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Descrizione


Un'antica storia persiana narra di come l'imperatore mogul Akbar il Grande, dopo una discussione con i suoi consiglieri sulle origini del linguaggio, avesse fatto costruire un palazzo per un singolare esperimento: far allevare dei neonati da balie e servitori muti. Senza stimoli esterni, i bambini non avrebbero sviluppato alcun tipo di comunicazione: il palazzo divenne noto con il nome di Gang Mahal, "la casa del silenzio". Luke, rimasto solo dopo la morte della madre, è affascinato a livelli maniacali dal potere della parola e dalla sua natura, e decide di coltivare la sua ossessione. Quando mette un annuncio sul giornale per raccogliere testimonianze per i suoi studi, conosce Karen, la madre di un bambino che rifiuta di parlare. Ne nasce una relazione insolita e perversa, fatta di muti incontri clandestini in cui la donna si sottomette passivamente all'amante e di formali appuntamenti per parlare del figlio durante i quali i due fingono che tra loro non stia accadendo niente. Fino a quando un violento incidente allontana per sempre Luke da quella casa. Ma quello che Luke ha sempre voluto fin dall'inizio era riprodurre l'esperimento del mogul Akbar. Un pomeriggio, in biblioteca, conosce Lillian, giovane senzatetto muta in balia di uno sfruttatore alcolizzato che la picchia. Dopo averla salvata dall'uomo, la prende a vivere con sé. Luke vede nel mutismo della ragazza una conferma della strada da seguire e, quando Lillian rimane incinta, capisce che quella è l'occasione che aspettava.
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Dettagli

2007
25 settembre 2007
188 p., Brossura
9788882371456

Valutazioni e recensioni

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Matteo
Recensioni: 3/5

Nonostante mi aspettassi che l’autore si soffermasse di più sul tema del linguaggio, ho apprezzato il romanzo. La casa del protagonista e narratore è fin dalle prime pagine permeata da un alone di silenzio e mistero. La freddezza e il morboso interesse per la morte (ereditati dalla madre, altro personaggio enigmatico, repulsivo e affascinante al tempo stesso) danno al romanzo un’atmosfera da thriller. Un grande esordio.

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alida airaghi
Recensioni: 5/5

Il romanzo ruota intorno al tema del linguaggio: la parola come invenzione e come trappola, come salvezza e come condanna. Protagonista è Luke, un intellettuale trentenne interessato alla neurologia e al cognitivismo, non solo per passione scientifica, ma soprattutto per il desiderio di penetrare nella psiche altrui, sondando contemporaneamente anche le abilità esplorative della propria mente. La domanda principale che Luke si pone è se la capacità di parlare sia innata o acquisita. Tale questione lo affascina dall’infanzia, da quando la sua amatissima mamma, perduta precocemente, gli raccontava la storia dell’imperatore mogul Akbar, il quale aveva fatto costruire un edificio in cui dei servitori muti dovevano allevare alcuni neonati, in modo che non arrivasse loro nessuna parola, impedendo di fatto ai bambini qualsiasi possibilità di comunicazione. Se, nella sua morbosa ricerca dell’origine della coscienza, da piccolo Luke dissezionava gli animali, crescendo comprende che il soffio vitale può essere reperito esclusivamente nel pensiero, e in ciò che lo esprime: la parola. La scrittura di Burnside, densa e precisa, sinuosa ma priva di pedanteria o autocompiacimento, segue con perspicacia psicologica il tortuoso avvilupparsi delle perversioni di Luke, sempre più coinvolto in un voyeurismo necrofilo e sessuale: “C’era qualcosa di stupendo nell’immobilità della morte, nella sua irreversibilità, ma ora volevo qualcosa di più di un cadavere. Volevo aprire l’essere vivente, vedere il battito del cuore e la circolazione del sangue… Volevo vedere com’era la vita quando finiva, e lasciava solo la materia inerte”. Un ottimo romanzo, dalla scrittura elegante e sostenuta, che non cede mai a volgarità o scaltrezze narrative, e indaga invece con controllata intelligenza i meandri della complessità mentale di un uomo lucidamente folle, riuscendo a offrire pagine di intensa poeticità nonostante i drammatici temi affrontati.

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Karolina
Recensioni: 5/5

L'ennesima conferma del fatto che il detto "non giudicare un libro dalla copertina" sia più che vero. Questo libro, anzi libricino, in meno di 200 pagine contiene: scene di stupro, omicidi, vivisezione, abuso di bambini, torture sugli animali, esperimenti vari con un protagonista/narratore odiabile, morboso, malato e riesce ad essere comunque splendido! Scritto maledettamente bene. Se vi è piaciuto "Il profumo" o "Lolita", vi piacerà sicuramente anche "Dumb House"!

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Conosci l'autore

John Burnside

John Burnside è nato in Scozia nel 1955. Ritenuto uno dei maggiori poeti e scrittori britannici, ha vinto nel 2011, con la raccolta Black Cat Bone, il Forward Poetry Prize (assegnato in passato a Seamus Heaney, Don Peterson e Ted Hughes).  È autore di numerosi racconti e romanzi, ed è membro della giuria del Man Booker Prize. Tra le sue opere Una bugia su mio padre (Neri Pozza 2012). 

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