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Circe. Il romanzo di Maria Tarnowska - Annie Vivanti - copertina
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Circe. Il romanzo di Maria Tarnowska - Annie Vivanti - copertina

Descrizione


"Circe. Il romanzo di Maria Tarnowska" è un'opera non più editata da tempo. Appartiene all'età matura della Vivanti. L'inevitabilità di un destino prescritto e il mito della teatralità femminile dominano la scena. Ci troviamo a Kiev, nel parco della sfarzosa villa del conte Paolo Stahl. Maria Nicolaieva Tarnowska si sta esercitando al tiro con la carabina e quando il tenente degli ulani Stefano Bosewsky le dichiarò il suo amore, lei rispose: "Allora datemene la prova: mettete la mano davanti alla canna del fucile!". E lui lo fece. La bella e giovane donna tirò il grilletto. Il tenente si ritrovò una mano bucata. A questo punto il conte Vassili Tarnowsky, marito della suddetta Tarnowska, sospettando una tresca, sfidò a duello il sanguinante tenente Bosewsky. La carriera di donna ammaliatrice, però, finì male per Maria che terminò la vita in prigione, perché non tutti gli spasimanti furono fortunati come il tenente Bosewsky. "Circe. Il Romanzo di Maria Tarnowska" è un romanzo-confessione della contessa da cui si deduce che la sua vita e quella di Annie Vivanti terminarono in maniera diversa solo per l'intervento del caso.
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Dettagli

2011
29 settembre 2011
224 p., Brossura
9788887734362

Voce della critica


Quando, nel 1912, Annie Vivanti pubblica Circe, ispirato alle memorie di Maria Tarnowska, protagonista nel 1910, a Venezia, di un drammatico caso giudiziario, è l'autrice di un romanzo recente di grande successo, I divoratori. Molti ricordano allora i suoi esordi poetici, sotto l'egida di Carducci, nel 1890; pochi invece sanno che durante il suo soggiorno, quasi ventennale, negli Stati Uniti si è affermata come autrice di novelle. È una professionista della scrittura, efficiente e versatile; lo dimostrerà trasformando in un romanzo accattivante gli appunti che la contessa russa ha scritto a matita, nel suo stentato italiano, in un quaderno destinato agli avvocati difensori. Attraverso il prisma della scintillante scrittura vivantiana, la vicenda sinistra di Maria Tarnowska si trasfigurerà completamente; diventerà la discesa agli inferi di una donna inconsapevole del proprio fascino distruttivo e straziata dalla nostalgia di un'impossibile vita normale.
Maria Tarnowska aveva dominato la scena del processo con la sua sconvolgente bellezza, ma era stata condannata per un intrigo alquanto sordido. Fidanzata, dopo il divorzio dal primo marito, con un vedovo, il conte Kamarovsky, lo aveva convinto a stipulare una ricca assicurazione sulla vita a suo favore. Poi, con la complicità di un suo antico amante, l'avvocato Prilukoff, aveva messo in atto un piano diabolico. Aveva sedotto un amico di Kamarovsky, un certo Naumoff, e l'aveva persuaso, per amor suo, a uccidere il conte. L'instabile Naumoff aveva effettivamente sparato a Kamarovsky, allora residente a Venezia, senza peraltro riuscire a ucciderlo (l'uomo sarebbe poi morto in ospedale, per le disposizioni deliranti di un chirurgo impazzito). Aveva in seguito reso ampia confessione alla polizia e la contessa e Prilukoff erano stati arrestati a Vienna. Processata a Venezia, la contessa fu condannata, con le attenuanti dell'"isterismo" e della tossicomania, a otto anni e quattro mesi, e poi rinchiusa nel carcere di Trani, dove Annie Vivantiandò a trovarla e conversò lungamente con lei.
Riferendosi al periodo del processo, Maria Tarnowska confida alla scrittrice di ricordarlo "come un'epoca di sogno"; "ma tutta la mia vita – aggiunge poi – credo sia un sogno". È questa affermazione a offrire ad Annie Vivanti quella che sarà la chiave del racconto, sotto il profilo estetico come sotto quello morale. Come in sogno, Maria Tarnowska ha vissuto, giovanissima, la schiavitù di un matrimonio avvilente, ha visto uno dei suoi primi amanti ucciso a tradimento dal marito, ha vagato per l'Europa ricorrendo alla protezione di uomini che non meritavano la sua fiducia. Immagini di sogno e d'incubo scandiscono la narrazione: se a p. 30 l'eroina incede, incoronata di rubini, mentre la musica tzigana la lambisce come una fiamma, a p. 91 uno dei suoi amanti la trascina in un teatro anatomico perché veda il cadavere di un altro uomo morto per lei. Sola certezza, la pietas della narratrice; di Annie Vivanti, che sa riconoscere, nell'avventuriera esecrata da tutti, la piccola collegiale che credeva di aver accolto nel grembiule una nidiata di rondini, e si era trovata a liberare, con orrore, uno stormo di viscidi pipistrelli.
Mariolina Bertini

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Conosci l'autore

Annie Vivanti

1866, Londra

Annie Vivanti, pur essendo nata a Londra, è considerata una scrittrice italiana. Figlia di un garibaldino esule a Londra, si stabilì giovanissima in Italia per studiarvi canto. Nel 1890 pubblicò una raccolta di versi (Lirica) con una prefazione di G. Carducci, che le dedicherà alcune poesie, fra cui la celebre Ad Annie. Ancora nel 1891 ottenne un notevole successo col romanzo autobiografico Marion, mentre nel 1898 si cimentò senza fortuna nel teatro, con la commedia La rosa azzurra. Quindi tacque per molti anni, durante i quali condivise le peripezie del patriota irlandese J. Chartres, divenuto suo marito nel 1902. Riapparve sulla scena letteraria italiana nel 1911, col romanzo I divoratori, cui seguirono Circe (1912), Vae victis! (1917), Naja tripudians...

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