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In due - Antonio Debenedetti - copertina
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Descrizione


Quasi avessero paura di farsi male con le parole, un marito e una moglie affrontano una svolta della loro vita di coppia scrivendosi. Riescono a mettersi a nudo solo attraverso lo schermo di un foglio scritto dicendosi verità che sono bugie e bugie che sono verità. Manu e Fil sono i protagonisti di Talk show, il racconto di apertura di questa ultima raccolta di Antonio Debenedetti. Come se il destino si giocasse tutto all'ombra di una menzogna (mentendo a qualcuno o mentendo a se stessi) con la consapevolezza (o inconsapevolezza) che certi nodi possono essere sciolti solo in assenza di uno sguardo, i protagonisti di questi dodici racconti o non si parlano (facendo della mancanza di parole una scelta deliberata) o scrivono lunghe lettere. Oppure si sfogano con interlocutori immaginari, come l'ex colonnello don Ruggero Quiroga che confessa la sua pedofilia nel buio di un cinema a uno psicoanalista sui generis: il principe Antonio de Curtis, in arte Totò. In Call center è invece il telefono a preparare una spietata beffa ai danni di una giovane donna illusa di sentir correre lungo il filo la voce del suo possibile salvatore in una notte di paura. È implacabile l'occhio di Debenedetti: può puntare diritto su un'ora qualsiasi come su un'ora cruciale, fissare uno snodo particolare o una vita intera, poco importa. Il racconto, che la sua scrittura rende perfetto strumento di narrazione, sembra cogliere l'essenziale modulando ironia e crudeltà, cinismo e commozione.
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Dettagli

2008
23 gennaio 2008
189 p., Rilegato
9788817017633

Valutazioni e recensioni

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Recensioni: 2/5
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Adolfo Carulli
Recensioni: 1/5

Libro modesto nel complesso, prosa stucchevole e dolciastra, classica pastiglietta passatempo per chi vuol passare qualche lunga mezz'ora nelle amnesie di altri libri che si metterebbero questo in una manica. Di più aggiungo un'impressione, ascolto in radio l'autore e mi sembra un mezzo snob dal pedigree più impostato che naturale. Si può benissimo non leggere e non ascoltare nulla di quest'autore.

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ant
Recensioni: 3/5

La storia dell'impiegato del call center e quella del "distinto" signore che si confessa con totò mi sno rimaste molto impresse, bellissimo il finale della storia con protagonista l'amante dei cani. Nel complesso originale, ma un po sfilacciato

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silvia71
Recensioni: 2/5

uN LIBRO SURREALE, DESCRIZIONI DEI LUOGHI, DEI PERSONAGGI E DEI LORO SENTIMENTI COSì SUPERFICIALI E SCONTATE DA APPARIRE QUASI COMICHE. CONTINUO A CHIEDERMI "QUI PRODEST?"

