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Dopo un iniziale excursus sulla storia del film biblico, questo ampio e accurato viaggio sul rapporto tra cinema e sacro trova quattro tappe fondamentali su Rossellini - in particolare Francesco giullare di Dio - Pasolini, Sergio Leone e la saga di Star Trek (la serie originale). Giustamente Ermelinda Campani premette a tutte le riflessioni specifiche la considerazione che il cinema, anche nel rapporto con il sacro, si configura come un'ulteriore forma di rappresentazione di un tema forte, sulla scia di pittura, musica e teatro, quest'ultimo nelle storiche forme dei mystery, morality e miracle plays. Come a dire che, anche nel rapporto con il sacro, il cinema è confluenza, combinazione e nuova elaborazione di molteplici linguaggi artistici, ma, a un tempo, suprema e singolare espressione di un apparato "audio-visivo" che, nella forma biblica, appare contenuto nella ricorrenza di espressioni quali "E Dio vide" o "E Dio disse".
Le singole analisi toccano alcuni dei momenti più significativi di un rapporto che, in particolare in casi quali quelli di Rossellini e Pasolini, diviene anche segno significativo di atteggiamenti estetici, stilistici e culturali. Messo in relazione con lo stile trascendentale, che Paul Schrader aveva posto in rilievo in un suo importante studio su Ozu, Bresson e Dreyer (Il trascendente nel cinema), il Rossellini di Francesco giullare di Dio è l'espressione del sacro come gioco o, meglio ancora, la messa in scena del "nucleo della questione francescana (...): l'etica e l'estetica del gioco". Momento ludico che ha a che fare anche con il cinema come forma e linguaggio, legandosi alla radice di ludus e collegandosi all'idea di illusione e allusione. La struttura a episodi del Francesco rosselliniano, osserva Ermelinda Campani, richiama la forma di una tavola medievale, rivelandosi come equivalente filmico di un polittico o di un ciclo di affreschi e creando blocchi narrativi nei quali le varie didascalie assumono la valenza di disvelamento del sacro.
A sua volta Pasolini è fin dall'inizio assunto dall'autrice come una delle figure di artista che più e meglio ha saputo intrattenere un rapporto profondo con il sacro, che in ultima istanza è per il regista segno della capacità che il cinema ha "di porsi come conflitto violento e purificatorio con il reale, nel potere simbolico dell'immagine che è poliforme e insieme sempre uguale a se stessa". Citando spesso uno studioso quale Mircea Eliade, l'autrice ripercorre alcune tappe della filmografia pasoliniana, da Accattone al Vangelo secondo Matteo, da Uccellacci e uccellini a Teorema, ricordando il nesso fra sacro, mito e morte, quest'ultima pensata da Pasolini anche come rivelazione e compimento (o attuazione) della possibilità espressiva (riassunta dal poeta nella celebre frase o esprimersi e morire o rimanere inespressi e immortali) e, come noto, posta in relazione con il montaggio.
E se Pasolini ha intrattenuto un rapporto diretto ma sovente conflittuale e provocatorio con la religione cattolica, Leone "fa un uso molto personale del cattolicesimo", rivelando un punto di vista che, a esempio, non prevede la forma della vera e propria resurrezione. Il cinema di Leone dissemina - fino all'opera ultima, C'era una volta in America - segni o simboli sacri e religiosi, che finiscono per assumere la valenza dei motivi tipici e diretti della tradizione cattolica nostrana. Tutto ciò all'interno di una "totale assenza di confini tra il bene e il male", termini che la saga di Star Trek pone, nella forma conflittuale, al centro della propria rappresentazione, in un universo non più abitato da Dio. Il volume - molto serio, ma non impeccabile dal punto di vista editoriale - si conclude con alcune riflessioni su The Truman Show come esempio del rapporto tra creato e creatore, ponendo curiosamente nel vero e proprio finale considerazioni teoriche (sull'immagine, la rappresentazione, l'icona e la forma) che ci aspetteremmo all'inizio.
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