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Da bambino, in casa, sentivo usare ancora la parola "cicisbeo" con un tono di indulgente riprovazione e nel senso di un innocuo cascamorto e perdigiorno. Non sospettavo, né lo feci più tardi, la ricchezza di significati e ruoli che quella parola si portava dentro. L'eccellente libro di Roberto Bizzocchi raccoglie ora un bel materiale di archivio, carte e lettere familiari, testimonianze un po' astiose di viaggiatori o residenti stranieri, ricorda grandi testi letterari (Verri, Alfieri, Beccaria, Parini, Goldoni) e allinea analisi e interpretazioni storiografiche (a partire dal fondamentale Sismondi e la sua Histoire des Républiques italiennes du moyen âge) per identificare, descrivere, interpretare e valutare la figura del cicisbeo, semplice e sfuggente allo stesso tempo.
Sullo sfondo c'è la Francia che inventò e promulgò la galanteria come stile di vita e nodo sociale di relazioni e legami, che trasformò i suoi guerrieri in cortigiani, e quindi il romanzo di avventure in roman d'analyse e gli spazi aperti delle peripezie negli spazi chiusi della mondanità. Mondanità che ebbe un compito civilizzante (Norbert Elias dixit), prendendo le forme della sociabilité e della conversation. Il contratto mondano (così formulabile: mettiamo in comune, e al meglio, le risorse del nostro esprit, il nostro tempo e il talento discorsivo per godere di tutti i piaceri della vita associata che non è pubblica né intima, ma sociale, appunto) fu redatto, perfezionato ed esteso al viaggio (vedasi il Grand tour) e all'educazione (vedasi lord Chesterfield), alla corrispondenza e all'erotismo (vedasi Crébillon e i suoi romanzi), al divertimento e alla pittura (vedasi Fragonard o Boucher), all'arredamento (vedasi Bastide) e all'abbigliamento, dalle grandi e meno grandi salonnières di Parigi. Dava il tono al secolo e nutriva il savoir-vivre; la storia della vita privata incominciava a essere una storia femminile.
Questo grande rimaneggiamento ideologico provocò un alleggerimento degli obblighi sociali ed etici, e una crescente libertà e fantasia nei costumi galanti ed erotici dell'upper class, sachant réunir tous les goûts. Questa felicità mondana fu il principale motivo di vituperio per confessori, moralisti e rousseauiani, e fornì materia e miti alle ricostruzioni ottocentesche del Settecento.
Le figure sociali modellate dalla nuova sensibilità sono varie e dissimili: dal vecchio roué, in declino ma non scomparso, al petit-maître, al libertino di tonalità varia (dal cerebrale al criminale), all'avventuriero d'alcova all'attentif: un accompagnatore premuroso, un servente zelante, un corteggiatore discreto, un amante in pectore, una recluta della galanteria con speranze di avanzamento.
E il cicisbeo? È un'invenzione italiana, mal vista dagli stranieri e giudicata sintomo di costumi rilassati e di virilità perduta a causa della maritale tolleranza, segnale di un più vasto decadimento morale a causa del triangolo coniugale incoraggiato più che tollerato, e di cattivo auspicio per l'avvenire nazionale (è il prodotto di un peuple stupide, dice Montesquieu). Questo, in breve, è il giudizio sul cicisbeo, e non già il suo ritratto.
Denigrato, paragonato al ci-ci dei passerini, in fantasiose etimologie, deprecato dai gesuiti, pur non ignari di mondanità, satireggiato da Parini, vituperato da Muratori, "discacciato" o "sconsolato" nelle commedie, trattato con diffidenza da Goldoni, il cicisbeo si diffonde per tutta l'Italia, diventa istituzionale, adempie alle sue funzioni e si preserva fino al crollo dell'ancien régime.
La domanda romanzesca che riguarda il cicisbeo la formulerei così: che cosa può fare, nell'Italia del Settecento, un maschio giovane, celibe, nobile, alquanto inoperoso (anche se abate o cavaliere di Malta), non primogenito, sostenuto da un appannaggio familiare, tenuto a stare nel "mondo" con decoro ma come un'eterna comparsa? Non rischierà di scivolare verso il demi-monde (o, addirittura, la lie du peuple) incanagliandosi in taverne, bische e luoghi venerei? Lo chevalier des Grieux, in Manon Lescaut, ne è un lacrimevole esempio. La nuova socialità importata dalla Francia, ma mitigata dal maggior rispetto italiano per le bienséances donnesche, e l'antico sistema delle alleanze familiari, nell'aristocrazia, per via di apparentamenti o prolungate consuetudini, forniscono valide ragioni e utili funzioni all'apparire del cicisbeo sulla scena del divertissement cittadino.
La sregolatezza parigina non ha corso in un'Italia ancora devota, e il cicisbeo, accompagnando dovunque la donna sposata ad altro, svolge una funzione di controllo (apparente?) sui suoi comportamenti e in veste di marito "diurno" le porta in dote le proprie parentele.
La domanda pettegola per la quale non c'è risposta è la seguente: questa art de plaire et de jouir (della vita) eufemizza e include le physique de l'amour, oppure no? Tra familiarità e rispetto, la "nobile servitù" del cicisbeo circuirà l'eros? Che ne sarà del cicisbeo innamorato? Il patto di rispettosa discrezione sottoscritto dal servente consentirà l'effusione delle pene d'amore e dei sensi? La dimestichezza tra due persone eccita il desiderio e lo attenua, alternativamente; il desiderio sceglie e si accende lì dove vede e incontra, ma la consuetudine lo usura; e ciò accade con prevedibile regolarità anche nelle coppie cicisbeali.
Lucien Leuwen, il personaggio di Stendhal, monologando sul clima amoroso dei propri tempi è il regno di Luigi Filippo così geme: sotto Luigi XIV sarei stato galante e amabile con questa dama e con quella, ora in questo serioso secolo XIX sono piattamente sentimentale!
Questo è il tema dell'ultimo bel capitolo del libro di Bizzocchi, I cicisbei al bando. La gravità sentimentale un modello nuovo di matrimonio, le estasi domestiche à la Rousseau, l'impetuoso amor romantico, l'adulterio come colpa e non più à la mode, la virtù femminile trasfigurata in virtù politica e patriottica, tutta la nuova austerità ideologica seguita al gran rivolgimento della Rivoluzione cospirò per diffamare, deridere e estinguere il cicisbeo e la sua (ipotetica) disinvoltura erotica. Rimane di lui un ricordo non sgradevole, delle stupende scene di pittura, qualche commedia prudente e penetrante, e un uso raro e riduttivo della parola che lo designa. Giuseppe Merlino
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