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La fortuna dei Meijer - Charles Lewinsky - copertina
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La fortuna dei Meijer
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La fortuna dei Meijer - Charles Lewinsky - copertina
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Descrizione


Nell'Ottocento gli ebrei svizzeri erano confinati in due villaggi. Uno di questi è Endingen, dove vivono felicemente il probo commerciante di bestiame Salomon Meijer e la sua famiglia. Una sera del 1871 alla loro porta si presenta un lontano cugino che afferma di essere stato ferito nella battaglia di Sedan e di volersi stabilire dai suoi unici parenti. Nessuno in quella pacifica casa intuisce quanti cambiamenti porterà quell'estraneo nelle loro esistenze. Perché Janki, così si chiama il giovane, è sì un po' sbruffone, ma ha anche il fiuto degli affari e molto spirito di iniziativa, e quindi nel giro di pochi anni non solo avrà sposato una delle ragazze di casa ma sarà il padrone di un fiorente negozio di stoffe francesi a Baden, la città più vicina. Dopo questo primo sommovimento, seguiremo i membri della famiglia Meijer per oltre settant'anni e quattro generazioni, li vedremo schierarsi nel 1893 contro il primo referendum, vagamente antisemita, della Confederazione, prendere, per opportunismo, decisioni che gettano nell'angoscia tutta la stirpe, e, d'altro canto, pagare a caro prezzo scelte coraggiose e coerenti, capiremo perché un battesimo può impedire l'amore fra due giovani e come sia possibile che, quando il mondo ebraico in tutta Europa verrà scompaginato, un medico omosessuale non più giovanissimo possa trovare del tutto inaspettatamente moglie e due figli.
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Dettagli

2007
6 marzo 2007
912 p., Brossura
9788806184049

Valutazioni e recensioni

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Daniela
Recensioni: 5/5

Quando un libro come questo finisce(e non sono poi molti)provo un po' di dispiacere,come se venissero a mancare un luogo familiare e delle persone care con cui si ha condiviso la vita.E'una caratteristica dei grandi romanzi,di quelli che ti fanno sentire "dentro"la storia raccontata.Da non perdere

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klaus
Recensioni: 5/5

Molto bello. consigliato a chi ama le saghe familiari

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Roberto
Recensioni: 3/5

"La Fortuna dei Meijer" non è "La Famiglia Moskat" e Levinsky non è certo Singer. Verso la fine, quando si arriva all'ultima generazione della famiglia al tempo delle persezuzioni degli ebrei tra le 2 guerre mondiali, ho trovato però illuminanti descrizioni di come agiscono i totalitarismi e di come siano facilmente manipolabili le masse.

