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Cd di Giovanni Paisiello

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Giovanni Paisiello

1740, Taranto

Compositore. Studiò al conservatorio di Sant'Onofrio a Capuana a Napoli con F. Durante, C. Cotumacci e G. Abos, distinguendosi, sin dal 1759, come autore di musica sacra e di un intermezzo. Nel 1764, a Bologna, iniziò l'attività teatrale con Il ciarlone, cimentandosi subito dopo con libretti di Metastasio e Goldoni. Tornato a Napoli nel '66, compose tre opere serie, La vedova di bel genio, L'idolo cinese e Lucio Papirio dittatore, che gli spalancarono le porte degli ambienti culturali della città (fu questa l'epoca in cui strinse anche amicizia con l'abate Galiani). Successo non inferiore ottenne nel genere comico con La frascatana (1774) su libretto di F. Livigni e il Socrate immaginario (1775) su libretto di G.B. Lorenzi. Nel 1775 fu chiamato a Pietroburgo da Caterina di Russia a prendere il posto di T. Traetta come maestro di cappella e supervisore dell'Opera italiana. A Pietroburgo P. compose, accanto a rifacimenti di lavori precedenti, l'opera seria Nitteti (1777) e le opere giocose la Serva padrona (1781), sullo stesso testo messo in musica quasi mezzo secolo prima da Pergolesi; il Barbiere di Siviglia (1782), desunto dal librettista G. Petrosellini dalla commedia di Beaumarchais; e Il mondo della luna (1782), su testo di Goldoni. Contrasti con il comitato per la riorganizzazione dei teatri di corte, culminati nel suo arresto, e la malattia della moglie lo indussero nel 1784 al ritorno. Di passaggio per Vienna scrisse, su commissione di Giuseppe ii, Il re Teodoro in Venezia. Nel 1787-88 a Napoli fece rappresentare le opere comiche La modista raggiratrice (su libretto di Lorenzi) e La Molinara (o L'amor contrastato, su libretto di Palomba). Nel 1789, alla reggia di Caserta, diede la Nina pazza per amore, una delle sue opere più riuscite, nonché una delle pochissime rimaste senza interruzione in repertorio. Le ultime opere serie (Pirro, 1787; Fedra, 1788; Elfrida, su testo di R. de' Calzabigi, 1782) rivelano un certo adeguamento al verbo drammatico gluckiano, mentre la Proserpine (1803), composta al suo arrivo a Parigi per l'astro nascente di Napoleone, tiene conto dell'esperienza drammatica della tragédie lyrique francese (il libretto della Proserpine, di Ph. Quinault, è lo stesso musicato nel 1680 da J.-B. Lully). Tramontata l'epoca napoleonica, il ricordo della sua adesione alla Repubblica partenopea del 1799, i molti onori ottenuti a Parigi da Napoleone e gli incarichi ricevuti a Napoli da Giuseppe Bonaparte e Murat gli alienarono le simpatie dei Borbone, che lo privarono di ogni carica. La produzione teatrale di P., in tutto un centinaio di opere fra serie e comiche, si sviluppa coerentemente nell'arco di circa mezzo secolo all'insegna dei toni patetico-sentimentali, tanto che sarebbe assolutamente erroneo pensare a uno dei suoi capolavori, la Nina pazza per amore, come a un'opera che intendesse semplicemente emulare le fortune della Cecchina ossia la buona figliola piccinniana. Annuncio dell'estro musicale paisielliano si rivela già il giovanile Il duello (1774, rielaborato nel 1780 col titolo Il duello comico), in cui il personaggio dolente di Clarice anticipa, non solo drammaticamente, la Donna Anna mozartiana e altre figure posteriori dello stesso P., come la Rosina del Barbiere. L'introduzione dell'elemento patetico non smentisce, peraltro, la vena autenticamente comica di P., la quale si ricollega ai modelli della tradizione napoletana (Pergolesi e Scarlatti), specie nella Serva padrona e nel Barbiere di Siviglia. Manca a quest'ultima opera la verve dell'omonimo capolavoro rossiniano, così come manca una precisa caratterizzazione psicologica dei personaggi attraverso la musica; nell'opera di P., Figaro non è il protagonista, il factotum dell'azione, bensì un personaggio quasi marginale, e l'attenzione del compositore sembra piuttosto accentrarsi sul tutore balordo (Bartolo), a un tempo figura comica e patetica. Assai meno note di quelle buffe sono le opere serie, che appaiono a un primo esame meno originali e più legate alle convenzioni del tempo. Non trascurabile è infine la produzione sacra (oratori e messe) e strumentale (sinfonie concertanti, sonate, concerti e quartetti). Tra le caratteristiche della musica di P. va ricordata la cura della parte strumentale con l'uso dei fiati a sostegno delle voci, le sinfonie in un sol tempo, il trapianto dei concertati dalle opere buffe al genere eroico, l'introduzione di cori nelle arie.

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