Centonovanta miliardi di anni dopo

Sembrerebbe un romanzo tra humour e science fiction sul modello di certa narrativa britannica. In realtà la storia di Michele Sorvino. paleontologo, che riesce a diventare fossile per viaggiare nel futuro, attraversando quattro miliardi di anni, come suggerisce il titolo, è qualcosa di ben diverso e profondo rispetto alle pur esaudite aspettative di avventura e divertimento. La trama e la scrittura sono intriganti, mai banali o prevedibili, una scrittura rilassata dietro alla quale si nasconde un'immensa cultura scientifica. Mas ciò che colpisce a un'attenta lettura non sono solo le pur esilaranti peripezie del protagonista. Stupiscono soprattutto i minuziosi riferimenti a plausibili ipotesi sui destini del mondo e dell'universo. Il libro quasi obbliga il lettore a riflettere analiticamente, nonostantel'epilogo rimandi poi alla tempesta di Shakespeare, forse per dire che tutto è sogno. Ma non è una scappatoia, anzi risulta una presa di coscienza sul proprio operato: anche il narratore, per mestiere, sogna e fa sognare, e come il possente apparato scientifico nel lavoro di Sarti rimanda a differenti sfere cognitive (Astrofisica, bioetica, zoologia) così pure il romanzo è oniricamente composto da tanti rimandi più o meno palpabili: al di là delle citazioni esplicite, i primi capitoli ad esempio sono di fascino pirandelliano, pur non trascurando una vena malinconica surreale alla Buster Keaton, uno dei preferiti da Sarti. Un volume da leggere tutto d'un fiato e la confermadi un artista che già con i suoi lavori cinematografici ha doti di personale e sicuro talento, che va oltre le mode e le scopiazzature.

Alterna passaggi "seri", tra la fantascienza e la divulgazione scientifica, ad altri che sconfinano nell'umorismo leggero con accenni di satira. Tutto molto interessante, peccato che le due anime non siano minimamente amalgamate fra loro. Uno di quei romanzi nei quali le singole parti sono superiori alla somma tra le stesse.