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Un cattolico a modo suo - Pietro Scoppola - copertina
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Descrizione


"'Un cattolico a modo suo' è il testamento spirituale di uno storico che ha lasciato il segno nella cultura italiana e di un maestro che ha formato le coscienze di più di una generazione. È un libro novecentesco, problematico e folgorante come è stato il secolo in cui il suo autore, studioso della coscienza religiosa moderna, della democrazia contemporanea e dei rapporti tra lo Stato e la Chiesa, è vissuto. Anche un libro tutto italiano, permeato da quel sentimento profondo per la storia e per la comunità che ha caratterizzato la nostra tradizione. Soprattutto, è un libro fuori da ogni schema, ricco di suggestioni, amaro e fiducioso, autobiografico e insieme universale." (dalla premessa di Giuseppe Tognon)
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Dettagli

2008
26 febbraio 2008
128 p., Brossura
9788837222536

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claudio
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Testamento spirituale di un grande cattolico, anche se a modo suo. Un sacco di domande pertinenti, attuali, alle quali un credente spesso non riesce a trovare risposte. E poi quelle pagine su quella crudele malattia che l'ha portato via alla sua famiglia, agli amici, agli estimatori. Un grande italino, Scoppola: ci mancherà.

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Voce della critica

Nel 1974, in occasione del referendum sul divorzio, Scoppola (insieme a intellettuali come Bo, Alberigo, Bedeschi, Turoldo e La Valle) prese posizione contro l'abrogazione della legge e formulò giudizi critici nei confronti dell'atteggiamento della chiesa, giudizi che Paolo VI commentò bonariamente "è un cattolico un po' a modo suo". Da qui nasce il titolo del libro, e nella spiegazione di questa particolarità è il senso di questa pubblicazione, uscita a pochi mesi dalla morte dell'autore. Il testo rappresenta il testamento spirituale di un uomo sofferente e alla fine della vita, per il quale prepararsi a morire diventa l'occasione per riflettere sulle ragioni della propria fede; l'intento è dunque quello di ripercorrere l'itinerario che lo ha portato, non ad abbandonarla, ma a "ripensarla in maniera incisiva".
Scoppola riprende alcuni temi che aveva già sviluppato nel libro pubblicato nel 2005 La democrazia dei cristiani. Il cattolicesimo politico nell'Italia unita, in cui aveva delineato una riflessione sulla storia politica dei cattolici italiani tra Otto e Novecento, e in quello uscito nel 2007, La coscienza e il potere, che raccoglieva gli articoli pubblicati su "la Repubblica", con un'introduzione sul ruolo della chiesa italiana di fronte alle novità politiche degli ultimi anni.
L'autore ripercorre il proprio cammino dagli anni del liceo quando, studente all'Istituto Massimo di Roma, i gesuiti gli spiegavano la fede come qualcosa di "solidissimo e indiscutibile"; da tale impostazione non si traevano elementi utili alla comprensione della realtà e così il giovane uscì dal liceo con un "cristianesimo privo di spessore storico, non incarnato culturalmente". La maturazione avvenne, come per molti credenti della sua generazione, nel contatto con la cultura francese, e soprattutto con Mounier, Maritain e Blondel; poi avvenne l'incontro con intellettuali come Jemolo, Marrou, Passerin D'Entrèves e Cotta, che furono fondamentali per la sua crescita culturale.
Così, le certezze della gioventù si tramutarono in una "ricerca appassionata, ma anche faticosa, di una fede continuamente segnata dal dubbio". Proprio partendo dalle domande e dalla ricerca di una propria fisionomia culturale, Scoppola approdò all'interesse per la storia: "Per me la scelta della storia non è nata come scelta di una professione, è nata piuttosto come ricerca di un'identità". Da qui gli studi sui rapporti tra chiesa e stato, tradizione liberale e modernismo, chiesa e fascismo, chiesa libertà e democrazia. Proprio grazie alle sue ricerche, Scoppola ebbe modo di comprendere come anche in passato fondamentali fossero i valori della soggettività e del primato della coscienza che avevano orientato le scelte di personaggi come Gallarati Scotti, Blondel e il Murri della Lega democratica nazionale.
L'idea della fede di Scoppola risente del suo spirito di libertà, soprattutto quando ammette di provare disagio di fronte alla dizione "Congregazione per la dottrina della fede" perché "la fede non è riconducibile a una dottrina" e la corrente di fede che risiede dentro la chiesa, che è la sua ricchezza, non può ritenersi esaurita dentro formule dogmatiche. Come Sturzo, Scoppola approda alla convinzione che non ci può essere vera democrazia se prima non si realizza una riforma religiosa. La chiesa deve essere aperta al dialogo, "deve immergersi con le sue intelligenze più sensibili e più capaci nel confronto e nel conflitto delle mille e parziali ragioni che si contendono una leadership culturale". Lo storico ha a cuore il ruolo dei laici, il dialogo interreligioso e l'ecumenismo, che considera "condizioni essenziali perché le religioni possano svolgere un ruolo civile".
Il cattolicesimo di Scoppola trova la sua realizzazione nel Concilio che va difeso "con la fedeltà, non la contestazione"; l'intellettuale si dimostra critico nei confronti degli eccessi della fase postconciliare, e rivendica invece la necessità "della chiesa gerarchica, della chiesa del papa, del Vaticano". Non manca però di criticare l'idea di Wojtyla e di Ratzinger di intendere la chiesa come "depositaria e garante del diritto naturale", più che annunciatrice del messaggio di Cristo, e sottolinea come i valori siano stati variamente espressi nelle diverse epoche storiche e nelle diverse civiltà. Ad esempio, ritiene che l'esclusione dal sacerdozio delle donne derivi dall'assolutizzazione di modelli del passato che ha poco senso assumere a norma per la chiesa d'oggi. Scoppola auspica anche misericordia nei confronti dei divorziati, ricordando come per un millennio non ci fosse una disciplina canonica del matrimonio. Perché ora, si chiede, la loro esclusione dai sacramenti? Non deriva forse dalla sessuofobia presente nella chiesa? Domande pertinenti e scomode, come scomodo è stato per molti, soprattutto negli ultimi tempi, il credente Pietro Scoppola. Daniela Saresella

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