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I nuovi limiti dello sviluppo. La salute del pianeta nel terzo millennio
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I nuovi limiti dello sviluppo. La salute del pianeta nel terzo millennio - Donella Meadows,Dennis Meadows,Jorgen Randers - copertina
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nuovi limiti dello sviluppo. La salute del pianeta nel terzo millennio

Descrizione


Nel 1972 tre giovani scienziati del celebre MIT di Boston pubblicarono un rapporto destinato a fare epoca. Si intitolava "I limiti dello sviluppo" e nel giro di poco tempo diventò un bestseller assoluto. In quel saggio gli autori, pionieri delle scienze informatiche, gettavano uno sguardo verso il futuro e, grazie a modelli di calcolo computerizzati, riuscivano per la prima volta a mostrare in modo inequivocabile le conseguenze della crescita incontrollata su un pianeta dalle risorse non infinite. Trent'anni dopo, armati di strumenti informatici ben più raffinati e di una mole enorme di dati statistici, quegli stessi autori si sono riuniti per lanciare ancora il loro grido d'allarme. Con uno stile semplice e piano e con rigore scientifico i tre scienziati non possono fare altro che confermare le previsioni di trent'anni fa, e metterci in guardia sui devastanti effetti dell'azione umana sul clima, la qualità delle acque, la biodiversità marina, le foreste e tutte le altre risorse naturali. Prima che sia troppo tardi.
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Dettagli

2006
Tascabile
26 settembre 2006
386 p., Brossura
9788804559016

Valutazioni e recensioni

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Massimo
Recensioni: 5/5

Probabilmente il miglior "punto della situazione". Chiaro, appassionato, scientifico, assolutamente non ideologico. Una lettura indispensabile per capire dove stiamo andando.

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Meco
Recensioni: 5/5

Un saggio in cui il linguaggio è tecnico, ma facilmente intellegibile a chiunque abbia la curiosità di sapere e la volontà di slegarsi dai molti dogmi che sono stati predicati nella società degli ultimi decenni. Illuminante e fondamentale.

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AG
Recensioni: 5/5

Splendido libro, istruttivo e illuminante. Fondamentale per capire il futuro.

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Recensioni

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Voce della critica

Luciano Gallino (vedi qui accanto) dubita della capacità della scienza di sviluppare modelli sufficientemente complessi per affrontare in maniera adeguata le conseguenze dello sviluppo tecnologico. Il libro qui presentato è in un certo senso una sfida a questo giudizio.
Nel 1972 i tre autori pubblicarono un libro che ebbe notevole risonanza, I limiti dello sviluppo. Nel 1992 aggiornarono il loro progetto di ricerca e pubblicarono la seconda puntata, Oltre i limiti dello sviluppo: ora siamo alla terza. Negli anni, hanno costruito un modello che incorpora una grande messe di dati relativi alla produzione alimentare, ai livelli dei consumi, all'inquinamento, ai tassi di natalità e altro ancora, sufficientemente flessibile da consentire di verificare come si comporterebbe il sistema-mondo così simulato, se si modificano uno o più parametri, fra venti, cinquanta o cento anni. Da una serie di più di dieci simulazioni emerge che, a meno di alcune scelte che andrebbero effettuate su scala planetaria, la crescita esponenziale che caratterizza il nostro mondo porterà a un collasso, con drammatiche riduzioni delle aspettative di vita, della quantità di alimenti e di servizi disponibili, della produzione industriale, ecc. Se escludiamo l'ipotesi che il pianeta offra risorse infinite e possa assorbire livelli infinitamente crescenti di inquinamento (bello, vero?), le scelte necessarie comporterebbero la stabilizzazione a due del numero di figli medio per famiglia; un limite al prodotto industriale pro capite; lo sviluppo di tecnologie che ottimizzino l'uso delle risorse, riducano le emissioni inquinanti e l'erosione dei suoli aumentando le rese della terra. Attenzione: sempre secondo il modello, basta non fare una di queste sagge scelte e il sistema non reggerà.
A questo approccio sono state avanzate molte obiezioni. La più ovvia, e diffusa, è che questi sono solo dei menagramo: dopo più di trent'anni siamo ancora qui, e la crescita aumenta. Lasciamo perdere. In realtà gli autori sono tutt'altro che degli allarmisti e sono animati dalla convinzione che ci siano tutti gli strumenti per correggere la rotta. Esemplare, da questo punto di vista, è il capitolo dedicato al buco dell'ozono: un esempio, secondo gli autori, di come la comunità internazionale possa rivedere le proprie scelte produttive, anche grazie al ruolo della comunità scientifica (e qui sta la differenza con Gallino). D'altra parte, il modello è molto attento agli inevitabili condizionamenti mentali, e cerca di tenerne conto con grande onestà.
Si può avanzare un'altra obiezione di fondo, meno ovvia: il modello non incorpora, per scelta esplicita, alcune caratteristiche non banali del mondo reale, come il fatto che ci siano enormi sperequazioni nei consumi, che gli equilibri politici si reggano su guerre e distruzioni, che tutto ciò abbia cause strutturali. Colpisce come dal modello sia escluso del tutto il ruolo del conflitto come motore del cambiamento. In questo quadro, un appello alla limitazione della crescita, se non alla decrescita, può essere letto come un tentativo di mantenere le attuali ineguaglianze nell'accesso alle risorse. Anche se gli autori ribadiscono che senza eliminazione delle sperequazioni non si può garantire la sostenibilità, il modello sarebbe più interessante se provasse a simulare riduzioni e crescite locali.
Altri punti significativi di convergenza rendono utile affiancare i due libri: fra gli altri, la velocità del cambiamento come fattore critico che modifica qualitativamente il nostro impatto sul sistema-mondo; la necessità che le decisioni non siano prese solo dai cosiddetti esperti, ma coinvolgano i soggetti sociali interessati. Anche chi pensa che un'inversione di rotta verso un mondo meno diseguale e più sostenibile ponga in primo luogo il problema di radicali cambiamenti nei rapporti di potere troverà in questo libro e nel modello che esso descrive uno strumento indispensabile.
  Davide Lovisolo

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