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1999
248 p.
9788870117769

Voce della critica


recensioni di Bertone, C. L'Indice del 2000, n. 06

Finalmente le donne del Sud stanno percorrendo la promettente strada dell'emancipazione: così si potrebbe essere tentati di interpretare il titolo di questo libro riconducendolo a un'idea in qualche modo familiare, come la conferma di un'attesa. Niente di più lontano però dalle intenzioni della sociologa Renate Siebert, che in questa sua raccolta di saggi propone uno sguardo ben più complesso sui mutamenti della condizione delle donne come prospettiva attraverso cui leggere le trasformazioni del Sud.
L'ascolto di individui concreti, donne soprattutto, principalmente attraverso la raccolta di "racconti di vita", è alla base di questi saggi. Una parte di essi è dedicata alla situazione del Sud, che la sociologa ha esplorato in venti anni di pionieristiche ricerche, qui riprese sinteticamente ma discusse estesamente in precedenti importanti opere su temi quali l'immagine sociale dell'infanzia in un paese della Calabria - Le ali di un elefante (Angeli, 1984) - , i mutamenti della soggettività femminile in tre generazioni di donne - "È femmina, però è bella" (Rosenberg & Sellier, 1991) -, i rapporti tra donne e mafia - Le donne, la mafia (il Saggiatore, 1994).
Altri saggi sono dedicati a riflessioni metodologiche sull'interpretazione delle fonti orali. La scelta di privilegiare le fonti orali ha l'intento di fornire "una lettura dei complessi rapporti tra psiche individuale e meccanismi di funzionamento della realtà sociale e storica" centrata sulla categoria della soggettività.
La riflessione sul soggetto - la ricercatrice - che dialoga con le fonti e le interpreta permea per intero il libro, il cui filo conduttore fondamentale è in effetti il percorso, intellettuale ma non solo, di Renate Siebert, tedesca di origine e calabrese di adozione. I saggi raccolti rappresentano un'introduzione al pensiero dell'autrice, una chiave di lettura con cui leggere, o rileggere, i precedenti lavori. Il percorso che ne emerge combina in modi originali ispirazione diverse, dalla formazione con la Scuola di Francoforte all'interesse per la psicoanalisi, il pensiero femminista e infine il dialogo interculturale, di cui sono testimonianza i saggi sulla scrittrice algerina Assia Djebar e le riflessioni sul razzismo. Al tempo stesso, è un percorso caratterizzato da un rigoroso impegno di autorifles-sione, in particolare sulla presenza della propria soggettività - dall'esperienza dell'essere straniera nel Sud alle angosce infantili - nella selezione di prospettiva teorica e oggetti di ricerca come nell'interpretazione. L'esperienza di essere donna nel Sud è il fondamento esplicito della doppia prospettiva presente nelle analisi proposte. È un "pensiero meridiano al femminile": "lettura di genere della realtà del Mezzogiorno: un'analisi dei fenomeni sociali a partire da un punto di osservazione 'sessuato'", e insieme tentativo di interpretare con uno sguardo del Sud i mutamenti di questa società, preso atto che teorie e concetti sviluppati avendo a modello la società industriale classica vi si rivelano inadeguati.
Renate Siebert intende evitare rischi di semplificazione e generalizzazione, per portare al centro invece la soggettività di individui concreti, donne che non possono essere costrette nel modello della matriarca del passato né in quello della donna emancipata del presente.
È infatti messa in discussione un'immagine del potere femminile nella società contadina del passato che dimostrerebbe la presenza nel Sud di una società matriarcale. Il concetto di matriarcato, oltre a essere ambiguo, imponendo l'adeguamento a un ruolo che annulla l'individuo, è anche fuorviante, e si presta a interpretazioni strumentali come quelle, velate di misoginia, che tendono a ricondurre i mali del Sud a una "cultura materna", di volta in volta connessa al "familismo amorale" o alla "cultura mafiosa". Se la prospettiva è invece quella dell'esperienza delle donne concrete, emergono le sfaccettature di una situazione caratterizzata piuttosto da una contraddizione tra "essere forti e apparire deboli", tra il potere di fatto esercitato nell'ambito domestico e l'immagine pubblica di debolezza che asseconda l'illusione della superiorità maschile.
