I gladiatori

Ho riletto dopo 6 o 7 anni questo libro. Splendido, pieno di riflessione ed interiorita', ma anche di passione politica e umana. L'Autore lo scrisse nella sua lingua madre, l'ungherese, nel 1938, quando stava per uscire dal partito comunista in cui era entrato a Berlino nel 1931, e dopo l'esperienza della guerra di Spagna. Pur essendo pieno di anacronismi storici, il volume - primo di una trilogia compiuta con "Buio a mezzogiorno" e "Arrivo e partenza" - si snoda nelle vicende della guerra servile del 73-71 a.C. e sul suo protagonista, il gladiatore trace Spartaco. L'Autore immagina che l'ispiratore del capo rivoluzionario sia un ebreo esseno, che influenza la rivolta con l'ídea utopistica della "Citta'del sole". Ma quello che manca a Spartaco per vincere e' la volonta' di non abdicare al sogno di eguaglianza, stroncando all'interno del suo schieramento gli atti di rivolta e ribellione dei delusi impazienti. E allora rimane vittima di quella legge che impone a un capo ribelle di essere "spietato per amor di pieta'". Libro di un'altra epoca, ormai lontana, ma ancora vivo e pieno di ispirazione.

E' un romanzo storico impegnativo, con diverse chiavi di lettura. Non ci si faccia sviare dal titolo, non è un libro"commerciale", non è un adattemento fumettistico della storia di roma e non ha niente a che vedere con l'orribile fiction trasmessa in tv poco tempo fa. Basti invece dire che a questo libro si è ispirato stanley kubrik per il suo Spartacus. Pubblicato la prima volta nel '39 (per poi essere riscritto nel '65 in inglese, quando l'autore ormai da tempo viveva a londra), il romanzo fa parte di una trilogia che vuole analizzare i dilemmi morali del fallimento del comunismo realizzato. L'autore, ungherese, dapprima militante comunista, scopre negli anni '30 gli orrori dello stalinismo, esce dal partito e avvia una produzione letterararia volta a denunciarne i misfatti, in maniera però non banale o semplicemente "moralistica". Ne "I gladiatori", l'autore prende la realtà delle rivolta servile contro Roma del gladiatore Spartaco e dei suoi compagni schiavi dell'Italia del 71 a. C. (realtà studiata in modo approfondito,in tutti i suoi aspetti, senza svarioni o adattamenti forzati) e vi cala, ispirandosi ai drammi stalinisti che vive nel suo tempo, l'eterno contrasto tra l'esigenza di libertà e giustizia e gli eccessi che man mano una rivoluzione può generare; i dilemmi morali; la difficoltà (impossibilità?) di conciliare giustizia e umanità, disciplina e rigore morale. Un romanzo storico bello, dalla scrittura non arzigogolata ma mai banale; un libro comunque non da divorare ma che richiede il giusto tempo per essere metabolizzato. Un'opera importante, da leggere.