Chiamerò la polizia

Libro diviso in due parti. Nella prima troviamo il racconto breve nella seconda invece l'intervista all'autore. Bellissimo il racconto, interessante l'intervista.

Racconto breve ma con diversi asterischi che ruotano attorno al tema del ricordo. Se la questione di base è l’Olocausto, si capisce quante e quanto connesse e spinose possano essere le considerazioni, a partire dai meccanismi di difesa che la mente innesca per difendersi dai rigurgiti di memoria. Rispetto alle deportazioni, tacere e non domandare sono le due facce della stessa medaglia, ovvero il senso di colpa. La colpa di essere sopravvissuti o di non essere stati toccati dal dramma. La guerra condanna a morte, ma condanna anche a sopravvivere ai morti. Coloro che si salvano, sono condannati all’attesa di un processo intimo, privato, che li assolva. Sembrerebbe più un’operazione editoriale questo racconto con intervista (più interessante). Decisamente troppo poco per un autore, divulgatore, che ci ha dato “Le lacrime di Nietzsche”, “La cura Schopenhauer”, “Il problema Spinoza”.

Mi è piaciuto questo racconto lungo. Lo stile è piano, la lingua essenziale. Il tema trattato è importante e l'autore riesce a far capire la drammaticità della tragedia della persecuzione degli ebrei. Consigliato.