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L'impiccagione di William Kidd per pirateria, il 24 maggio 1701, ha segnato l'inizio di una imponente produzione pubblicistica, che tra cronache più o meno veridiche, atti processuali, ballate si è protratta sino all'Ottocento, in un rincorrersi di elaborazioni romanzesche, falsificazioni e realtà. La fantasia popolare sembrava particolarmente sensibile agli aspetti avventurosi della vita dell'uomo che aveva battuto tutti i mari, dai Caraibi a New York, da Londra all'Oceano indiano, e rappresentava il personaggio ideale per una storia di delitto e castigo. Anche ai nostri occhi il capitano Kidd risulta esemplare, ma per tutt'altre ragioni, come figura centrale di un tortuoso gioco politico ed economico in cui la spregiudicatezza dei governanti non era inferiore a quella del bucaniere. In quegli anni infatti la pirateria europea attraversa un periodo di radicale trasformazione: da arma occulta ma efficace delle potenze emergenti, si va mutando in un attività indipendente e fortemente individualistica, ancora redditizia ma sempre più esposta ai rigori della legge. Kidd emerge dall'oscurità all'improvviso, in un momento di crisi politica: partito con una patente per dare la caccia ai pirati, finisce per attaccare anche i pacifici mercantili di principi orientali e deve fronteggiare una recrudescenza della campagna contro la pirateria che si era estesa fino a New York, porto preferito di tanti altri pirati dell'epoca. Non più utile come predatore per procura, Kidd lo diventa come capro espiatorio. Il volume di Ritchie, capace di coniugare la padronanza delle fonti documentarie e l'accuratezza delle ricostruzione con il piacere del racconto, libera il capitano Kidd dalle semplificazioni delle leggende per mettere a fuoco gli aspetti della vita quotidiana della pirateria, la sua economia occulta, ma anche la politica commerciale dell'Inghilterra e delle colonie americane tra Sei e Settecento.
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