Tutto è scintillante e impeccabile al Cerchio, azienda che monopolizza il mercato tecnologico e digitale di un'America futuristica ma non troppo. Ma è proprio questa ostentata perfezione che rende il futuro descritto nel penultimo romanzo di Dave Eggers agghiacciante. Scrittore da sempre engagé e sensibile a tematiche sociali, con Il Cerchio Eggers volge l'attenzione verso il fenomeno della digitalizzazione e i suoi aspetti più controversi: la sorveglianza globale, i monopoli tecnologici, una socialità perlopiù apparente. La narrazione si apre con il primo giorno di lavoro di Mae Holland, ventiquattrenne fresca di laurea, nella società dei suoi sogni in California, il Cerchio appunto. Il campus, con i suoi palazzi di vetro immersi nel verde, le piscine, i cinema, i minigolf, le cascate e gli anfiteatri, è una versione iperbolica delle sedi delle tante aziende hi-tech che popolano la Silicon Valley. Il Cerchio è una società giovane che in poco meno di sei anni è riuscita ad assorbire Facebook, Twitter e Google e a creare una piattaforma per la gestione unificata dei nostri vari profili social, account di posta elettronica e metodi di pagamento. Al vertice troviamo tre personaggi simbolo di altrettante distinte anime americane: Ty, la giovane mente creativa che tanto ricorda Mark Zuckerberg; Bailey, il volto pubblico dell'azienda, tipico midwestern sornione e divertente, collezionista di quegli oggetti ormai obsoleti che sono i libri; e Stenton, lo spregiudicato amministratore delegato sempre pronto a trarre profitto dalle numerose innovazioni tecnologiche che si susseguiranno rapidamente in un delirio di utopistica onniscienza. Ben presto, infatti, la libertà individuale verrà sacrificata in nome del progresso tecnologico e la privacy diventerà furto, come dirà Mae in uno slogan di orwelliana memoria. Nel dipanarsi della storia, il lettore dovrà abbandonare la speranza di incontrare un qualsiasi tipo di levatura intellettuale, né in Mae né negli altri circler. La loro caratterizzazione è appena abbozzata, il loro agire è come assopito, e in maniera quasi automatizzata (o de-umanizzata, se vogliamo) lavorano a ritmi incessanti, perché "tutto quello che succede deve essere conosciuto". Se la narrazione è didascalica, anche i dettagli tecnologici dei nuovi prodotti sono approssimativi, nebulosi. Ne Il Cerchio non c'è spazio per una riflessione profonda, né per una presa di coscienza da parte di Mae, la quale diventa ambasciatrice di un vero e proprio incubo totalitario. E se questa superficialità è ciò che non consente al lettore di entrare veramente nel mondo narrativo de Il Cerchio, è anche ciò che permette a Eggers di creare un senso di straniamento verso un mondo digitale in cui siamo tutti sempre più immersi. Eggers è guidato da un unico intento comunicativo: mettere il lettore in guardia verso un uso acritico di internet e dei social media; uso che potrebbe renderci tutti più instupiditi, come Mae Holland. La componente etica del romanzo ne esce quindi indubbiamente vincitrice: Eggers si interroga, e fa interrogare il lettore, sulla nostra concezione di umanità nell'era digitale. In un crescendo di isteria social, Mae sarà sempre più connessa e avrà un seguito digitale sempre più ampio, ma sarà anche sempre più sola. Unica voce fuori dal coro è Mercer, ex fidanzato di Mae che resta nel paese natale dell'entroterra californiano per produrre artigianalmente lampadari. A lui viene affidata la domanda centrale del libro: è ancora possibile comunicare direttamente, senza il filtro di strumenti che creano un'identità inevitabilmente distorta e frammentata? Ed è in questa necessità di una comunicazione più profonda, comunicazione che nel romanzo viene in tutti i modi negata, che in ultima analisi si coglie il fulcro della critica al "totalitarismo cibernetico" di internet (come è stato definito da Jaron Lanier, pioniere della realtà virtuale). Famoso per i suoi numerosi esperimenti paratestuali, Eggers si fa ancora una volta ambasciatore di un mezzo la cui fine è già stata annunciata più volte dall'avvento del digitale. Perché tra i vari, più o meno espliciti, substrati metaforici de Il Cerchio, c'è anche quello della scomparsa del libro. Attraverso la domanda di Mercer, Eggers sembra infatti ammiccare a un altro scrittore americano che ha più volte espresso scetticismo nei confronti dei nuovi media, Jonathan Franzen, il quale in una recente intervista sul "Guardian" si chiede: "Se la parola scritta è il luogo dove avviene una comunicazione più profonda, cosa succede se questo luogo scompare?" Il Cerchio sembra volerci fornire una risposta, e non è rassicurante. Virginia Pignagnoli
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