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Buona bella brava - Vera D'Atri - copertina
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Descrizione


Da Palermo a Roma, dagli anni Cinquanta agli anni Novanta. Marida ha nove anni quanto sente che d'un tratto la sua vita sta per cambiare. Ambiguità, finzioni e dissidi sembrano inspiegabilmente fuoriuscire da un'esibita tranquillità familiare, vissuta nello sfarzo di un antico palazzo nobiliare. La bambina fiduciosa si fa così attenta, curiosa, critica, fino a precipitare verso un'adolescenza concitata, che si immerge nella ribellione del Sessantotto romano. Un forte bisogno di credere, di dimostrare di avere coraggio, di essere totalmente fuori dai condizionamenti di quel nucleo atono e paralizzante che è la sua famiglia. Una vita che non si aspettava e che invece ha aspettato lei, una vita accettata e spesa nel tentativo di compiacere gli altri, un'amara presa di coscienza di come sia difficile essere se stessi.
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Dettagli

2010
1 luglio 2010
375 p., Brossura
9788873715863

Voce della critica

L'autrice ci immerge nella storia di una donna, scandita nelle tre fasi fondamentali del ciclo di vita, per ciascuna delle quali a Marida, la protagonista, si chiede ossessivamente di essere qualcosa, un qualcosa a cui costantemente lei si sente (vuole sentirsi) inadeguata: bambina buona; ragazza bella, e moglie e madre brava in una propria famiglia, perché questo è anche il romanzo della famiglia, di una famiglia che sta stretta prima alla bambina e poi alla ragazza, di una famiglia che si chiude in se stessa, claustrofobicamente: "Io conosco poco Palermo. A parte la nostra strada e quella in cui vi è la scuola delle Reverendissime, presso le quali ho appena terminato la quarta elementare, e alcune zone di negozi che riforniscono mamma di tessuti e ninnoli per la casa, conosco solo poche persone e alcuni vicoli affollati di pescherie, banchetti di frutta, macellerie e venditori di panini alla milza presso i quali accompagno Neni nel suo giro di spesa". Romanzo anche di due città: Palermo nell'infanzia e Roma nella giovinezza e maturità, Roma che fa da sfondo a un Sessantotto ricostruito con sapienza nei suoi slanci e nelle sue contraddizioni e nel cui clima Marida tenta ulteriormente la propria emancipazione dalla famiglia, in sintonia con la generazionale aspirazione alla liberazione. Nello stesso tempo, l'autrice sa lavorare sulla scrittura (la composizione), con capacità mimetica del linguaggio dell'infanzia prima e poi d'un'età più adulta (con tono quotidiano e insieme raffinato), e sa lavorare sulla struttura (la costruzione) con la divisione in tre blocchi temporali a ciascuno dei quali corrisponde una sorta di ricominciamento nello scorrere del tempo. Al quale fa da contrappunto la presenza di una tartaruga, che fa capolino fin dalle prime parole del libro e che, nella sua consistenza quasi atemporale, ricompare nel finale, nel quale, circolarmente, ritorna la Palermo dell'origine. Si disegna così la parabola sempre aperta di un'inquieta autocoscienza femminile. Enzo Rega

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