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recensione di Concilio, C., L'Indice 1996, n. 8
Boshai Tudu è morto. Boshai Tudu è tornato all'azione. Scanditi dalla morte e dalla rinascita dell'eroe mitico, leggendario e reale a un tempo, si susseguono ciclicamente momenti di recrudescenza delle lotte contadine nel Bengala occidentale. "Boshai era forse dotato di poteri magici?" - per vivere nella giungla e ritornare a rivendicare i diritti dei braccianti cui la legge assicurava minimi salariali che l'atavica prassi tirannica di proprietari terrieri e usurai negava loro? "Perché Boshai doveva morire ed essere cremato ancora e ancora?". Quattro, cinque, e chissà quant'altre volte ancora Kali Santra, suo fedele amico, avrebbe dovuto compiere quella corsa contro il tempo della morte per identificare il cadavere di Boshai. "Sì, doveva essere un romantico. L'ultimo elefante sopravvissuto".E a nulla servono le battute di caccia periodicamente organizzate dalla polizia e dall'esercito, regolarmente concluse con un bollettino di guerra che annovera donne e bambini, i giovani e inesperti viceispettori e l'ormai rituale giallo dell'identificazione della salma di Boshai.
Erede della più alta tradizione letteraria bengalese, ma anche di una terra di scrittori militanti e attivisti politici che spesso hanno pagato con anni di carcere il proprio impegno, la Devi racconta la storia delle lotte della casta dei più poveri, dei più scuri di pelle, i "tribali", nel Bengala degli anni settanta. Il realismo sociale e la ricostruzione storica - note caratteristiche della scrittura della Devi, che ben conosce la realtà rurale del Bengala e di altre aree dell'India, dove è stata impegnata personalmente in progetti sociali - lasciano però respiro alla bella storia dell'amicizia tra due uomini: un pacato giornalista, decano del partito comunista, il sessantenne Kali Santra, e il suo ex compagno di partito, che ha scelto la lotta armata al fianco dei braccianti, Boshai. Un nome, un uomo da raggiungere nella giungla, affrontando un'estenuante corsa contro il tempo, per vederlo ancora una volta vivo, come quando Kali Santra aveva passato un'intera notte ad ascoltarlo parlare, ad ascoltare le ragioni della lotta, le accuse al Partito, impegnato solo ad assicurare privilegi ai membri del comitato centrale. Una corsa contro il tempo, come quando Kali Santra è chiamato a identificare l'amico morto o morente, tanto che gli sembra di aver corso tutta la vita, per un ideale di giustizia sociale, ma anche inutilmente, poiché l'India ritratta dalla Devi è un arcipelago di isole, monadi incomunicanti: il governo che promulga leggi ma non si cura che vengano applicate; la polizia che gioca a mosca cieca con il rivoluzionario Boshai; il Partito che invece di mediare le posizioni del governo a quelle dei lavoratori da questi ultimi prende le distanze; e infine, Kali Santra, solo, sospetto sia alla polizia sia al Partito perché amico di un ribelle. L'intellettuale, impotente spettatore allo spettacolo della povertà, e l'attivista militante, il vecchio saggio e il giovane rivoluzionario, la mente e il braccio, Kali Santra e Boshai Tudu combattono la medesima guerra.
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