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Il signor figlio - Alessandro Zaccuri - copertina
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signor figlio

Descrizione


Un padre e un figlio. Uniti dalla scrittura, divisi dall'arte. Perché il genio non rispetta l'ordine tra le generazioni e un figlio può eccellere in regioni destinate a rimanere sconosciute al padre, non lasciando scelta tra il conflitto e la sottomissione. A meno che in questo contrasto tutto maschile non intervenga lo sguardo visionario di una madre capace di arrendersi al mistero di cui ogni figlio è portatore. Ne sa qualcosa l'uomo che, nella Londra di metà Ottocento, si presenta come il conte Rossi. In Italia, molti anni prima, è stato un poeta in continuo duello con il padre. Adesso è soltanto un erudito bizzarro e solitario, dedito alla costruzione di un'opera enigmatica e indefinibile. Ma chi è davvero il conte Rossi? Quale segreto custodisce? Lo scoprirà, suo malgrado, un pittore alle prime armi, finito quasi per caso nella soffitta in cui l'italiano vive rintanato. E da quel momento la storia di Monaldo e Giacomo Leopardi confluirà in quella di Rudyard Kipling e di suo padre John, in attesa dello scioglimento al quale presiede fuori dal tempo e dallo spazio - Cécile, la madre poetessa del compositore Olivier Messiaen.
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Dettagli

2007
23 gennaio 2007
335 p., Rilegato
9788804537427

Valutazioni e recensioni

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Recensioni: 3/5
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salvatore
Recensioni: 4/5

Per un periodo della mia adolescenza sono stato un fan di Giacomo Leopardi. Siccome dalla "fandom" non si esce mai completamente, appena ho saputo di questo romanzo ho capito che dovevo leggerlo. Il concetto? Semplice e geniale: Leopardi come Jim Morrison. Non morì a Napoli nel 1837, come ancora oggi si trova scritto nei manuali di letteratura, ma approfittò dell'epidemia di colera per inscenare la propria morte e imbarcarsi in incognito come mozzo su di un veliero con destinazione Londra, dove lo ritroviamo sotto le mentite spoglie del conte Rossi, verso la metà del secolo, a dare lezioni di hindi e sanscrito al padre di Rudyard Kipling. Se tutto questo non dico vi appassiona ma almeno vi incuriosisce, vi consiglio il libro. Altrimenti, no. Io l'ho letto in meno di due giorni e trovo che Zaccuri sia riuscito a creare una notevole suspence, soprattutto nelle ultime, incalzanti cento pagine che mi hanno addirittura entusiasmato. Ma se l'argomento vi sembra futile o bislacco, lasciate perdere.

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picus
Recensioni: 2/5

Molto interessante l'idea alla base del romanzo, ma l'erudizione e la filologia finiscono per soffocare progressivamente il piacere di leggere e, soprattutto, per pregiudicare la fluidità narrativa. La costruzione dell'intreccio appare un po' forzata, quasi che l'autore voglia far quadrare a tutti i costi i conti e puntare tutto sui contenuti. Bravo, diremmo ad uno studente, hai studiato tutto il programma! Ma l'arte di raccontare è tutt'altro. Forse l'aspetto più tedioso nella lettura è proprio quello didascalico. L'autore non si accontenta di "aver studiato tutto il programma", ce lo vuole illustrare pedissequamente nella sua interezza. Così ad ogni citazione latina o poetica segue impeccabile la chiosa erudita, a tratti pedante. Ma il libro perde l'occasione di farsi romanzo-saggio per qualificarsi invece come romanzo didascalico. Dietro l'erudizione ostentata anche i personaggi perdono anima e consistenza narrativa: di Leopardi ci sono solo i suoi libri, i suoi scritti meno noti al grande pubblico, le sue idiosincrasie, solo a tratti emerfe l'uomo con la sua carica titanica. L'accostamento della figura di Olivier Messiaen accanto al poeta pare poco più che un pretesto: i fili che fino ad un centro punto si intrecciano nel romanzo si sdipanano nella parte conclusiva, così che il lettore può scegliere (quasi in una storia a bivi da fumetto) quale delle due portare a termine. Personalmente ho scelto per quella di Giacomo, ma senza grande soddisfazione. Non avrò colto un livello simbolico di lettura? Nel professato amore di Giacomo per i libri anche a costo della vita, così come emerge nel finale del romanzo, si cela forse un regresso all'infanzia del poeta, all'età dell'erudizone, prima della "conversione filosofica" (visto che di Leopardi "filosofo" non c'è nulla nel libro)? O si tratta di una rilettura postmoderna e borgesiana di Leopardi? Anche questo l'autore, così in vena di didascalie, avrebbe potuto spiegarcelo.

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gianni
Recensioni: 3/5

Le motivazioni che stanno alla base di questo libro di Zaccuri sono sicuramente interessanti e non facilmente esauribili (la problematicita' del rapporto padre-figlio, la figura della madre-Grande-madre etcetc) ma e' triste constatare che gli interessi di tipo storico-filologico dell'autore abbiano sopraffatto il romanziere che, in ogni caso, non si puo' dire sia il Manzoni!! Al termine della lettura di questo romanzo, cosi' e' definito dal sottotitolo, nessuna immagine si imprime nella mente del paziente lettore, resta soltanto un senso di confusione e di divagazione intellettualistica..... e' un peccato, da quel che avevo letto a proposito di questo lavoro mi aspettavo davvero qualcosa di meglio.

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Conosci l'autore

Alessandro Zaccuri

1963, La Spezia

Vive a Milano, dove lavora nella redazione culturale del quotidiano "Avvenire". Ha pubblicato i libri Citazioni pericolose: il cinema come critica letteraria (Fazi, 2000) e Il futuro a vapore: l’Ottocento in cui viviamo (Medusa, 2004) e il reportage narrativo Milano, la città di nessuno (L’Ancora del Mediterraneo, 2003), ispirato alla figura di Luciano Bianciardi. Con il romanzo Il signor figlio (Mondadori, 2007) è stato tra i finalisti del premio Campiello. Nel 2008 ha pubblicato un romanzo intitolato Infinita notte (Mondadori). Nel 2017, con il romanzo Lo spregio (Marsilio, 2016) vince il Premio Mondello Giovani.Collabora alle riviste "Letture" e "Lo Straniero".

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