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Recensioni

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Voce della critica

In principio, la copertina: una volta tanto eccone una capace di suggerire compiutamente un mood, di evocare l'atmosfera, in certi passaggi lirica e rarefatta, in altri cupa e feroce, di questi dodici racconti di Antonio Debenedetti. Racconti di straniante bellezza, sottilmente morali, connessi fra loro da una dissonante omogeneità. Nella suggestiva foto-copertina di Martin Scott-Jupp si indovinano due figure evanescenti, che sembrano progressivamente smaterializzarsi, inghiottite dalla luminosa liquidità di un turchese trasparente. Foto ambigua, a basso tasso di definizione, si direbbe: potrebbe essere un idillio o una tragedia.
Così avviene anche in questi racconti: leggendoli si comprende quanto esile sia la linea che separa il ridicolo dal tragico, l'ironia dalla crudeltà, la commedia dal noir. Si prenda quello intitolato Call center, per esempio. Qui debutta una figura nuova, ma emergente e di sicuro, grande avvenire: l'ascoltone, "il fratello chic del guardone", quello che appartiene alla genìa dei "degustatori morbosi di dittonghi e monosillabi (…) Per non dire poi di certi cocktail di sibilanti e gutturali!". Figura emblematica che suscita ripulsione e pietà, oppressa, come la maggior parte dei protagonisti di queste pagine, da una solitudine immedicabile tanto più stridente e insopportabile nell'epoca della connessione e comunicazione perpetua.
Queste dodici variazioni di Debenedetti sul tema dell'insostenibilità della solitudine e dell'impossibilità della coesistenza (l'autore si comporta nei confronti dei suoi personaggi come fa l'ascoltone per le voci: "le isola, le spoglia, le fotografa, le analizza") hanno protagonisti tutti mediamente borghesi, mediamente annoiati, mediamente inquieti, mediamente grotteschi: di loro si potrebbe dire, mutuando ciò che si attribuisce ai personaggi di Uno più una, che sono "d'una bellezza tranquilla e senza fantasia, al punto che incontrandoli per la prima volta si poteva credere di averli già visti". Tutti sono tormentati da un cerebralismo ossessivo, che rimugina sulle infinite possibilità di uscire dalla gabbia della propria atonia emotiva; alla fine, però nessuno di questa galleria di inetti del nostro tempo riesce ad approdare alla felicità (?) della vita "in due". Piuttosto, si trovano a sperimentare una gamma vasta, più o meno fallimentare, di modelli di coppia. Un catalogo composito ed eterogeneo, quello presentato in questo libro: cucciolo animale e cucciolo umano, vecchio e bambino, vecchio ragazzo e signora in età, coppie storiche in crisi perenne.
Lo sguardo di Debenedetti accarezza queste esistenze catafratte in una specie di narcosi sentimentale ed emotiva, utilizzando uno stile incisivo che adotta parole "forti e frugali". Bene ha fatto La Capria sulle colonne del "Corriere della Sera" a ricordare, quale testo "empatico" a questo di Debenedetti, il Sillabario di Goffredo Parise. Un sillabario della contemporaneità, stavolta, con una particolare predilezione e fascinazione per la presenza del male, che spesso trova, in queste storie, una sua peculiare rappresentazione. È un male anonimo, triste e vacuo come i personaggi che lo maneggiano e usano. Una deriva in cui volentieri cadono queste "esistenze senz'anima" che vivono nell'epoca delle passioni (e degli amori, soprattutto) tristi, soggiogate dall'incommensurabilità dello iato tra ciò che si è e ciò che si vorrebbe diventare. Nel racconto spartiacque di metà libro, intitolato Totò e il colonnello (un ufficiale pedofilo alle prese con la memoria di un gesto tragico, confessato al cinema al suo "psicanalista" di fiducia, cioè Totò), Debenedetti dà vita a un personaggio assolutamente cupo e nero, dalle tinte dostoewskiane che si stacca in modo netto dagli altri e mette in sordina quell'impasto di humour, grottesco e bêtise che dominava incontrastato su tutti gli altri racconti. Pagine nere e crudeli, queste, di una ferocia inusitata che lascia il segno. Linnio Accorroni

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Conosci l'autore

Antonio Debenedetti

1937, Torino

(Torino 1937 - Roma 2021) è stato uno scrittore italiano. Figlio di Giacomo, sul quale ha scritto un libro di ricordi (Giacomino, 1994), è stato autore di racconti (Monsieur Kitsch, 1972; Ancora un bacio, 1981; Spavaldi e strambi, 1987; Racconti naturali e straordinari, 1993) e romanzi (In assenza del signor Plot, 1976; La fine di un addio, 1985; Se la vita non è vita, 1991, premio Viareggio; E fu settembre, 2005). La sua scrittura si caratterizzava soprattutto per la componente ironico-evocativa. Nel 2018 esce per Solferino Quel giorno, quell'anno.

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