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Descrizione


Questo volume nasce da un progetto di rilettura del poema omerico destinato alla scena teatrale. Baricco smonta e rimonta l'Iliade creando ventun monologhi, corrispondenti ad altrettanti personaggi del poema e al personaggio di un aedo che racconta, in chiusura, l'assedio e la caduta di Troia. L'autore "rinuncia" agli dei e punta sulle figure che si muovono sulla terra, sui campi di battaglia, nei palazzi achei, dietro le mura della città assediata. Tema nodale di questa sequenza di monologhi è la guerra, la guerra come desiderio, destino, fascinazione, condanna. Un'operazione teatrale e letteraria insieme, dalla quale emerge un intenso sapore di attualizzazione, riviviscenza, urgenza, anche morale e civile.
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Dettagli

2006
163 p., Brossura
9788807490316

Valutazioni e recensioni

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Recensioni: 3/5
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Carol
Recensioni: 4/5

Premetto di non aver letto l'Iliade originale, per cui il mio giudizio si basa solo sulla lettura della "trasposizione" di Baricco. Ho apprezzato molto il libro, perché mi ha permesso di avvicinarmi alla storia raccontata dall'Iliade e mi ha incuriosita al punto da spingermi a leggerla prima o poi in originale. È un ottimo lavoro di divulgazione e l'autore nella premessa spiega onestamente il suo intento e gli interventi fatti (lo fa per i lettori, ma forse anche in previsione delle critiche dei detrattori e degli spocchiosi, in un paese in cui è necessario sempre fare un distinguo tra cultura alta e popolare). Molto interessante anche la postfazione, in cui Baricco esprime la sua opinione su come potremmo rileggero questo "canto alla bellezza della guerra" a scopo pacifistico. A chi grida allo scandalo, suggerisco di leggersi e rileggersi tranquillamente l'Iliade originale anche in lingua antica, se lo desidera, nessuno glielo impedisce. Questo libro non toglie niente all'opera di Omero, contribuisce anzi a farla conoscere a più persone.

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boschip
Recensioni: 5/5
Se Baricco racconta Omero…

Come resistere alla sfida per definizione per un narratore puro come Baricco, ovvero raccontare oralmente la storia più antica di tutte, quella narrata da Omero nell’Iliade? Mosso appunto dall’idea di adattarne il testo per una lettura pubblica Baricco ha riletto l’opera nella traduzione di Maria Grazia Ciani, riscrivendone il materiale narrativo e montandolo dalla prospettiva di ventuno voci narranti, l’ultima delle quali appartiene all’aedo Demòdoco, che racconta la fine di Troia sulla base dell’Odissea ed altre fonti. Ventuno voci narranti per creare un tramite meno distaccato della terza persona come trait d’union tra la storia – o meglio tra i tanti mitici episodi che compongono la grande storia dell’Iliade – e il punto di vista del lettore/ascoltatore. Ecco così che nell’opera di secondo grado Omero, Iliade rivivono gli dei (che rimangono però più sullo sfondo della narrazione rispetto alla fonte letteraria vera e propria), gli uomini e gli eroi ormai entrati nella sfera del mito, cristallizzati nell’epilogo della decennale guerra di Troia, un’eterna storia di vendetta, ambizione, pietà, valore, astuzia, violenza. E una storia di guerra – e dunque sempre attuale nei drastici tempi che corrono – quando la guerra però si poteva ancora concepire come un’avventura estrema, dotata di un’infernale bellezza che la rende un’avventura ancora avvincente a secoli di distanza dalla sua composizione. Strappi di sintesi della trama ovviamente ce ne sono – e sono voluti, per agevolarne una lettura ad alta voce tra un’ora e mezza e due ore – ma il fascino della storia è rimasto integro, semmai grazie al talento di Baricco la storia ha guadagnato in efficacia e fantasia: rispetto all’Iliade originale compaiono infatti anche brani evidenziati con caratteri in corsivo inventati di sana pianta per aumentare il livello di definizione di una trama che non smette di incantare lettori da tre millenni in qua.

