiuta a capire il punto di vista degli sconfitti, che vuole contribuire a "rivisitare" le travagliate vicende di quel periodo storico e che, per essere apprezzato fino in fondo, deve essere letto con atteggiamento sgombro da incrostazioni e pregiudizi ideologici.
Un libro degno di nota perché risveglia direttamente la memoria di chi ha perso i propri cari nel 43-45 come militante nel fronte fascista o perché accusato di farlo. Non certo per merito di Pansa che invece cavalca un filone speculativo dovuto al successo del Sangue dei Vinti ( e di cui non si risparmia di fare continuamente nota) dando voce a chi piange i propri morti spesso senza considerare il contesto in quanto i testimoni erano spesso troppo piccoli o indiretti. E’ chiaro che un testo del genere assume valore storico solo se affiancato sia a testi di altri giornalisti quali Bocca, Montanelli, Franco Giustolisi, quanto di storici e ricercatori quali Mimmo Franzinelli, Gianni Oliva ( e perché no della criticatissma Kersevan Alessandra). A quel punto contestualizzandolo sorgono dei dubbi, non tanto sui fatti in se - incontestabili- ma sull’operazione narrativa di Pansa. Il primo riguarda il termine “guerra civile”: è chiaro che gran parte dei testimoni di questo libro erano bambini nel ‘45, pertanto nacquero durante il fascismo assimilandolo come normalità, pertanto trascurano che la spirale di violenza della guerra civile fu innestata proprio dallo stesso fascismo (e da chi lo sostenne) che andò al potere dal ‘19 al ‘24 con la violenza (Matteotti fu ucciso per averlo dichiarato): gli operai e i contadini che subirono quelle violenze non hanno più voce ne modo di averla. Viene poi il dubbio sul fiume di libri che si potrebbero generare se lo stesso spazio letterario che concede Pansa venisse consentito a queste prime vittime dello squadrismo, ai bambini ebrei colpiti dalle leggi razziali italiane, poi ai parenti dei 250.000 morti civili Eritrei poi a quelli dei della guerra civile spagnola, Grecia, Jugoslavia, Russia , etcc.. In ultima non degno di nota si cita spesso l’aministia Togliatti come se avesse ha liberato solo assassini partigiani, ma a me rimane impressa la foto durante lettura delle sentenze e assoluzione per avvenuta amnistia nel ‘51, gli imputati esultarono in aula col saluto romano.
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