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Un libro della memoria, quasi una trasmissione dei ricordi di un'epoca a chi è arrivato dopo. Non un racconto in ordine temporale, ma al di là della trovata narrativa delle lettere alla figlia, un insieme di pennellate, che partono da un argomento e lo affrontano e lo delineano passeggiando di qua e di la nel tempo, senza condizionamenti cronologici. Un racconto delicato in cui si intrecciano ricordi di una vita, soprattutto scoperte e piccoli e grandi dolori dell'autrice bambina, tratteggiati con un piacevolissimo mix di sognante nostalgia e velata ironia. Difficile non ritrovarcisi, non riconoscere quasi per magia quegli stessi pensieri, per chi è stato bambino negli anni '60 e '70. Ed un modo per riscoprire e capire tante cose di un'epoca, e forse dei propri genitori, per chi non era ancora nato. La descrizione molto dettagliata di ambienti e sensazioni non è casuale, ma permette di vivere come essendo presenti allora quelle scene d'infanzia. "Soste del tempo" dal nome di un capitolo, rende l'idea di quello che è un libro da non perdere.
La casa sul confine dei ricordi la stessa sempre, come tu la sai e tu ricerchi là le tue radici se vuoi capire l'anima che hai! (da Radici - Francesco Guccini) Non c’è secondo me strofa più azzeccata per descrivere in due parole l’impatto che questo libro straordinario di Lucia Vaccarella ha avuto dentro di me, settimana dopo settimana, durante i momenti tutti miei , lontano dagli impegni lavorativi, che mi sono concesso per gustarlo, matematicamente. E come Guccini mostra attaccamento alle sue origini e alla sua terra dell’Appennino tosco-emiliano, così Lucia con una scrittura semplice e nello stesso tempo ricca di dettagli ci trasporta attraverso il suo Abruzzo e la sua Chieti, condividendo le vicissitudini della sua famiglia, del loro vivere i propri sentimenti, i propri dolori, la propria terra, la propria identità. Io ho una lettura matematica, che dedica più riflessione a ogni periodo che viene letto, e proprio da matematico mi va di paragonare questo libro a un reticolo, in cui storie, personaggi e sentimenti si intrecciano in continuazione più volte per poi riallacciarsi sempre, in cui pensieri che sembravano dimenticati una volta letti riaffiorano sempre in maniera dirompente facendoti venire subito voglia di cercare e andare a rileggere. Lettura matematica, appunto! Bello l’approccio usato da Lucia per raccontare, per raccontarsi, parlando alla propria figlia, bello e commovente il modo in cui passa con naturalezza dalla vita alla morte e viceversa, senza dimenticare le radici carsiche di sua figlia, diventate sue in maniera spontanea, come la proprietà transitiva, secondo la quale se A appartiene a B e B appartiene a C, allora A appartiene a C. L’idea che mi sono fatto è che “La besa” sia proprio questo, il fatto che ci siano valori talmente radicati nella nostra anima e nel nostro cuore, talmente nostri, che diventa assolutamente impensabile scacciarli via, sono parte di noi, e proprio per questo sono qualcosa che non potremmo mai tradire.
Lucia Vaccarella, nel suo romanzo “La besa”, racconta con delicatezza la storia di una famiglia in tutte le sue ramificazioni. Attraverso i luoghi dell’infanzia e delle età via via più mature l’autrice narra le vicende di molti personaggi, descritti in tutta la loro umanità, con gli amori, le incomprensioni, i legami forti e indistruttibili e quelli che si usurano. I temi centrali sono la memoria, coltivata come una pianta buona, l’attaccamento alle radici, la trasmissione alla figlia, cui la voce narrante si rivolge, del passato come dono. Un libro ben scritto, che a tratti commuove e a tratti diverte e in cui tutti noi che siamo nati nello stesso torno di anni di Lucia possiamo ritrovare un pezzetto della nostra storia.
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