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Riccardo Anoardo
Recensioni: 5/5

La lettura del libro di Baricco su Iliade mi ha invogliato a riprendere tra le mani il capolavoro di Omero. Dissento da coloro che giudicano questa opera di trascrizione degna solo del cestino. Credo invece, che riuscire a risvegliare l'interesse e il desiderio alla lettura di un'opera immortale, sia un lavoro altamente meritorio. Grazie Baricco per questo e per il bel capitolo finale su "l'altra bellezza", che condivido al cento per cento. Riccardo Anoardo

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Voce della critica

Un classico è un capolavoro che viene continuamente tradito, ma conserva intatto il suo prestigio e il suo valore. Una definizione da prendere molto seriamente, aggiungendo che una civiltà letteraria ha il diritto e il dovere di produrre tradimenti dei classici: più ne produce, più li consacra e si consacra. L' Iliade è stata tradita un'infinità di volte e Alessandro Baricco non sarà l'ultimo: ha il diritto di farlo e la storia letteraria cui appartiene ha il dovere di accoglierlo: critici e studiosi non si scandalizzino. Il suo Omero, Iliade è un buon libro, che si legge senza la tentazione di smettere: tanto di cappello per aver osato cimentarsi con un simile monumento e un plauso perché grazie a lui Omero è un argomento di cui si parla (il che fa bene alla società).

Come studioso di letteratura greca e di Omero non mi scandalizzo affatto, anzi esprimo soddisfazione per quest'altra pietra del suo piedistallo. Mi soffermo invece su un aspetto dei tradimenti letterari che può essere negativo: la serpeggiante idea, più o meno dichiarata, che l'autore intenda porsi anche come vero interprete dell'originale, capace di far emergere lati mai scoperti o addirittura di svelarne il vero volto grazie alla freschezza dell'artista, libero dal peso delle filologie e delle bibliografie.

Non dimentichiamo che si può pretendere di interpretare seriamente una grande opera solo se si è in grado di leggerla nella lingua originale, si è in possesso di conoscenze tecniche adeguate e si conosce a sufficienza la civiltà in cui essa è nata. Che poi questo non basti e gli "addetti ai lavori" sbaglino di grosso e anche grottescamente, è un'altra cosa ed è solo colpa loro: ma alcune competenze sono irrinunciabili. Purtroppo il criterio non frena altezzosi intellettuali che scrivono su Goethe, sull' Odissea e molto altro, rimproverando ai filologi di non saper fare ai testi le domande giuste, agli studiosi l'incapacità di attingere il cuore del capolavoro, come riesce a fare il preteso artista di genio.

Questa non è un'allusione al nostro autore e Baricco non manifesta una simile pesantezza. Però non è immune dall'equivoco e, quando vi cade, nuoce alla sua opera. Valga il già molto discusso esempio dell'eliminazione degli dei: le loro apparizioni nel poema non sono necessarie, "per quanto sia brutto dirlo" (un errore del poeta?); "l' Iliade ha una sua forte ossatura laica che sale in superficie appena si mettono tra parentesi gli dèi". Ma poco oltre: "togliere gli dèi dall' Iliade non è probabilmente un buon sistema per comprendere la civiltà omerica: ma mi sembra un ottimo sistema per recuperare quella storia riportandola nell'orbita delle narrazioni a noi contemporanee". Il doppio livello umano e divino del racconto iliadico è superfluo e la vera natura dell' Iliade si svela una volta eliminati gli dei, però l'eliminazione non va bene per capire la civiltà omerica bensì solo per riscrivere la storia in modi adatti al presente: non è un poco contraddittorio? Se il secondo è l'artista che tradisce legittimamente per la sua creazione attuale, il primo è il preteso interprete che ci spiega come far emergere il vero carattere dell'opera, la sua vera "ossatura laica", che invece non apparteneva davvero agli aedi greci arcaici né al loro pubblico e dunque non è affatto la vera.

