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Descrizione


Spericolati equilibristi, maestri di cerimonie, domatori di leoni, mangiatori di spade, forzuti sollevatori di pesi, ma anche foche amaestrate, pantere, canguri e persino un unicorno. Basta del fil di ferro e qualche straccio (e il genio di due grandi artisti) per dare vita a un circo tascabile. Cirque Calder raccoglie una selezione di fotografie scattate da Ugo Mulas al "Cirque", opera giovanile del grande scultore americano Alexander Calder. Il Cirque Calder, realizzato tra il 1926 e il 1931, è costituito da piccole sculture, figure umane, animaletti, costruiti con filo metallico, spago, gomma, stracci ed altri oggetti di recupero, che lo stesso Calder utilizzava e metteva in scena per dar vita a spettacoli improvvisati. L'amicizia tra Calder e Mulas, nata all.inizio degli anni 60, porterà alla realizzazione tra il 1963 e 1964 di questa serie fotografica di enorme delicatezza. Completa il libro un testo di Valerio Dehò. Cirque Calder è il volume che accompagna la mostra "Ugo Mulas Circus Calder", curata da Valerio Dehò e organizzata da Merano Arte in collaborazione con l'Archivio Ugo Mulas di Milano e la Biblioteca Civica di Merano con "ÓPLA!", archivio del libro di artista per bambini.
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Dettagli

2014
1 gennaio 2014
104 p., ill. , Brossura
9788875704339

Voce della critica

 
“Calvinista” della fotografia, Ugo Mulas lo era anche nella camera oscura, nella riflessione teorica e nel libro fotografico. Il lavoro che dedicò al suo fraterno amico Alexander Calder non gli piacque, perché la fotografia ha bisogno del suo spazio e la pagina non sempre lo può rispettare. Un piccolo ed elegante volume fotografico mostra come Mulas abbia studiato minuziosamente il percorso, allo stesso tempo un gioco e un lavoro, che per Calder portò alla prima conquista dello spazio. La storia del circo di Calder ha la semplicità profonda delle cose infantili. Ancora bambino, era stato incoraggiato a fabbricare giocattoli per sé e per la sorella e più tardi a studiare ingegneria meccanica, entrambe esperienze utili per diventare un artista sui generis. A ventotto anni, nel 1926, parte per Parigi, dove si dà da fare per guadagnarsi da vivere con il suo talento; fabbrica alcuni animali, ognuno con un solo filo di ferro (aveva imparato a disegnare senza staccare la matita dal foglio), e anche Josephine Baker e un pugile nero con cappello a cilindro. In breve si costruisce un piccolo circo fatto di materiali rimediati (fil di ferro, legno, sughero, stracci colorati): entra tutto in due valigie che si porta dietro tra Parigi e l’America. Dopo un rullo di tamburi, iniziavano le esibizioni, del sollevatore di pesi, della ballerina dal tutù di carta di caramella, con il leone e gli acrobati azionati da fili metallici, al suono di un grammofono. Finalmente gli propongono una mostra, la sua prima mostra, dove mette in vendita i suoi giocattoli a dieci o venti dollari. Il circo è stato visto come la premessa dei mobiles, le magiche sculture dinamiche che lo resero famoso e che dei suoi circensi conservano la leggerezza e l’umorismo. Calder piega gli elementi (gli scarti) della modernità industriale alla sua fantasia, a un gioco infantile, rende naturali e vivi i movimenti meccanici, porta a modo suo il mondo moderno dentro l’estetica. Ma le sue figurine fragili ed espressive, curate nel dettaglio, non sono una polemica negazione dell’arte e del museo tradizionali (le performance si tenevano a casa di amici), né una descrizione malinconica del mondo del circo; il suo circo è puro divertimento. Secondo Mulas il suo giocare con gli elementi non ha a che fare con l’automatismo dei surrealisti, ma è “un modo molto tipico di giocare con la fortuna, con il caso”. Di molti artisti Mulas ha saputo cogliere lo spirito in poche foto, del suo amico “patriarca un po’ ironico, un po’ burlone” avrebbe voluto fotografare tutto, certamente con il consueto perfezionismo: possiamo credere allora di trovarci davanti al vero circo di Calder.
 
 
GABRIELE D’AUTILIA
 
 

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