Biblioteche in fiamme

Scempi estivi, calura divorante, un inutile eccesso di luce a rosolare la pelle, a lasciare aperti i cancelli dell'insonnia, a lavarsi sei volte al giorno per risentirsi ancora imbrattati del sale più sgradevole. E intanto l'imbuto posato su fronti e schiene della goduriosa fauna in vacanza filtra ettolitri di sudore nei bottiglioni del nonsenso, e poi creme e creme a sfidare l'ustionante frusta solare, nel gioco in cui anche una zolla d'ombra è presa in giro da un clima che gli uomini hanno decapitato. Ma a pensarci bene, il fiammifero doloso che gode a incendiare una foresta non fa che abortire nella sua azione un feto di biblioteca, il fresco di pagine desiderate dove adagiare con calma il senno più curioso, le ore in penombra dove i gradi più fitti possono solo chinare il capo lasciandosi inondare dai lunghi getti della bellezza. E' quanto accade leggendo questo libro, autentica summa di tragedie, resoconto triste, difficile, e tuttavia raccontato come con destrezza amorevole, con vero intelletto di cuore. Una scansione di esempi dove il libro geme e annaspa fra lingue di insensatezza, brutalità e orrore, e sotto ogni latitudine possibile; Oriente e Occidente alla pari attraversati nelle loro viscere religiose, nel ventre di precetti durissimi, e soprattutto nella malinconia di un sapere che nessuna bontà o salvaguardia o educazione possono vincere di fronte al genio della cattiveria deliberata, peste interiore senza cura, morte dell'anima, barbarie gratuita, lazzaretto del pudore. Ma tutto questo svela per contrasto la potenza di cui è capace un libro, la sua detonante persuasione, l'infinito abbraccio che nelle pagine può spalancare un avvento, l'ascesa dell'uomo verso la domanda, la sua fatica, la sua nuda impotenza a comprendere, rogo ben più ampio e raffinato della degenere abiezione a fare il male. Quella è la sfida, resistere contro il crimine di meravigliosi papiri, l'assassinio di codici e messali, la trafittura di opere di genio. Bellissimo.