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Il biologo furioso. Provocazioni d'autore tra scienza e politica - C. Alberto Redi - copertina
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Descrizione


Metti un Paese dove la classe dirigente non sembra capire bene né che cosa siano le scienze della vita né l'urgenza di investimenti sensati in questo settore; e tuttavia, senza chiedere alcuna consulenza ai ricercatori, legifera in materia in modo parziale e lascia che le migliori menti italiane vadano a produrre cultura e ricchezza altrove. Metti dei cittadini confusi persino rispetto a ciò che è lecito fare del loro stesso corpo, vittime di ripetuti episodi di cattiva informazione e ormai assuefatti a un dibattito pubblico povero di contenuti, troppo spesso viziato dall'ideologia e dalla maleducazione. Metti uno scienziato appassionato e brillante, con una carriera costellata di successi di livello internazionale e un'instancabile voglia di condividere i metodi e i risultati del proprio lavoro. È Carlo Alberto Redi, ed è un fiume in piena. In questo libro sono raccolti i suoi pensieri su temi caldi come politica della ricerca, cellule staminali, OGM e clonazione, ma anche divagazioni più leggere, capaci di far sorridere: spera siano utili a tutti gli italiani che hanno ancora la forza di indignarsi.
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Dettagli

2011
24 marzo 2011
203 p., Brossura
9788851801588

Voce della critica

Questo agile libretto, scritto da un ricercatore italiano che ha dato importantissimi contributi nel campo della clonazione e delle cellule staminali, raccoglie brevi e stimolanti interventi sui temi di frontiera della ricerca biologica e biotecnologica, con continui e proficui riferimenti alle ricadute sociali di queste nuove tecnologie e alle risposte, positive o più sovente negative, che la società dà alle sfide che esse pongono. L'autore si arrabbia davvero, e a ragione, di fronte alla constatazione che chi parla di vita, natura, ecc. non sia in grado di fornire uno straccio di curriculum che documenti le sue competenze in materia, come si è obbligati a fare quando ci si confronta su un terreno scientifico serio; e il confronto con quanto avviene in altri paesi fornisce più di un motivo di riflessione. Un tema centrale, che ricorre in molti capitoli, è quello dell'atteggiamento delle istituzioni italiane riguardo alla procreazione assistita, alla ricerca sulle cellule staminali, alla clonazione, su cui la politica, con i condizionamenti che passivamente subisce da parte del potente establishment cattolico, esercita pesanti interferenze, rifiutando un serio e meditato confronto sul piano tecnico e scientifico. L'ignoranza propria e della pubblica opinione viene utilizzata per agitare spauracchi di presunti attentati alla vita e imporre divieti oscurantisti. In realtà, l'arco dei temi trattati è più vasto. Dal confronto fra legislazione italiana e internazionale, affrontato con grande equilibrio e competenza nel capitolo Scienza e diritto, al ruolo biologico del maschio, al tentativo, simpatico e arguto, di dare una qualche base biologica al rapporto fra comportamento umano e segni zodiacali (un vero virtuosismo). Ma su un capitolo vorrei soffermarmi, segnalando qualche perplessità: quello che si intitola Un po' di chiarezza sugli ogm, perché, a parer mio, tanta chiarezza non fa. Il tema degli organismi geneticamente modificati è terreno spinoso e controverso, perché tocca il complesso intreccio di dati scientifici, interessi economici e ricadute sociali che ha segnato e segna profondamente, da decenni, il rapporto fra scienza e società. Errori drammatici hanno contraddistinto entrambi i campi, non solo quello degli oppositori, ma anche quello dei fautori delle nuove tecnologie, che, dalla posizione di forza che occupano, avrebbero dovuto evitare di presentare i nuovi strumenti e i nuovi oggetti come assolutamente positivi se non salvifici. Se atteggiamenti di critica o prudenza sono pure stati presenti nella comunità scientifica, non c'è stata la capacità (forse neanche la sensibilità) di coinvolgere l'opinione pubblica in una discussione che mettesse sul piatto, basandosi su fatti e non su slogan, gli aspetti positivi e quelli negativi dei cambiamenti che il