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Anno edizione: 2019
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Ho trovato i due brevi racconti profondamente diversi. "La mite" non é riuscita a conquistarmi, sarà anche una delle opere migliori di Dostoevskij, ma, insensibilmente, non sono riuscito a provare particolari emozioni vedendo scorrere la vicenda di questo marito misantropo che porta all'esasperazione suicida la giovane moglie. Viceversa sono rimasto molto toccato da "Il sogno di un uomo ridicolo", che ho automaticamente collegato, vista la recente lettura, alle "Memorie di un pazzo" di Gogol. Se però quest'ultimo presentava degli aspetti così grotteschi da indurre ad un sorriso amaro, di quest'uomo ridicolo non si riesce proprio a sorridere. L'analisi spietata delle ultime azioni che dovrebbero precedere il suicidio, la prospettiva quasi "buddista" della scomparsa del mondo con la propria scomparsa sono stati momenti di lettura emozionata. Poche pagine, ma intense.
Recensioni
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L'amore e l'impossibilità di rivelare i propri sentimenti, il bene e il male, l'orgoglio, l'egoismo, il coraggio e l'umiltà... I due brevi racconti contenuti in questo volume rappresentano non solo uno straordinario esempio di introspezione psicologica, ma anche una radicale esposizione degli aspetti più profondi ed essenziali della vita stessa. Ne La mite, apparso per la prima volta nel 1876 e giustamente considerato uno dei suoi capolavori, Fedor Dostoevskij tratta in modo completamente nuovo il tema del suicidio, facendo narrare una dolorosa vicenda familiare da un marito meschino e grossolano che tuttavia, a poco a poco, riesce a riconoscere le sue colpe nei motivi che hanno spinto la giovane moglie a togliersi la vita. Nel racconto fantastico Il sogno di un uomo ridicolo lo scrittore cerca invece di rappresentare una società utopica, una nuova età dell'oro resa possibile dalla bontà e dalla fraternità, regalandoci un messaggio di speranza innocente e bellissimo. Due gemme di immutato splendore da uno dei massimi scrittori della letteratura di tutti i tempi.
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