Anche misurare la situazione delle giovani donne di oggi in base a un modello nuovamente astratto di percorso lineare di emancipazione appare inadeguato. L'analisi di Siebert mette in evidenza le tensioni vissute dalle giovani donne, per le quali l'adesione individuale al valore dell'emancipazione si scontra con una realtà sociale che lascia poco spazio sia a nuove forme di relazione tra i sessi, sia a progetti di emancipazione attraverso l'accesso al mercato del lavoro, che rimane un traguardo difficile.
Queste e altre tensioni che caratterizzano l'esperienza di donne e uomini nel Sud sono ricondotte alla contraddittoria e spesso perversa commistione di vecchio e nuovo: "Quello che mi ha più colpito della realtà calabrese è proprio questa persistente sovrapposizione di elementi tradizionali (provenienti dalla civiltà contadina) ed elementi moderni (provenienti dalla civiltà industriale). Il nuovo congloba il vecchio, spesso lo rivitalizza, ma contemporaneamente esso stesso è modificato, sfigurato". La situazione del Sud è così interpretata, usando categorie weberiane, come un "disincantamento senza razionalizzazione": una società che ha subìto i costi del disincantamento senza i vantaggi della condotta di vita razionale.
Alla commistione tra vecchio e nuovo è ricondotto anche il fatto che alla costruzione della sfera privata non sia corrisposto lo sviluppo di una sfera pubblica, con il riconoscimento dell'utile collettivo e di valori condivisi. Questa resta un aspetto residuale rispetto ai rapporti personali, che si estendono all'esterno della famiglia, e al loro uso strumentale nelle pratiche clientelari, mentre il nuovo benessere ne ha piuttosto reso possibile un surrogato, rappresentato dal consumo.
L'assenza della sfera pubblica è individuata come il problema cruciale per il Sud, ma la prospettiva di genere mostra anche come lo sia soprattutto per le donne. È infatti attraverso la sua costituzione che passa, secondo Siebert, la strada per l'emancipazione femminile, intesa non come emancipazione attraverso il lavoro, ma come controllo sul proprio destino e accesso ai diritti di cittadinanza.
Le donne sono dunque indicate come un potenziale soggetto politico protagonista del cambiamento. L'esperienza delle donne che lottano contro la mafia e delle donne sindaco rivela in questo senso le potenzialità della mobilitazione femminile, ma anche le particolari difficoltà della partecipazione politica delle donne. Resta tuttavia, in una lettrice esterna alla realtà meridionale, la curiosità rispetto a come la complessità delle esperienze delle donne concrete si possa comporre in un soggetto politico "donne", e se vi siano differenze e interessi conflittuali potenzialmente dirompenti per questo processo.
Le interpretazioni qui accennate si ritrovano in modo ricorrente, a volte ripetitivo, nei saggi dedicati al Sud. La loro evoluzione nel percorso intellettuale dell'autrice avrebbe in effetti potuto essere oggetto di una riflessione complessiva più estesa rispetto a quella fornita dalla breve nota introduttiva, per ricomporre la disomogeneità tematica del volume e per orientare la lettura rispetto alle implicazioni della collocazione temporale dei saggi, che tende invece a perdersi nella struttura del libro, diviso per temi.
Si intuisce ad esempio un percorso che va dall'attenzione a rendere visibili ambiti di studio prima ignorati, alla critica a concetti apparentemente universali che si rivelano inadeguati, e infine al più chiaro orientamento verso le relazioni di genere, che riguardano quindi sia uomini sia donne, come chiave di lettura dei fenomeni sociali. Ciò richiede che anche gli uomini siano studiati nelle loro specificità di genere: è questa una delle nuove direzioni di ricerca suggerite.
Traspare invece costantemente nei saggi la tensione politica dell'autrice, l'impegno per la riduzione delle diseguaglianze tra uomini e donne e per una migliore qualità della vita. Merito del libro è indicare che questi obiettivi si possono perseguire soltanto a partire dalle contraddizioni del presente nel Sud e non da un astratto ed etnocentrico ideale di emancipazione.

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