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Le belle cece - Andrea Vitali - ebook
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Descrizione


«Secondo me, Vitali sorpassa con la sua levità Guareschi.» «Il suo è puro gioco narrativo con momenti di alto virtuosismo.» Antonio D'Orrico, «La lettura – Corriere della Sera» «Un grande narratore che, come Piero Chiara e Mario Soldati, sa raccontare la profondità della superficie.» Bruno Quaranta, «Tuttolibri» «La forza delle storie di Andrea Vitali nasce da una innata capacità di ascolto delle vicende della gente comune che egli trasforma in prodigiosa azione romanzesca.» Fulvio Panzeri, «Avvenire» Con Le belle Cece Andrea Vitali ci riporta nella Bellano degli anni Trenta, dove non succede mai niente e gli iperbolici ideali del regime non riescono a vincere gli intrighi e le scaramucce di paese. Gli esilaranti e improbabili personaggi di Vitali mettono in scena una giostra di comicità che, come sempre, rende la lettura dei suoi romanzi una piacevole compagnia. Maggio 1936. Con la fine della guerra d’Etiopia nasce l’impero fascista. E Fulvio Semola, segretario bellanese del Partito, non ha intenzione di lasciarsi scappare l’occasione per celebrare degnamente l’evento. Astuto come una faina, ha avuto un’idea da fare invidia alle sezioni del lago intero, riva di qui e riva di là, e anche oltre: un concerto di campane che coinvolge tutti i campanili di chiese e chiesette del comune, dalla prepositurale alla cappelletta del cimitero fino all’ultima frazione su per la montagna. Un colpo da maestro per rendere sacra la vittoria militare. Ma l’euforia bellica e l’orgoglio imperiale si stemperano presto in questioni ben più urgenti per le sorti del suo mandato politico. In casa del potente e temutissimo ispettore di produzione del cotonificio locale, Eudilio Malversati, si sta consumando una tragedia. Dopo un’aggressione notturna ai danni dell’ispettore medesimo, spariscono in modo del tutto incomprensibile alcune paia di mutande della signora. Uno è già stato rinvenuto nella tasca della giacca del Malversati. Domanda: chi ce l’ha messo? E perché? Il problema vero, però, non è questo, bensì che fine abbiano fatto le altre. Dove potrebbero saltar fuori mettendo in ridicolo i Malversati, marito e moglie? Non essendo il caso di coinvolgere i carabinieri, per non mettere in giro voci incontrollabili, il Semola viene incaricato di risolvere l’enigma. Ma alla svelta e senza lasciare tracce, o le campane, questa volta, le suonerà il Malversati, con le sue mani, e saranno rintocchi poco allegri per la carriera del Semola.
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Dettagli

Testo in italiano
Tutti i dispositivi (eccetto Kindle) Scopri di più
240 p.
Reflowable
9788811143314

Valutazioni e recensioni

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Giulietta
Recensioni: 5/5

A me di Vitali piace lo stile. Trama spassosa anche se non elaborata. Si tratta di una lettura breve (200 pagine), di intrattenimento, ottima per distrarsi e ridere un po’.

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ELENA
Recensioni: 1/5

Decisamente Vitali ha scritto di meglio. Mi sono piaciuti molto i i dialoghi veloci, ma se alla base non c'è una trama... Peccato.

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Renzo Montagnoli
Recensioni: 4/5

Nella storia di Le belle Cece non ci sono morti ammazzati, ma il furto di mutandine da donna. Già l’indumento può lasciar presagire uno sviluppo erotico, una vicenda di amorazzi carnali che non era rara in Piero Chiara, ma che invece latita nel quasi pudico Andrea Vitali, e se poi si inventa un personaggio come il sottocapo di manipolo Stelio Cerevelli, detto Dolcineo, un po’ effeminato e probabilmente omosessuale, e per non sbagliare gli si affianca un nero africano tale Buluc, tuttofare (forse anche quello...) del predetto Dolcineo, va da sé che quella sfumatura di giallo iniziale per la presenza del maresciallo Maccadò si colora di rosa. Gli ingredienti del pastone non sono finiti, perché ci sono anche le belle Cece, quelle del titolo, madre e figlia, due belle donne piuttosto vogliose, e se non bastasse c’è il marito della seconda, un ispettore di produzione del cotonificio, che è l’emblema della classica carogna, altezzoso, cattivo, e perfettamente cornuto, nonché il locale segretario del fascio, uomo che si crede d’azione e invece è un minchione. Vitali si impegna con encomiabile dedizione, non riuscendo tuttavia a evitare che qualcosa cuocia troppo e rischi di bruciare, nel senso che fino quasi al termine fila tutto liscio, ma poi si verifica l’intoppo, proprio quando Maccadò convoca in caserma tutti i protagonisti, un po’ come è abituato a fare Poirot. Quello è il momento della verità, è l’ora in cui deve essere fatta chiarezza, ma a dispetto dello scopo il Maresciallo s’improvvisa prestigiatore ed estrae dal cilindro la soluzione, non senza aver fatto un po’ di confusione. Posso dire che forse l’autore si è lasciato prendere la mano e si è dovuto inventare una soluzione che, guarda caso, ha risvolti boccaceschi, un menage a trois, mamma, figlia e Buluc, ancor più tuttofare del solito. Comunque è il Vitali che ben conosciamo e quell’innesto rosa, con tanto di allusioni, è riuscito bene, ha dato tono a un romanzo che si legge con piacere.

