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La leggenda dei monti naviganti - Paolo Rumiz - copertina
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La leggenda dei monti naviganti
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La leggenda dei monti naviganti - Paolo Rumiz - copertina
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Descrizione


Un viaggio di settemila chilometri che cavalca la gobba montuosa della balena-Italia lungo Alpi e Appennini, dal Golfo del Quarnaro (Fiume) a Capo Sud (punto più meridionale della Penisola). Parte dal mare, arriva sul mare, naviga come un transatlantico con due murate affacciate sulle onde ed evoca metafore marine, come di chi veleggia in un immenso arcipelago emerso. Trovi valli dove non esiste l'elettricità, incontri grandi vecchi come Bonatti o Rigoni Stern, scivoli accanto a ferrovie abitate da mufloni e case cantoniere che emergono da un tempo lontanissimo, conosci bivacchi in fondo a caverne e santuari dove divinità pre-romane sbucano dietro ai santi del calendario. E poi ancora ti imbatti in parroci bracconieri, custodi di rifugi leggendari, musicanti in cerca di radici come Francesco Guccini o Vinicio Capossela. Un'Italia di quota, poco visibile e poco raccontata. Le due parti - o forse i due "libri", alla maniera latina - del racconto, Alpi e Appennini, hanno andatura e metrica diverse. Le Alpi sono pilastri visibili, famosi; sono fatte di monoliti ben illuminati e percorse da grandi strade. Gli Appennini no: sono arcani, spopolati, dimenticati, nonostante in essi si annidi l'identità profonda della nazione. Questo racconto di "monti naviganti" è cominciato sul quotidiano "la Repubblica" ed è diventato un poema di uomini e luoghi, impreziosito da una storia "per immagini" della fotografa Monika Bulaj, che ha seguito Paolo Rumiz in alcune tappe di questa avventura.
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Dettagli

2007
24 novembre 2008
339 p., ill. , Brossura
9788807017209

Valutazioni e recensioni

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giovanni
Recensioni: 1/5

Rumiz all'inizio del libro dichiara di raccontare una 'traversata' di Alpi e Appennini, lungo l'Italia; invece, per quel che riguarda le Alpi, scrive di luoghi che NON sono Alpi (Dalmazia, Curino) e/o che non sono in Italia (Dalmazia/Croazia, Austria, Monaco di Baviera, Provenza e Nizza); inoltre NON scrive nulla su molte zone delle Alpi in Italia; infatti nel suo libro sono assenti - le Alpi Giulie (provincia di Udine) - il territorio alpino abitato dai Ladini - le Alpi del Piemonte Orientale (tranne Macugnaga) - la Valle d'Aosta (del tutto assente!!!) - le Valli cosiddette 'Valdesi' - le Valli alpine in provincia di Cuneo (tranne la Val Maira e un accenno a Castelmagno) - le Alpi Marittime e Liguri, tra Cuneese e Liguria (del tutto assenti!!!) può bastare?

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n.d.
Recensioni: 5/5

Lo adoro. Lo tengo sempre a portata di mano perché descrive angoli nascosti della nostra Amata Italia ♡

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Vale
Recensioni: 1/5

Non posso dare un vero giudizio su questo libro perché sono riuscita a leggere solo pezzi qua e là. Con questo voto voglio solo mettere in guardia un altro potenziale lettore a cui non piaccia un determinato modo di scrivere, che è il motivo che mi ha impedito di apprezzare lo scritto. L'autore è un giornalista e come tale usa quasi sempre frasi brevi e ad effetto, non di rado polemiche. Certo è uno stile molto diretto che rende subito l'idea ma che io non trovo per niente godibile. All'espressione "anarchica goloseria" dell'orso verso il miele mi sono arresa. Se questo tipo di scrittura vi piace, è un libro che può essere interessante come confermato dalle altre recensioni. Sennò meglio orientarsi verso altri libri di montagna. Per un' equazione montagna=relax o meditazione c'è "Il ragazzo selvatico" di Cognetti, "Walden ovvero vita nei boschi" di Thoreau, o "Fèro, l'uomo dei boschi" di Michael Wachtler. Se invece l'equazione è montagna = vita dura e rude ma vera , i libri di Mauro Corona sono di sicuro tra i più papabili.