nuovo comportava. Gli appiattimenti rischiano di essere antiscientifici; così come non si possono appendere in giro manifesti con su scritto ogm uguale morte (visti nelle nostre città qualche anno fa), non si può mettere sullo stesso piano lo sviluppo e l'impiego di organismi geneticamente modificati per utilizzi nella ricerca di base, in capo medico o nella produzione di alimenti. La posta in gioco è enormemente diversa, e non confrontabile. L'autore, che in varie occasioni giustamente critica i condizionamenti delle multinazionali, non può non tener conto del fatto che il confine fra sviluppo di una tecnologia (con gli investimenti di risorse necessari, e le priorità nelle scelte che li determinano) e il suo utilizzo non sia facilmente delineabile e neutro. Giustamente ci ricorda che la modificazione dei viventi è un'attività umana antichissima, e che nessuno si scandalizza per incroci, selezioni e produzione di ibridi sterili. Il problema che non viene toccato, e che riguarda tutta l'attività della nostra specie in questa fase storica, è se la velocità del cambiamento sia un fatto puramente quantitativo o anche qualitativo: il mutamento razionale comporta anche la padronanza di meccanismi di controllo e di feedback, che consentano di verificare le conseguenze di quanto stiamo facendo e di orientare le scelte su una scala temporale che non può essere di secoli (verrebbe da citare il solito Keynes), ma deve almeno tenere conto della responsabilità che abbiamo per le generazioni che ci seguono. Sembra un po' che il nostro autore, che in generale adotta un approccio sanamente materialista, scivoli qui in un atteggiamento tipico dell'idealismo, che tanti guai ha creato, in particolare nel secolo scorso, alla scienza e alla cultura occidentali (oltre che alla politica e alle masse che l'hanno sovente subita). Mi riferisco in particolare all'idea dello sviluppo lineare della scienza e della tecnologia, che ha accomunato tutte le ideologie figlie dell'Ottocento, e che qualche guaio grosso lo ha creato… Personalmente, credo che dovremmo avere più fiducia nelle pratiche che la comunità scientifica è in grado di mettere in atto. L'esempio delle nanotecnologie, con l'introduzione anche nella produzione e nel consumo di massa di oggetti di dimensioni di milionesimi di millimetro (nanometri), è utile e illuminante: forse anche sulla base di una riflessione sull'esperienza delle biotecnologie e degli errori connessi, fin dalla comparsa dei nuovi oggetti su scala nano si è aperto un vivace dibattito sulla necessità di monitorare e indagare in profondità il loro potenziale impatto sull'essere umano e sull'ambiente nelle fasi iniziali del loro utilizzo su vasta scala e addirittura prima che ciò avvenisse. Atteggiamento che ha prodotto una crescita, positivamente esponenziale, di studi e ricerche in questo settore, che si caratterizza oggi come uno dei più vivaci e dinamici, e che sta dando un eccezionale contributo alla nostra conoscenza del comportamento della materia organica e di quella inorganica quando gli oggetti artificiali creati da umani sono delle stesse dimensioni delle molecole biologiche. Se posso aggiungere un commento alla mia stessa recensione, potrebbe sembrare che il recensore liquidi le lodi al 90 per cento del libro in poche righe, e poi dedichi buona parte dello spazio a criticare un singolo e breve capitoletto. Per fugare il dubbio, voglio dire che il libro, tutto, è peculiare per un aspetto molto positivo e altrettanto raro: la capacità dell'autore di esporre molti concetti complessi della biologia classica e di quella più avanzata in maniera insieme corretta e comprensibile a un vasto pubblico, facendo così opera di alta e buona divulgazione e dando un contributo positivo a quella battaglia per la disseminazione delle informazioni relative alla scienza e alle sue applicazioni che è prima di tutto una battaglia di democrazia (come giustamente ribadisce Redi stesso a più riprese). Le opzioni e le scelte sono sempre esplicite, e la scelta di parte è argomentata in maniera chiara e piana, fornendo al lettore, anche non specialista, gli strumenti per potersi formare un'opinione documentata. Qualità che non si incontra tanto spesso. Davide Lovisolo

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