Breve ma veridica storia della canapa indiana

Scritto da uno scienziato che per molti anni ha lavorato e ancora lavora proprio sui principi attivi (gli oggetti chimici) di queste sostanze psicoattive e' un libro imperdibile per imparare a capire che cosa sia la canapa indiana. Corredato da una vasta conoscenza storica (riferimenti fino a migliaia di anni fa), il libro ci racconta non solo le pratiche di uso nei vari tempi storici che ci hanno preceduto, ma ci fa entrare concretamente nella dimensione chimica di queste sostanze e nella loro relazione con il nostro corpo in particolari con i recettori che sono le "toppe-antenne attraverso" le quali il cannabinolo e i suoi derivati (le chiavi) entrano in contatto con il nostro corpo e ne attivano dei meccanismi che come primo obbiettivo e risultato hanno la riduzione del dolore. Lettura che consiglio a tutti per non continuare da ignoranti a dare la caccia alle streghe

L’autore, nella breve – incisiva – premessa di questo volume già edito nel 1995 nella mitica collana MILLELIRE di Stampa Alternativa precisa che, nonostante il titolo, il saggio non si può considerare una "storia" in senso stretto della Cannabis, bensì come una rassegna delle idee che, su di essa, il mondo occidentale è andato man mano “costruendo” negli ultimi 2400 anni. In funzione di questo taglio, l’autore non parla – se non in maniera incidentale della storia naturale e della farmacologia della Cannabis – dichiarando piuttosto di volersi concentrare prevalentemente sulla storia “culturale” del suo consumo e delle credenze/convinzioni su di essa. Una questione che egli ritiene d’interesse e alla quale cerca di dare risposte è questa: come spiegare che la Cannabis, pur distribuita spontaneamente nell’areale geografico dell’Europa, non ha goduto nella cultura occidentale – almeno sino al XX° secolo – della popolarità e della considerazione di cui ha goduto, invece, in culture geograficamente limitrofe (come nel Medio Oriente) o presso popolazioni di origine indoeuropea (come in India)? Solo di recente la situazione ha subito un capovolgimento radicale ad opera delle più giovani generazioni: ma tuttora la cannabis mantiene, malgrado l’estensione del suo utilizzo – un’aura di trasgressione che osta ad una sua ampia – ed esplicita – accettazione culturale. Al persistere inerziale di questa formulazione “ufficiale” concorrono indubbiamente il mantenimento d'un’aura di proibito e un forte atteggiamento moralistico (a volte ipocritamente sostenuto da forme di “doppia” morale: una riservata alla verità pubblica e l’altra a quella privata, in base alla quale molti fanno uso della cannabis, pur esecrandola pubblicamente, oppure non osando andare contro corrente). I pregiudizi sono talmente duri da morire da impedire persino che s'abbiano aperture verso l’utilizzo terapeutico della cannabis e dei suoi derivati. Il volume di Piomelli, neurofarmacologo, pur breve, è pregevole poichè fornisce il parere d'uno scienzato.