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I caldi sensori di Paula è un forte romanzo psicologico con risvolti sociali. Immaginate i vincitori di una guerra. Una guerra mondiale, ma anche civile, la guerra dell'oligarchia economica contro il resto del mondo. Ora immaginate una sorta di congresso di Vienna, in cui i vincitori decidano del futuro del mondo. Ecco, supponete che si spingano oltre, decidano anche del passato del mondo. Un passato modificato, dove l'esito di guerre e di rivolte, sociali e culturali, sia già scritto. Dove i ribelli, gli "indisciplinati", siano inconsapevoli del loro destino di perdenti. Un incubo alla Huxley. O alla Ballard. L'autore ci riporta indietro, riscrivendo le vicende di un gruppo di ricchettoni alla fine del decennio '60/Repeat in un'Aftercalifornia piena di fermenti controculturali e rivoluzionari. L'incubo è portato avanti con agghiacciante linearità. La pulizia dello stile e le vicende erotico-psichedeliche creano un chiaroscuro, un'analisi chirurgica della società e delle menti dei personaggi. E l'epoca/Repeat, per quanto assurdo, è proprio quella che stiano vivendo in questo momento. Non ve ne siete accorti? Hanno vinto loro.
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