Caffeina d'Europa. Vita di Marinetti

Colori e rumori. Le parole spezzettano il ritmo delle tinte che sovraffollano la scena. Il racconto parlato, dipinto, tagliato e incollato riempie prepotentemente gli spazi dell’immaginazione, non lasciando posto ai collegamenti logici. Il racconto è una pletora di visioni giustamente debordante e confusa. L’ordine cede ad un furioso dinamismo, che il futurismo avrebbe voluto realizzato dalla prepotente energia del caos, infinitamente lontano da ogni schema. I disegni di Pablo Echaurren vivono della smania utopistica di esplodere dai margini, di guardare altrove, oltre le leggi dell’ottica, oltre l’apparenza dei contrasti, dove l’anarchia cromatica è la stilizzazione dell’assurdo onnipotente a cui l’arte rivoluzionaria di Filippo Tommaso Marinetti avrebbe voluto dare in pasto il mondo borghese. Il passaggio di una fantasia trituratrice ha lasciato le impronte sulla carta: l’impressione provata di fronte a questa graphic novel è quella di uno schiaffo antiestetico ed antifilosofico che ritorna, a distanza di un secolo, per rinnovare la sua impertinenza senza tempo attraverso quella spigolosa libertà di stile che abbraccia ogni forma di espressione spontanea e controcorrente, dal primitivismo ai writers. L’iperattività è provocazione. L’allucinazione è profezia. Fallimentare ed euforica, nella tragedia di un avvenire che, per un tratto, ha agitato il presente degli uomini con lo scoppio di mille incandescenti illusioni.