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Voce della critica

Paolo Rumiz è un grande reporter, divenuto con il tempo e i viaggi uno dei più lucidi indagatori e narratori dei nostri anni: dal 1986 ha seguito gli eventi sempre più terribili dell'area balcanico-danubiana, scrivendo nel 1996 uno dei libri più preziosi sulla sanguinosa guerra nell'ex Jugoslavia (Maschere per un massacro, Editori Riuniti, 1996); nell'ultimo decennio ha rivolto la propria attenzione verso l'Italia, da esperto qual è sul tema delle Heimat e delle identità: in questo libro approfondisce e arricchisce le impressioni ricevute nel corso di due grandi viaggi, compiuti nel 2003 e nel 2006, lungo le Alpi e gli Appennini, che lo hanno portato a conoscere le "terre del silenzio", un mondo profondamente italiano eppure quasi dimenticato, lontano dai luoghi "della finzione e del frastuono", vivo anche se remoto rispetto all'immaginario nazionale, alla cultura dominante, quasi dimenticato dalla politica e dagli affari; Rumiz si muove, indaga, ascolta con la sua capacità di interrogare e parlare alpinisti leggendari e anziani sconosciuti, sapendo raccogliere da ogni racconto il gusto delle cose, il senso del tempo trascorso e del tempo presente, il loro dialogo incessante in questi luoghi, mentre giù nella pianura domina il tempo futile del presente accelerato, subito inghiottito nell'ansia dell'attualità. È un viaggio ammirato e nostalgico, colmo di stupori e di felici scoperte, d'improvvise illuminazioni e fulminei resoconti, di ricordi, eventi decisivi e storici, verità imbarazzanti e dolorose, capace di mostrare l'incredibile ricchezza di un paese sommerso e dimenticato, ancora in grado di avanzare in un tempo parallelo, più lento e profondo rispetto a quello di città e pianure. Resta il ricordo di luoghi e persone difficili da dimenticare, come Francesco Bider, operaio tessile biellese, che aveva riconosciuto il male nei crimini della guerra di Bosnia, senza poterlo accettare, ed è caduto poi in Kosovo, mentre lottava con gli indipendentisti contro la pulizia etnica serba.   Giovanni Catelli

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La recensione di IBS

È un viaggio speciale quello che Paolo Rumiz ci propone in questo suo nuovo libro fatto di racconti sui popoli e sulle regioni d'Italia, e delle nazioni che la circondano. Speciale perché si muove sulle montagne, lungo le Alpi e la dorsale degli Appennini, ma al tempo stesso parte dal mare della Dalmazia di fronte a Fiume, per concludersi nel punto più meridionale d'Italia, sulla spiaggia di Melito di Porto Salvo, in Calabria. L'inviato di Repubblica si sposta come un navigante che veleggia tra le montagne emerse e ciò spiega il titolo, curioso, La leggenda dei monti naviganti, perché – scrive Rumiz – "per le avventure ci si imbarca, anche quando sono avventure di terra".
Rumiz viaggia in bicicletta, o a bordo della mitica Fiat Topolino 500, quella della canzone di Paolo Conte, incontra storie, personaggi e identità sperdute tra le pieghe dello Stivale, si sofferma su aspetti nascosti che sfuggono agli occhi del turismo di massa, ma anche di quello più elitario. Eremi, santuari, fonti, boschi millenari: un viaggio antropologico variegato che attraversa le vallate subalpine, i passi appenninici, coglie la bellezza dei laghi lombardi e dei colli toscani, si trattiene all'interno di necropoli antiche e si scioglie al sole accecante delle spiagge levantine. La narrazione è intrisa di considerazioni su usi e costumi dell'italica gens, è ricca di incontri umani toccanti, con figure affascinanti di pastori e viandanti, con guide alpine e montanari saggi e isolati, con scrittori come Mario Rigoni Stern, con l'alpinista Walter Bonatti, anche con i cantautori "in cerca di radici" Francesco Guccini e Vinicio Capossela.
Questo possente racconto di uomini e luoghi, cominciato come reportage sulle pagine di Repubblica, vive anche attraverso una storia per immagini della fotografa Monika Bulaj che, insieme ad altri "compagni di strada" come l'attore Antonio Cederna, ha seguito Paolo Rumiz in alcune tappe di questa avventura.

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Conosci l'autore

Paolo Rumiz

1947, Trieste

Paolo Rumiz è scrittore e giornalista triestino, inviato speciale del «Piccolo» di Trieste ed editorialista de «La Repubblica». Esperto del tema delle Heimat e delle identità in Italia e in Europa, dal 1986 segue gli eventi dell’area balcanico-danubiana. Nel 2001 invece segue, prima da Islamabad e poi da Kabul, l'attacco statunitense all'Afghanistan. Vince il premio Hemingway nel 1993 per i suoi servizi dalla Bosnia e il premio Max David nel 1994 come migliore inviato italiano dell’anno. Ha pubblicato, tra l’altro, Danubio. Storie di una nuova Europa (1990), Vento di terra (1994), Maschere per un massacro (1996), La linea dei mirtilli (1993), La secessione leggera (2001), È Oriente (2003), Gerusalemme perduta (2005), La leggenda...

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