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Brecht e il Piccolo teatro. Una questione di diritti - Alberto Benedetto - copertina
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Brecht e il Piccolo teatro. Una questione di diritti - Alberto Benedetto - copertina

Descrizione


Se il rapporto privilegiato fra Bertolt Brecht e il Piccolo Teatro di Milano può dirsi un dato storicamente acquisito, non è altrettanto chiara la dinamica che portò ben presto il teatro diretto da Paolo Grassi e Giorgio Strehler a farsi mediatore (e assai più spesso barriera) fra gli aventi-diritto dei capolavori brechtiani e tutti gli altri teatri italiani. L'argomento è rimasto per anni nella nebbia, nonostante il ruolo cruciale esercitato da Brecht nello sviluppo del teatro italiano nel dopoguerra. Il saggio di Alberto Benedetto si occupa di far luce sulla complessa questione, incrociando un filologico lavoro di ricerca con un accurato inquadramento storico. Ed è l'occasione non solo per indagare su una delicata e al contempo tumultuosa battaglia di permessi attraverso la quale si riuscirà a ricostruire la politica di diffusione dell'opera brechtiana in Italia, ma è anche l'occasione per ripercorrere un mosaico di tattiche, veti incrociati, equivoci, rotture, alleanze e polemiche, di un sistema teatrale ancora allineato ai nastri di partenza. Introduzione di Sergio Escobar. Postfazione di Stefano Massini.
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Dettagli

2016
25 febbraio 2016
Libro universitario
192 p., Brossura
9788857532318

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luigi lunari
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Il libro parla essenzialmente della "Questione diritti". Ma con alcune stranezze. Per esempio, nell'indice sono elencati capitoli su "La resistibile ascesa di Arturo Ui" e su "Puntila e il suo servo Matti" (mai rappresentati dal Piccolo, e dunque marginali sotto il profilo della lotta per i diritti) e mancano invece capitoli dedicati a due testi che il Piccolo ha rappresentato: "Schweyck nella seconda guerra mondiale" e "L'anima buona di Sezuan", per i quali i diritti sono stati un tema ricorrente e onnipresente. Come mai rimangono escluse dalla ricerca di AB proprio i due testi/spettacoli in cui è implicato il sottoscritto Luigi Lunari? Da un lato mi sembrerebbe troppo onore l'essere oggetto di una "ignorazione" così drastica e rigorosa: d'altra parte - fatte le debite "tabulae presentiae" e "tabulae absentiae" - non so trovare altra spiegazione. A titolo di curiosità, narro un dettaglio: che prova quanto poco esauriente sia stato AB (e quanto sarebbe stato più serio chiamarmi ad informarlo). L'episodio riguarda l'autorizzazione data "via Grassi" al teatro di Trieste per un allestimento di "Un uomo è un uomo", con la regia di Fulvio Tolusso e la mia traduzione. L'autorizzazione era in ottima parte dovuta alla personale amicizia tra il sottoscritto e Tolusso, che aveva allestito una mia riduzione degli "Ingannati" degli Accademici Intronati di Siena, e che aveva avuto un clamoroso successo di pubblico, Grassi si trovava però nell'imbarazzo di giustificare l'autorizzazione a Tolusso quando l'aveva negata ad altri più illustri registi. Pertanto, preferì non lasciare nulla - per così dire - nero su bianco, e inviò me a Francoforte, a parlare con Unseld per dirgli - "a voce" - il nihil obstat del Piccolo e suo acciocchè il teatro di Trieste allestisse "Un uomo è un uomo". Credo che su molti particolari del libro di AB si potrebbero sollevare sbuffi di polvere di questo tipo. Ma tanto mi basta, e tanto dovrebbe bastare a chi legge.

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