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Ne ho bisogno ancora oggi di quei chiodi di cielocon la loro filettatura impercettibilee la capocchia indistruttibile
capaci di inchiodare ogni cosaal nullae farcelo stare.
Nuovo talento di punta della lirica inglese contemporanea, Jamie McKendrick ci regala una cifra poetica assolutamente originale, capace di mettere “in salvo con perizia la bellezza dallo squallore, l’arguzia dall’avversità, la delicatezza dalla volgarità”, per citare il prestigioso giudizio di Micheal Hofmann. Chiodi di cielo offre per la prima volta in italiano una scelta antologica, realizzata dall’autore stesso, che copre tutta la produzione di McKendrick dalla sua prima raccolta sino al recentissimo Ink Stone (2003). Colpisce il particolare rapporto di affinità che McKenrdrick intesse con la cultura italiana, testimoniato non solo dalle ambientazioni italiane delle prime due raccolte, ma anche dalle immancabili tessiture intertestuali con la nostra letteratura, a cui si affiancano le altre letterature amate, la spagnola, la francese. Un intreccio e un dialogo aperto che porta alla ricerca sempre raffinata delle cadenze ritmiche, con il sonetto, spesso, a fare capolino. La complessità di McKendrick abita le piccole cose e da quelle parte, predilige l’assenza di dichiarazioni alte e definitive, persegue instancabile il tarlo che l’occhio applica a tutto ciò che osserva senza mai dimenticare la sottile ironia che salva. Poesie come intermittenze del cuore, come fili di una ragnatela, leggere ma allo stesso tempo robustissime. Poesie appollaiate sul bilico, dentro ad auto che vanno a pezzi, pronte a farsi beffe di un nonsenso e a ridisegnare la fragilità come una nuova possibile forza.
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