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Il complotto contro l'America - Philip Roth - copertina
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complotto contro l'America

Descrizione


Quando l'eroe dell'aviazione Charles A. Lindebergh, rabbioso isolazionista e antisemita, sconfigge Franklin Roosevelt alle elezioni presidenziali del 1940, la paura invade ogni famiglia ebrea americana, soprattutto quella del piccolo Philip, investita dalla violenza del pogrom che si scatena. Roth parte da questo antefatto di fantastoria per raccontare cosa accadde a Newark alla sua famiglia, e a un milione di famiglie come la sua, durante i minacciosi anni Quaranta, quando i cittadini ebrei americani avevano buoni motivi per temere il peggio.
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Dettagli

2005
15 marzo 2005
410 p., Rilegato
9788806173173

Valutazioni e recensioni

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Recensioni: 4/5
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Vercovicium
Recensioni: 5/5

Bellissimo romanzo ucronico e distopico.

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Annarita
Recensioni: 4/5

Un bambino ebreo è la voce narrante di questo romanzo nel quale Roth immagina uno scenario alternativo alla rielezione di F. D. Roosevelt durante la seconda guerra mondiale. Gli Stati Uniti non entreranno in guerra e gli ebrei americani vivranno l'angoscia dell'antisemitismo e delle discriminazioni. Durante un viaggio a Washington, città emblema e sede del governo liberale e democratico, avrà inizio il crollo delle certezze della famiglia Roth, osservato dallo sguardo del figlio minore che vive la fine della propria infanzia: scopre la vulnerabilità e fallibilità del padre, il quale è ostinato nella convinzione che l'antisemitismo non possa attecchire nella terra dove i sogni e le speranze si realizzano. Roth, in questo libro verosimilmente autobiografico, racconta le paure della sua infanzia, sia quelle sperimentate da ogni bambino di quella età, sia quelle procurate dalla sua appartenenza religiosa, ma anche le paure della sua famiglia e degli ebrei tutti che in ogni luogo, pure in quello che meglio sembra rappresentare l'optimum della democrazia e delle libertà, sanno di dover temere per la propria sopravvivenza. Da quel momento in poi per la famiglia Roth e la comunità ebraica di Newark e dell'intero paese avrà inizio un triste periodo di inquietudine, di tormentata incertezza, di frustrante impotenza, in cui la speranza e la paura si alterneranno destabilizzando le loro vite e in cui si verificherà ciò che fino ad allora era stato addirittura impensabile. Questo libro reinventa il passato ma il quadro immaginato potrebbe essere collocato anche nel futuro; è un monito, un richiamo alla precarietà degli equilibri sociali e democratici, per ricordare che nulla può essere dato per scontato e con quale facilità il populismo può prendere piede e distruggere in poco tempo e con incredibile semplicità la società dei diritti che crediamo definitivamente acquisita. Spunto originale condotto molto bene fino alla conclusione finale che appare, purtroppo, sbrigativa.

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Andrea
Recensioni: 2/5

Sinceramente brutto. E due volte brutto perchè è di Philip Roth che si sta parlando. Probabilmente uno de più grandi.Ma non questa volta, di sicuro. Delusione

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Recensioni

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Voce della critica

Ci sono compositori poco più che bambini, e pittori che danno il meglio di sé in età quasi decrepita. Con gli scrittori di regola è diverso: prima di padroneggiare l'arte del romanzo ci vuole di solito un bell'apprendistato, e un'energia – un vigore anche fisico – nell'esecuzione, cui non sempre è possibile accedere da vecchi. Non solo: l'invenzione romanzesca (a differenza anche di quella della poesia) è piuttosto insofferente tanto delle ingenuità dell'estrema giovinezza quanto dello sguardo troppo spassionato del disincanto. Il settantaduenne Philip Roth è una felicissima eccezione. Il suo stile era già perfettamente formato fin dal libro d'esordio, Addio, Columbus (1959); nella dozzina di titoli pubblicati fra il subito leggendario Lamento di Portnoy (1969) e il Teatro di Sabbath (1995), la sua carriera ha conosciuto molti più alti che bassi; e i romanzi che Roth ha sfornato in questi ultimi anni sono uno più bello e ispirato dell'altro, Pastorale americana (1997), Ho sposato un comunista (1998), la Macchia Umana (2000), anche il più esile L'animale morente (2001), che è un capolavoro scritto con la mano sinistra, un piccolo miracolo di scioltezza e improvvisazione.

La grande attenzione che la stampa ha riservato al suo ultimo libro sarebbe dunque già quasi interamente giustificata dalla posizione di assoluta preminenza che Philip Roth s'è guadagnato nel mondo letterario americano, e lo vede accolto – unico scrittore vivente oltre al più anziano (e premio Nobel) Saul Bellow – nella prestigiosa "Library of America", la "Plèiade" d'oltreoceano. Ma non basta: a costituire la delizia delle terze pagine, con più d'uno sconfinamento nelle sezione non letteraria di vari quotidiani, c'è il titolo del romanzo, Il complotto contro l'America, fatto apposta per solleticare letture à clef, interpretazioni attualizzanti: di che complotto si tratta, sotto il velame dell'allegoria storica? del complotto di Al-Qaeda e compagni contro la civiltà occidentale? o di quello dell'amministrazione Bush contro le libertà civili americane, quindi mondiali? o del complotto costituito dall'intrecciarsi di questi due, infinitamente più minaccioso della somma della parti?