Così Baricco danneggia la sua creazione: se voleva eliminare gli dei, doveva allontanarsi decisamente dall'originale senza pretese esegetiche. Riscrivere l' Iliade senza gli dei non funziona, non con quella Iliade : allora bisogna rifare. All'avvio dell'azione c'è la pestilenza inviata da Apollo per l'offesa recata al sacerdote Crise. Eliminato Apollo, resta solo che "molte frecce uccisero uomini e animali": ma da chi e perché vengono scagliate queste frecce? L'indovino Calcante afferma: "Il dolore è caduto su di noi" e per risolvere il problema bisogna restituire Criseide al padre. Insomma lo scontro fra Achille e Agamennone, l'ira dell'eroe e la sconfitta degli Achei sarebbero conseguenza di un "dolore caduto su di noi" per molte frecce mortifere (?). Restituita Criseide, spariscono il dolore e le frecce mortali. Non è un'osservazione da realismo di bassa lega: il racconto non funziona al suo interno, l'espunzione degli dei gli ha sottratto un meccanismo fondamentale, così il motore dell'azione resta in aria e l'ossatura laica traballa. Non è vero che emerga il vero volto del poema: il racconto iliadico senza la motivazione divina dell'azione non procede al meglio (il piano di Zeus di sconfiggere i Greci per dar gloria a Achille è una grandiosa concezione che motiva lo svolgersi dei fatti), qualche volta è persino ridicolo: si veda il caso di Paride fuggito da Menelao in occasione del duello (invece che salvato da Afrodite) e poi Elena che lo raggiunge nel talamo non per volere di Afrodite ma di una terribile vecchia che la impaurisce (e salta fuori dal nulla); o l'Achille imbambolato per la strana sparizione dell'avversario.

Un altro aspetto in cui viene fuori l'ambiguità fra il libero traditore e l'azzardato esegeta è quello dei complementi al testo. Baricco dice che sono in corsivo perché il restauro si veda e non ci siano equivoci, a parte il finale che è posto come ultimo capitolo della vicenda: il monologo di Demodoco, preso dall' Odissea , che racconta la caduta di Troia. In verità l' Iliade non vuole affatto raccontare tutta la storia (lo spiega Aristotele nella Poetica ) e neppure la fine della guerra, peraltro ben nota al pubblico, ma questo può essere questione di gusti, un tradimento legittimo: a Baricco può piacere così. Tuttavia c'è un motivo se l' Iliade non va oltre la morte di Ettore: il poema racconta un episodio della guerra decennale durato meno di due mesi e lo dilata alle dimensioni di un poema monumentale, la cui struttura saldamente governata finisce con il ritorno in battaglia dell'eroe e l'uccisione di Ettore. Una precisa scelta poetico-narrativa: il tema non è la guerra di Troia, non è tutta la storia. Perché allora violare la compatta struttura alla fine e non all'inizio? Con la stessa motivazione del "come è andata a finire la guerra", si poteva pensare a raccontare dal principio "come siamo arrivati fin qui": ma non era questo il Kunstvollen del poeta dell' Iliade . Il risultato è squilibrato, persino un po' deforme, a differenza dell' Iliade .

Baricco afferma che le aggiunte "per lo più riportano in superficie sfumature che l' Iliade non poteva pronunciare ad alta voce ma nascondeva tra le righe". Queste piccole derive esegetiche, basate solo sull'intuizione dell'artista, suscitano obiezioni da parte della filologia, questa volta con pieno diritto. Per esempio a p. 18 il pensiero inventato per Criseide - "Potete immaginare cosa fu, poi, la mia vita? Ogni tanto sogno di polvere, armi, ricchezze e giovani eroi (...) e il re dei re butta al vento la sua vita e la sua gente, per me" - forse è criticabile anche perché poco motivato nel racconto, ma certo non è una sfumatura dell' Iliade che abbiamo ritrovato: questo è gratuito. Legittimo costruire così la psicologia dei personaggi, illegittimo far credere che queste siano interpretazioni dell' Iliade . Non ho spazio per aggiungere altri esempi.