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Recensioni

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Voce della critica

Libro borghese, elegante, docilmente sconfinato, il primo romanzo di Lewinsky tradotto in Italia si districa, lungo sapienti orchestrazioni narrative, fra le reti fittissime di una storia che prende l'avvio nella Svizzera del 1871 e si conclude – non senza la speranza di riuscire a procedere oltre – settantaquattro anni più tardi: un arco di tempo sufficiente per sfiorare alcuni dei momenti cruciali che legarono violentemente la vita delle comunità ebraiche alle incombenze storiche di un'Europa macerata da crisi economiche, conflitti bellici e turbe razziali. Eventi macroscopici – come il primo "esperimento" legislativo elvetico con venature antisemite del 1893 (un provvedimento, per inciso, che vietava alle macellerie ebraiche di uccidere gli animali secondo l'antico rito della shekhitah), fino alle leggi naziste degli anni trenta, che accompagnano e a volte confondono le pacifiche stravaganze di una famiglia complessa popolata da quieti patriarchi, scaltri mercanti e donne straordinariamente forti, ironiche e caute, donne il cui sguardo riesce a correre, sempre e comunque, inaspettatamente oltre, come se il destino del mondo – del loro mondo – fosse chiaro fin dall'inizio, fin dai primi passi che un popolo in perenne fuga, in continuo assestamento, ha ostinatamente tentato di muovere da una terra promessa all'altra in cerca di esistenze normali, magari umili, ma senza gli orrori delle ataviche, violente persecuzioni di sempre.
Uno sguardo femminile, che insiste e spinge anche se spesso sottovoce, quasi di nascosto, e non di meno ha la meglio pure sui personaggi apparentemente più forti, sui gesti e sulle parole dei vicini caratteri virili, come ad esempio il mercante Salomon, illustre e compianto capostipite dei Meijer, o lo scaltro Janki, che sposerà Chanele, figlia illegittima del primo e che con lei avvierà una fortunata attività commerciale, o anche François, primogenito di Jankj, che con la sua scelta di convertirsi alla religione cattolica sconvolgerà non poco gli umori della famiglia. Tutti uomini in apparenza fermi, decisi, chiamati a gestire con risolutezza le dure prove che il destino – un destino governato da leggi e ruoli, da scelte difficili e goyim ostili – sottopone al loro nucleo affettivo, e che tuttavia spesso gestiscono con titubanza, un'insicurezza coraggiosa e caparbia, sì, ma comunque flebile e timida come il respiro di una bestia condotta al massacro. E saranno dunque le donne a emergere con maggior vigore, con più incisività (unica, felice eccezione tra i maschi è Arthur, medico omosessuale, che intraprenderà viaggi rischiosissimi nella Germania nazista per salvare una sconosciuta); donne in grado di assistere con occhi lucidi e attenti alle dolcezze e ai dolori di una vita plurale e all'infrangersi di speranze che risorgeranno subito dopo da nuovi orizzonti, da altri mutamenti di prospettiva. Grazie alla placida, severa e spesso divertita ostinazione che le accomuna attraverso i decenni, sapranno essere complici affidabili di mariti, generi, figli e fratelli continuamente in lotta, e con loro proveranno a vincere guerre laceranti contro la perdita di un'identità e del desiderio di pace che può, deve, vuole vivere.
Eppure, per quanto possa apparire strano, considerate le premesse di una partitura in cui gli ostacoli sembrano non terminare mai, La fortuna dei Meijer non è un libro pervaso da disperazione. Il dolore, distribuito lungo le oltre novecento pagine con un controllo quasi scientifico, compare a malapena, viene superato per intensità e numero da sequenze di piccoli affreschi domestici fatti di gesti, oggetti ad alto potenziale evocativo, dialoghi sincopati in grado di tenere insieme la pasta del racconto: una materia che viaggia con leggerezza da favola bene illustrata e con la voce calma di un autore che dimostra di conoscere a fondo le possibilità ammaliatrici nascoste nel colpo di scena bene assestato, nelle descrizioni filologiche di oggetti dal vago sapore proustiano, o in tutte quelle piccole riuscite agnizioni che semina sempre al punto giusto. Il male, quello vero, serbatoio di ferite che plasmando una tragedia metterebbe a dura prova la pace del lettore, se non del tutto assente, appare comunque sedato, posto sullo sfondo come scenografia necessaria ma non centrale (cenni appena abbozzati alle scorribande delle squadre hitleriane, e pennellate molto timide sugli orrori dei lager).
Del resto, non è di miseria e morte che Lewinsky vuole parlare, ma di innocenza e salvezza, una salvezza regalata dalla fortuna di trovarsi in un campo protetto, la neutrale Svizzera, preservato dalle follie di una guerra tutto sommato lontana. Ed è forse questo – l'eliminazione radicale di un dolore assurdo e feroce – a rendere il romanzo piacevole, delicato, avvincente, ma in definitiva innocuo: talmente innocuo da alimentare la sensazione di artificiosità letteraria – un'artificiosità alta, si intende – volta a compiacere troppo lo spettatore in cerca di edulcorate evasioni e semplici, rassicuranti verità.
  Ade Zeno

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Conosci l'autore

Charles Lewinsky

1946, Zurigo

È autore di numerose trasmissioni televisive, di drammi e romanzi. Con Einaudi ha pubblicato La fortuna dei Meijer (2007) e Un regalo del Führer (2014).

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