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scheda di Tozzi, M., L'Indice 1993, n. 8
Le prime 48 ore successive all'impatto di una calamità naturale sono cruciali. In quei momenti la comunità sociale - prima dell'arrivo dei soccorsi - è sola e ha nelle sue mani l'unica possibilità di reagire in maniera soddisfacente, salvando ancora vite e limitando i danni. La risposta spontanea della popolazione è efficace solo se essa possiede informazioni adeguate, se cioè le è stata impartita un'educazione sufficiente da parte delle autorità e dei cosiddetti esperti. In questo senso la scomparsa di quella parte della cultura popolare basata sulla consapevolezza delle risorse ambientali e sul naturale controllo del loro sfruttamento si pone come un oggettivo elemento negativo in termini di protezione civile e coscienza sociale delle calamità. Ogni pagina del libro (e la prefazione di Ugo Leone è esemplare al riguardo) dimostra chiaramente che non c'è protezione senza informazione e da questo punto di vista il quadro delle calamità naturali viene illustrato in tutti i suoi aspetti scientifici basilari. Non si tratta di un libro "tecnico" in senso stretto, anzi l'obiettivo sembra proprio quello della ridefinizione di un settore di ricerca e di conoscenza - generalmente distribuito in campi diversi - attraverso l'uso di un linguaggio appropriato, ma non astruso, e partendo dalla convinzione che anche le scienze della Terra hanno una forte connotazione sociale. Inoltre è noto che le cosiddette calamità naturali hanno sì un posto notevole nell'immaginario collettivo (si pensi alle grandi metafore del Vecchio Testamento), ma spesso sono considerate inoppugnabili e inducono un'attitudine mentale di tipo passivo, quando non se ne ignorino direttamente le caratteristiche. Il problema è in realtà quello di una razionale conoscenza di base dei fenomeni e di una gestione corretta delle emergenze che prepari i cittadini "a rischio" (molti milioni in Italia) attraverso la consapevolezza del pericolo. Dalla descrizione schematica dei meccanismi delle calamità naturali - anche attraverso grafici e disegni non convenzionali, ma che potrebbero essere realizzati in modo un po' più moderno -, con qualche veniale imprecisione nella parte più strettamente geofisica, e con molti esempi recenti (eruzione del Pinatubo, cicloni americani), scaturisce chiaramente che il fattore di massima turbativa degli equilibri naturali della Terra è l'uomo. Non solo per la sua azione distruttiva di foreste e aree coltivabili o per i danni connessi all'uso dei combustibili organici (effetto serra), quanto per la sua indiscriminata espansione in zone dove la sua sola presenza aumenta di un fattore 100 l'esposizione ai rischi naturali. Se si deve fare una critica questa riguarda il mancato approfondimento di un argomento preannunciato nel titolo: quali sono i fattori in positivo dello sviluppo sostenibile? Forse - però - una conoscenza razionale della distribuzione dei fenomeni è già una risposta sufficiente: la carta mondiale dei rischi naturali allegata aiuta in questo senso ad avere un'idea precisa e prelude a una fin troppo procrastinata assunzione di responsabilità.
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