Insomma, le debolezze del libro non derivano dal tradimento creativo operato dall'autore, bensì da un residuo di equivoco con un ruolo di interprete che rischia di trascinare l'autore su strade poco felici. Per tradire bene, bisogna farlo fino in fondo, senza far credere di spiegare il vero Omero: riscrivere resta un concetto ambiguo e pericoloso, sia per l'autore che per l'interprete. Ma Omero ringrazia per un'altra pietra del suo eterno piedistallo.

F. Montanari

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La recensione di IBS

Criseide, Elena, Enea, Achille, Priamo, Diomede, Ulisse, Ettore e gli altri famosi personaggi creati dalla tradizione poetica di un lontano passato tornano a raccontare la loro storia, rivolgendosi direttamente ai lettori in un libro che fa rivivere passioni, odi, amori, inganni e battaglie senza tempo. Alessandro Baricco, scrittore innovativo e amante delle sperimentazioni, scompone e ricompone il capolavoro omerico in venti monologhi più uno finale, in cui l'aedo Demòdoco narra l'inganno del cavallo di Ulisse e l'epilogo dell'assedio, episodio originalmente riportato nell'Odissea. Avvalendosi della consulenza della traduttrice Maria Grazia Ciani, Baricco realizza un testo in prosa, più breve dell'originale e scritto in un italiano corrente, una galleria a più voci, che nasce da un progetto di rilettura destinato alla scena teatrale e presentato al Romaeuropa Festival 2004. Riallacciandosi alla dimensione dell'oralità su cui si basava la poetica antica, l'opera si propone quale concentrato di narrazioni in soggettiva: ventun monologhi in cui ogni personaggio fa rivivere fatti, impressioni, sentimenti dal proprio punto di vista e con le proprie parole. Seppur fedele al capolavoro omerico, l'opera presenta un'importante differenza rispetto all'originale: l'eliminazione delle divinità dalla trama. Il moderno autore relega gli dei sullo sfondo mentre il cantore antico li riconosceva grandi protagonisti degli eventi. I veri attori dell'Iliade, raccontata da Baricco sono gli uomini e le donne, sia i vincitori sia i vinti, che con le loro azioni e le loro passioni muovono un mondo complesso, solo apparentemente lontano, ma in realtà molto vicino a quello di oggi. Rivivono in ogni personaggio valori e sentimenti universali, che da sempre fanno parte della natura umana: la pietà, l'odio, la compassione, la voglia di pace, rappresentata dalle figure femminili di Andromaca, Ecuba, Elena, e la forza violenta che si esprime nel conflitto, incarnata da Achille.
Nella rilettura del capolavoro operata da Baricco si percepisce un intenso sapore di attualizzazione, di urgenza morale e civile. Come dichiara l'autore nella postilla sulla guerra che chiude il libro, riscrivere in questo periodo una storia di guerra, anzi un vero e proprio "monumento alla guerra", come viene definita l'Iliade, non è un "dettaglio qualsiasi". Ma può costituire un aiuto importante, per non lasciarsi incantare dal fascino perverso della violenza e per riaffermare l'importanza di una via verso la pace.

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Conosci l'autore

Alessandro Baricco

1958, Torino

Alessandro Baricco è uno scrittore, sceneggiatore, critico musicale e conduttore radiofonico e televisivo italiano. Si laurea in Filosofia a Torino con una tesi in Estetica e studia contemporaneamente al Conservatorio dove si diploma in pianoforte. L’amore per la musica e per la letteratura ispireranno sin dagli inizi la sua attività di saggista e narratore.Come saggista esordisce con Il genio in fuga. Due saggi sul teatro musicale di Gioacchino Rossini (Il Melangolo, 1988; Einaudi, 1997). Castelli di rabbia (Rizzoli, 1991; Universale Economica Feltrinelli, 2007), suo primo romanzo, Premio Selezione Campiello e Prix Médicis Etranger, è un’autentica rivelazione nel panorama della letteratura italiana e ottiene il consenso della critica e del pubblico....

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