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Descrizione


Anni Trenta: un uomo, un giovane scienziato ebreo di cui due sorellastre, Isabella e Margot, sono entrambe innamorate. La serenità di un tranquillo rifugio in Svizzera non riesce a cancellare gli orrori della guerra e delle persecuzioni razziali, né a evitare una violenta ribellione contro il ricatto, una scomparsa misteriosa e un epilogo che è un sorprendente antefatto.
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Dettagli

1997
Tascabile
4 giugno 1997
9788817106023

Valutazioni e recensioni

3/5
Recensioni: 3/5
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antonella
Recensioni: 2/5

Romanzo così così. Toccante la parte riguardante la persecuzione razziale. Riesce comunque ad essere angosciante in ogni sua parola. Non indicato per chi è depresso. Chi non lo è potrebbe diventarlo.

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francesca
Recensioni: 3/5

bella storia anche se a tratti un po' cruda. mi resta un dubbio sul finale. spero che qualcuno mi aiuti a capire.

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giulia
Recensioni: 4/5

secondo me è un libro molto particolare: la storia si sviluppa attorno alla descrizione dei sentimenti dei personaggi,le emozioni che essi provano o che provano le persone che a loro stanno accanto ( attraverso Lorenza x esempio) e l'importante non è più la trama in se stessa ma l'universo intimo di ognuno dei protagonisti.

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Recensioni

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Voce della critica


recensione di Roat, F., L'Indice 1995, n. 8
recensione pubblicata per l'edizione del 1995

Ritengo che siano le categorie interiori del tempo e dello spazio le autentiche benché astratte protagoniste dell'ultimo romanzo della Loy, non già questa o quella tra le figure di donne che grazie a tali parametri tracciano lungo il romanzo il grafico della loro vita affettiva. In altri termini, che in primo piano stiano le modalità in cui la dimensione del tempo è esperita da parte dei personaggi femminili (qui gli uomini sono deuteragonisti, quando non si riducono a comparse, a occasioni narrative; oserei dire: a pretesti) nei vari luoghi chiusi in cui è ambientata una storia, che in "Cioccolata da Hanselmann" è tale nei due paradigmi di accadimento individuale e collettivo. O, meglio ancora, si traduce nell'aspetto di una variegata storia formato minimo che ci viene narrata sullo sfondo di un evento macroscopico quale la seconda guerra mondiale: la dimensione spazio-temporale si dilata al massimo per contrarsi a intervalli nella sistole di questo o quel dramma privato il cui scenario è poi sempre quello del microcosmo familiare, tanto caro all'autrice.
Sono infatti i luoghi chiusi e protettivi della casa quelli in cui fioriscono ed esplodono - paralleli ma sfalsati temporalmente - l'amore e il disamore nei confronti dello stesso uomo (Arturo, scienziato e professore ebreo, vittima delle leggi razziali del '38) da parte di due sorelle, Isabella e Margot. Il giovane Arturo viene ospitato e protetto prima dall'una, quindi a distanza di qualche anno dall'altra: ora a Roma prima dello scoppio della guerra, ora in Svizzera durante il conflitto. E al mondo maschile - lo spazio elettivo del quale, eminentemente extra-domestico, sembra abitato solo dall'aggressività, anche quando essa può apparire giustificata come nel caso della Resistenza - si contrappone quello femminile, casalingo e accogliente, le cui parole d'ordine vorrebbero solo declinarsi all'insegna della "misericordia" e della "pietà", che Arturo respinge in quanto non accetta di sentirsi vittima. Del resto il modo di vivere i tempi e i luoghi della relazione fra le due donne e l'uomo non potrebbero essere più dissimili: intessuto di continuità e presenza il primo, la cui cifra sembra essere agape, non già eros; emblematico d'un certo maschilismo (seppure alquanto stereotipato) fatto di conquiste a ripetizione e sesso, il secondo.
Una terza figura ha il compito di attraversare il tempo e lo spazio di questa vicenda in qualità di testimone. Si tratta di Lorenza, rispettivamente figlia e nipote delle due sorelle. Lei tenterà di ricomporre il mosaico spezzato della propria storia famigliare. Lei soprattutto dovrà confrontarsi con il tempo e con le vane percezioni di esso, cangianti col mutare delle varie stagioni della vita.
Ma la diversa percezione del tempo si accompagna fatalmente a quella dello spazio. La villa svizzera è prima scenario di spassi infantili, poi diviene teatro d'amore, quindi luogo estraneo da rifuggire. E una casa che anni prima è giudicata un "rudere" da Margot-ragazza, diviene successivamente il "luogo" preferito da Margot-adulta.
Grazie alla miniatura della sua prosa lieve, sempre sobria e misurata ma attenta al dettaglio allusivo come alla precisione dei particolari, la Loy percorre le metamorfosi e i dolori delle sue donne ricomponendo frammenti di storie quasi li riesumasse attraverso un rammentare autentico, sfumandone i ritratti e sospendendone qua e là le vicende, vuoi per lasciare a noi lettori il gusto di immaginarne i destini, vuoi nella consapevolezza di come sia illusorio credere di poter ritrovare davvero il tempo perduto, in quanto "niente nei luoghi come nei ricordi resta indenne da quel tarlo che si chiama memoria". E saranno proprio le pagine conclusive a ribadire la dimensione aperta, circolare e metamorfica di questa storia al femminile che nel cuore del libro si tinge anche di giallo, con l'escamotage di un omicidio per dubbia legittima difesa - contraltare al genocidio nazista - perpetrato dalla vittima Arturo, sulle cui vicissitudini nella Francia di Vichy peraltro la trama si sfilaccia e allenta sin troppo in una parentesi eccessiva che nuocerebbe persino a un romanzo storico.
Se infatti solitamente un epilogo chiude una vicenda o la sospende ineluttabilmente, la scelta d'intreccio della Loy è originale, in quanto il capitolo finale proietta all'indietro il lettore in un tempo e un luogo che hanno e non hanno a che fare con la vicenda narrata: un momento anteriore, riferito all'infanzia delle due sorelle, dove si respira un'atmosfera quasi idillica di momentanea sospensione di ogni inquietudine (ma è un'assenza di drammaticità che suona tuttavia sottilmente ambigua proprio in quanto già sappiamo dei dolori a venire). Così nelle ultime righe una rivelazione allusiva e trasversale ci induce a ripercorrere tutto quanto il romanzo per coglierne la dimensione intimistica - direi quasi contemplativa, intessuta com'è di empatia e insieme di distacco - di racconto-itinerario attraverso le metamorfosi dell'esistenza: dalla vita di relazione a quella solitaria, infine all'accettazione come testimonianza di un comprendere che non ardisce a porsi come risolutivo, ma piuttosto quale consapevolezza della transitorietà e finitudine di ogni esperienza.

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Conosci l'autore

Rosetta Loy

1931, Roma

Rosetta Loy è stata una scrittice italiana. Nata da padre piemontese e madre romana, ha vissuto sempre a Roma. Con La bicicletta (1974) si è affermata come prosatrice limpida e di misurata vena nostalgica. Sono seguiti La porta dell’acqua (1976), L’estate di Letuqué (1982), la raccolta di racconti All’insaputa della notte (1984). Il romanzo Le strade di polvere (1987, premi Campiello e Viareggio) descrive, in una dimensione tra realistica e fiabesca, il succedersi delle generazioni in una grande casa del Monferrato. L’accorto intreccio di piani temporali e vicende apparentemente divergenti è la cifra di Sogni d’inverno (1992) e ancor più di Cioccolata da Hanselmann (1995). La parola ebreo (1997, vincitore del Premio Fregene...

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