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La recensione di IBS


Una commedia spassosa, una realtà di paese annoiata dalle conquiste coloniali fasciste, ma messa in subbuglio da un furto di mutande. Un romanzo comico e di piacevole compagnia.


Aveva pensato pure al signor prevosto il Semola alla ricerca disperata di alleati.
Ma poteva confidare a un sacerdote una storia di mutande femminili?
L’alternativa, laica e ideale, gli era sembrata il maresciallo Maccadò, che pure lui aveva servitù di segretezza nelle questioni di lavoro.
Entrò nel suo ufficio, la mano al collo a simulare il cappio, e su invito si sedette.
«Che c’è?» chiese il Maccadò.
«È cosa delicata», rispose il Semola.
C’erano di mezzo onore, rispettabilità…
Ci siamo, pensò il Maccadò speranzoso.
…e anche, insomma, in un certo senso, intimità.

Le campane di Bellano, piccolo comune sulla sponda orientale del lago di Como, sono in festa. Si celebra la conquista dell’Etiopia da parte dell’Italia fascista. L’intero paese è sceso in piazza, ma forse manca qualcuno ad acclamare il discorso del Duce. Di lì a poco il racconto, iniziato nel solenne orgoglio patriottico popolare, andrà a sovrapporsi a un’altra storia che coinvolgerà, anche se in modo diverso, l’intero paese: una storia di mutande. Da signora. Rubate.
Comincia in questo modo Le belle Cece di Andrea Vitali, romanzo storico e picaresco, condito con colori sbiaditi e equivoci spassosi.
La sera dei festeggiamenti avviene qualcosa di anomalo lontano dagli occhi dei paesani: Eudilio Malversati, temuto e burbero ispettore del cotonificio di Bellano, viene aggredito da alcuni sconosciuti che, dopo averlo legato a un albero, gli lasciano un ricordo nelle tasche dei pantaloni: un paio di mutande appartenenti alla moglie, la bella Verzetta Cece. Da questo momento inizia un incalzante gioco di equivoci che rimbalza dal Malversati al Semola, impacciato segretario del partito fascista, incaricato di risolvere il mistero, sotto velate minacce da parte del Malversati. Ma non è finita qui: un altro paio di mutande della Verzetta vengono consegnate anche al domicilio del Semola. Il mistero s’infittisce: quanti sono i protagonisti di questo misfatto indecoroso? Perché le mutande di una rispettabile donna sposata stanno facendo il giro del paese? Sarà il commissario Maccadò, forse l’unico protagonista con un po’ di giudizio, a risolvere il caso, ritrovandosi nel bel mezzo di situazioni imbarazzanti, dinamiche di paese comiche, arguti spionaggi fatti dalle persiane e acrobatici tradimenti.
Una lettura vivace e piacevole, colorita da regionalismi lombardi, una storia divertente e ironica che pone in ridicolo l’affettazione del regime rispetto alle zuffe e ai diverbi coniugali di un paese italiano degli anni Trenta.

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Conosci l'autore

Andrea Vitali

1956, Bellano (Lecco)

Dopo aver frequentato «il severissimo liceo Manzoni» di Lecco, Andrea Vitali si laurea in medicina all'Università Statale di Milano ed esercita la professione di medico di base nel suo paese natale. Scrittore molto prolifico, ha esordito nel 1990 con il romanzo breve Il procuratore, ispiratogli dai racconti di suo padre; nel 1996 ha vinto il Premio letterario Piero Chiara con L'ombra di Marinetti, ma il grande successo lo ha ottenuto nel 2003 con Una finestra vistalago (Premio Grinzane 2004). Nel 2006 ha vinto il Premio Bancarella con il romanzo La figlia del Podestà; nel 2009 il Premio Boccaccio e il Premio Hemingway. Tra i numerosi romanzi, ricordiamo: nel 2011 La leggenda del morto contento e Zia Antonia sapeva di menta. Nel 2012 Galeotto fu il collier e Regalo...

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