Se Philip Roth non fosse l'autore che è, potrebbe venire il sospetto che un titolo così sgargiante se lo sia inventato l'editore, per far notizia e incentivare le vendite. No di certo, Roth che bisogno ha d'inchinarsi alle strategie commerciali? D'altro canto, per fortuna – anche se Il complotto è uno dei suoi romanzi più composti e misurati – il creatore di Portnoy e di Zuckerman non ha perso il gusto dello sberleffo: che è più smaccato in altri suoi libri più forsennati, e qui affiora appunto nel titolo e nell'immagine in copertina: un francobollo da un cent, con una veduta del parco di Yosemite (ancora la pastorale americana!), impresso col timbro di una svastica.

Potrebbe esser parte dello sberleffo anche il bellissimo scritto, The Story Behind The Plot Against America, che Roth ha pubblicato sul "New York Times" il 19 settembre 2004, un paio di settimane prima dell'uscita americana del romanzo, un mese e mezzo prima della rielezione di Bush ("un uomo inadatto a gestire un negozio di ferramenta, immaginiamoci una nazione come questa"). Lì, a dispetto della stoccata al presidente guerriero (un'ennesima dimostrazione che "Aristofane sicuramente deve esser Dio"), Roth scoraggia decisamente una lettura del suo libro in chiave di attualità, facendone risalire l'ispirazione al dicembre del 2000 (quando, per intenderci, Bush aveva appena finito di contare i voti della Florida, e l'11 settembre era ancora inimmaginabile), e insistendo piuttosto sulla dimensione storica e autobiografica: "Ci saranno lettori che vorranno considerare questo libro un roman à clef del nostro presente americano. Ma sarebbe un errore. Volevo fare esattamente quello che ho fatto: ricostruire come sarebbe potuto essere il biennio 1940-42 se Lindbergh, invece di Roosevelt, avesse vinto le elezioni del 1940. Non sto facendo finta che quei due anni mi interessino: mi interessano davvero. Furono turbolenti in America perché erano catastrofici in Europa. Ogni mio sforzo immaginativo era diretto a rendere l'effetto di quella realtà con la massima intensità, e non per illuminare il presente attraverso il passato ma per illuminare il passato attraverso il passato. Volevo che la mia famiglia vi si opponesse esattamente come vi si sarebbe opposta se la storia avesse preso la piega che io avevo mostrato nel libro e loro fossero oppressi dalle forze che io gli avevo schierato contro. Forze schierate contro di loro allora, non adesso".

A differenza d'altri romanzi futuristici o di "contro passato prossimo", Il complotto contro l'America non descrive una "distopia" quanto (cito sempre dallo scritto di Roth) una "ucronia": la storia prende una brutta piega, che s'allarga, fa danni e miete vittime, poi grazie a Dio (non Aristofane!) rientra nei binari che sappiamo – riprendendo la sua corsa non certo nel migliore dei mondi possibili, ma comunque in un mondo non brutto come quello che ha rischiato d'esistere. Cosa sarebbe successo se l'eroe della prima trasvolata atlantica, giovane e aitante, decorato da Hitler, antisemita non solo in pectore, fervente isolazionista, con lo slogan "Votate per Lindbergh o votate per la guerra" fosse salito alla Casa bianca mentre la Germania invadeva l'Europa? Gli ebrei americani non se la sarebbero vista orrendamente come i loro fratelli europei, almeno non subito. Ma l'antisemitismo già serpeggiante (magnifico il secondo capitolo, in cui Herman Roth, il padre del narratore, investe due anni di risparmi in una vacanza-pellegrinaggio a Washington con la famiglia, solo per farsi insultare come "fanfarone ebreo") fa presto a organizzarsi sotto gli auspici governativi: dapprima con un programma di lavoro estivo per giovani ebrei (come Sandy, il fratello del Philip) presso famiglie di agricoltori di ceppo provatamente ariano, poi con la dislocazione di intere famiglie ebree, saldamente urbane, in aree rurali tradizionalmente razziste: il Ku Klux Kan non aspetta altro, e prima che Lindbergh molto appropriatamente sparisca nei cieli, negozi e abitazioni vengono distrutte, e il sangue è versato.

Roth si muove magistralmente dal piano della storia pubblica a quello della storia privata, e quanto più il primo è plausibilmente deformato tanto più il secondo è riconoscibile e domestico, onorato nella misura d'una sua indefessa decenza. Calato in un inferno fantastico ma affatto verosimile, ambientato in gran parte nella nativa Newark, il Complotto contro l'America è forse il romanzo più serenamente autobiografico di Roth: un Lamento di Portnoy dove il grottesco, monopolizzato dalla storia, lascia indenni – e molto più umane – le figure familiari dei genitori e della gente comune (come, per fare un solo esempio, nella scena in cui Philip bambino si chiude per sbaglio in gabinetto, poi non riesce a uscire ed è preso dal panico finché la madre d'un amico non accorre a "salvarlo", che sembra una rivisitazione in chiave amorevolmente "eroica" della famigerata pagina in cui Portnoy si chiudeva in bagno a masturbarsi, con sua madre fuori a batter sulla porta e raccomandargli di non tirare lo sciacquone).

Perché il libro è anche – a dispetto e forse in difesa della storia impazzita – un classico "romanzo famigliare" (anche nel senso freudiano dell'espressione): dove alle solitudini dell'infanzia un bambino reagisce cercando di fuggire di casa, fantasticando d'essere orfano; mentre un altro, più tragicamente, si ritrova davvero orfano di padre e di madre nel giro di pochi mesi; e forse un altro ancora, il figlioletto di Lindbergh, che nella storia vera fu rapito e ucciso a due anni, nella "controstoria" di Roth – o meglio nella ridda di speculazioni che ne conseguono – potrebbe essere sopravvissuto, allevato in Germania con la più scelta gioventù nazista, del tutto ignaro dei suoi veri genitori, e del complotto che – forse sotto ricatto, per garantirgli l'incolumità – essi ordivano contro l'America.

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La recensione di IBS

Insuperabile cantore della società americana, di cui smaschera impietosamente le profonde contraddizioni e ipocrisie, Philip Roth, premio Pulitzer 1997, autore del Lamento di Portnoy, Pastorale americana, La macchia umana e molti altri libri di successo, immagina in questo suo nuovo romanzo una controstoria degli Stati Uniti che avrebbe potuto cambiare il mondo. La vicenda, ambientata nel New Jersey degli anni Quaranta, ruota attorno a una famiglia di ebrei sconvolta dal dilagare del nazismo, non solo nel mondo ma anche nel proprio Paese. Nella finzione narrativa accade infatti che il noto aviatore, Charles Lindbergh, si candidi alle elezioni presidenziali tra le file dei repubblicani e rimpiazzi alla Casa Bianca Franklin D. Roosevelt. Animato da sentimenti antisemiti e filonazisti, Lindbergh è un fervente isolazionista che accusa gli ebrei di costituire un pericoloso gruppo di potere che cospira per coinvolgere l'America in una guerra a lei estranea. Per i Roth, padre assicuratore, madre casalinga e due figli adolescenti, la situazione si fa delicata: dietro l'angolo si profila un futuro autoritario e razzista in cui la discriminazione rischia di affondare i valori di convivenza civile che fino ad allora gli Stati Uniti si erano impegnati a salvaguardare. Dopo una serrata girandola di eventi, il quadro precipita verso l'eterna paura.
Muovendosi abilmente tra "fantastoria" e autobiografia, Il complotto contro l'America è un romanzo che coniuga personaggi ed eventi reali a risvolti immaginari che mostrano le nefaste conseguenze dell'odio razzista. Impossibile non cogliere i numerosi riferimenti autobiografici che costituiscono la fonte primaria di ispirazione del romanzo, anche se accanto al piccolo Philip al fratello Sandy e ai genitori, Herman e Bess, (reali componenti della famiglia dello scrittore) si scorgono figure inventate, come la zia materna Evelyn, che finirà per legarsi al governo in carica, o il rabbino Belgelsdorf, esponente della comunità ebraica che avvalla la politica della Casa Bianca. Questi personaggi, insieme alla folla di protagonisti della storia dell'America e del mondo in quegli anni di guerra, danno vita a una romanzo corale in cui Roth, con l'abilità del grande romanziere e attenzione alle sfumature del racconto e all'approfondimento psicologico dei personaggi, tratteggia l'affresco di una società che acquista le sembianze di incubo.

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Conosci l'autore

Philip Roth

1933, Newark, New Jersey

Philip Roth (Newark 1933 - Manhattan 2018) è stato uno scrittore statunitense. Figlio di ebrei piccolo-borghesi rigorosamente osservanti, ha fatto oggetto della sua narrativa la condizione ebraica, proiettata nel contesto urbano dell’America dell’opulenza. I suoi personaggi appaiono vanamente tesi a liberarsi delle memorie etniche e familiari per immergersi nell’oblio dell’attualità americana: di qui la violenta carica comica, ironica o grottesca, che investe anche le loro angosce. Dopo un primo, felice romanzo breve, Addio, Columbus (1959), e i meno incisivi Lasciarsi andare (1962) e Quando Lucy era buona (1967), Roth ha ottenuto la celebrità con Lamento di Portnoy (1969).Dopo Il grande romanzo americano (1973, riedito in Italia da Einaudi nel...

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